Morire non è uno scherzo, ma tu stasera non piangere!

Morire non è uno scherzo, ma tu stasera non piangere!

Wilhelmine Schett (chiamata Mina Welby) è nata a San Candido (Bz) il 31 maggio 1937. Diplomata al liceo classico e abilitata all’insegnamento, ha insegnato per qualche anno a Merano nelle scuole medie come supplente. Trasferitasi a Roma, coniugata con Piergiorgio Welby, affetto da distrofia muscolare, ha insegnato in scuole private la lingua tedesca. Dal 2003 è iscritta a Radicali Italiani e all’Associazione Luca Coscioni, di cui è Co-Presidente dal 2011. Dal 2006, dopo la morte del marito Piergiorgio si iscrive al Partito Radicale Nonviolento Transnazionale Transpartito e prosegue nel loro comune impegno per il pieno riconoscimento e l’attuazione dei diritti umani e civili e della libertà di decisione nelle scelte di vita e fine vita dei cittadini tutti. E’ prima firmataria della proposta di legge RIFIUTO DI TRATTAMENTI SANITARI E LICEITA’ DELL’EUTANASIA. In dibattiti pubblici continua a testimoniare l’importanza dei temi che rientrano nell’autodeterminazione della persona. Il suo libro, “L’ultimo gesto d’amore” è in riedizione per Marotta&Cafiero.

Signora Welby Lei è componente del Comitato di Presidenza dell’Associazione Luca Coscioni. Chi era Luca e di cosa si occupa questa Associazione?

L’Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica è un’associazione no profit di promozione sociale e soggetto costituente il Partito Radicale. Luca Coscioni, leader Radicale e docente universitario,malato di sclerosi laterale amiotrofica, nel 2002 ne è il fondatore; lo scopo dell’associazione è promuovere la libertà di cura e di ricerca scientifica, l’assistenza personale autogestita e affermare i diritti umani, civili e politici delle persone malate e disabili anche nelle scelte di fine vita. Come Superman Christopher Reeve, come Nancy Reagan e Michael J. Fox negli Stati Uniti, il volto di Luca e la voce del suo computer hanno incarnato in Italia la lotta per la libertà di cura e di ricerca scientifica, per uno Stato laico capace di non soccombere alle etiche religiose. Dopo la scomparsa di Luca Coscioni nel 2006, l’associazione ha continuato la sua lotta; con l’obiettivo di trasformare in battaglia organizzata le speranze di tutti i gruppi di malati, medici, ricercatori e cittadini che si oppongono alle leggi proibizioniste sulla scienza. Queste leggi, in Italia e in altri stati europei, vietano la ricerca sulle cellule staminali embrionali, che potrebbero curare in futuro malattie come la sclerosi, il Parkinson, l’Alzheimer, il diabete, le lesioni del midollo osseo, il cancro, le patologie cardiovascolari: salvando 10 milioni di vite nel nostro paese, e centinaia di milioni nel mondo, oggi sacrificate in nome di un’astratta idea vaticana della Vita. L’Associazione Luca Coscioni non è una associazione che si occupa di assistenza, ma – attraverso il suo manifesto “dal corpo dei malati al cuore della politica” – promuove l’iniziativa dei disabili e malati, rendendoli protagonisti della vita politica.

Suo marito Piergiorgio ha combattuto una grande battaglia di civiltà negli ultimi momenti della sua vita. Cosa ricorda di quei momenti?

L’ultimo pomeriggio di quel 20 dicembre 2006 abbiamo parlato poco. Sentivo profonda tristezza, ma cercai di mascherarla per non rendere a Piero più difficile l’addio.

“Morire non è uno scherzo, ma tu stasera non piangere!” “Non so come riuscirci.”
“Sei un soldatino.”
“Il Calibano deve andare avanti. Poi capirai.”

Non potevo capire quel pomeriggio, ma le poche parole le ricordo tutte e con il passar del tempo ho capito: quando mi vennero le prime richieste di parlare sulla fine della vita, sull’ evoluzione giudiziaria del medico dott. Mario Riccio. Ripresi gli scritti di Piero e li studiai. Li confrontai con i documenti che aveva raccolto su internet e salvati sul suo pc. Dal 2002 aveva iniziato sul suo forum “eutanasia”, sul sito di Radicali Italiani, una discussione sulla morte opportuna, l’eutanasia e tutto ciò che contorna la fine della vita. Si era messo in contatto con il presidente del Comitato Nazionale di Bioetica(CNB), chiedendo di far sì che in Parlamento si discuta a favore di una legge che legalizzi le disposizioni anticipate sui trattamenti sanitari, rilasciate da una persona per iscritto prima di essere diventata incapace al consenso informato. Il CNB fece un documento, dove nutrizione e idratazione non erano rifiutabili dai malati e il medico curante non era obbligato a tener conto della volontà espressa della persona non capace. Piero Welby rimase profondamente deluso. Seguimmo i tentativi del parlamento di fare una legge negli anni 2005/06.

Muore Luca Coscioni, cade il governo. La distrofia avanza inesorabilmente. La stanchezza aumenta e la respirazione diventa un tormento continuo. Piero, fatto co- presidente dell’Associazione Luca Coscioni, chiede ai dirigenti dell’Associazione Luca Coscioni di aiutarlo a terminare la sua sofferenza. Scrive una lettera al Presidente della Repubblica, iniziando così insieme a Marco Pannella e a tutti i compagni Radicali una battaglia per ottenere al più presto una legge per l’eutanasia. Alla fine di ottobre come primo firmatario lancia una sottoscrizione dei cittadini per l’indagine conoscitiva sull’eutanasia clandestina. Si raccolgono 20.000 firme in poche settimane.

Che definizione darebbe di eutanasia?

La definizione per eutanasia è: morte causata con la somministrazione di un farmaco letale da parte del medico, su richiesta libera, consapevole, di persona gravemente sofferente, informata sulle alternative di cure esistenti. Nel suicidio assistito il medico procura il farmaco letale al richiedente che se lo autosomministra. (Svizzera)

Cosa consente e cosa proibisce la legislazione italiana attuale in tema di fine vita?

Secondo la legislazione italiana l’eutanasia è omicidio volontario. c.p. 575 575, 579, 580 e 593. Un paziente cosciente ha diritto di rifiutare dei trattamenti sanitari anche vitali. Anche le disposizioni scritte in capacità e consapevolezza da un paziente non più capace sono vincolanti. (Secondo l’art. 32 comma 2 della Costituzione)

Il silenzio assordante di Luca Coscioni ha dato voce ai malati di SLA e Welby ha buttato alle ortiche la sottomissione a chi nega il diritto alla dignità umana.

Al di là delle norme, crede che la coscienza collettiva, l’etica e la morale degli italiani siano cambiate rispetto agli anni passati, gli anni in cui Luca e Piergiorgio si battevano in prima persona?

Da sempre avvertivo che su certe tematiche le persone sono reticenti a parlarne e discuterne. Sembra come se avessero delle etichette da conservare e proteggere. Non è l’etica né la morale che incentivano o impediscono a parlare di tematiche come aborto, contraccezione, suicidio assistito, eutanasia. Oggi queste tematiche sono meno tabù. Le persone vogliono parlare con chi sa dare risposte, sa orientare, non si erge da saccente. Mi accorgo che per le persone questi argomenti sono legati a concetti profondi dell’anima, del loro vissuto, causa di ferite proprie o di persone amate, ferite inferte dalla vita. Oggi trovano il coraggio di parlarne, di riunirsi in eventi, dove si discute di questi avvenimenti che fanno parte della vita. Il silenzio assordante di Luca Coscioni ha dato voce ai malati di SLA e Welby ha buttato alle ortiche la sottomissione a chi nega il diritto alla dignità umana.

Qual’è l’atteggiamento della Chiesa cattolica in relazione al tema della dolce morte e dell’accanimento terapeutico? Come giudica Lei questa presa di posizione?

Se per dolce morte intendiamo eutanasia, la Chiesa è contraria. Il termine accanimento terapeutico non va utilizzato. Al posto suo metterei trattamenti sanitari inutili e sproporzionati. Nell’articolo 2278 del catechismo cattolico leggiamo: L’interruzione di procedure mediche onerose, pericolose, straordinarie o sproporzionate rispetto ai risultati attesi può essere legittima. In tal caso si ha la rinuncia all’ “accanimento terapeutico”. Non si vuole così procurare la morte: si accetta di non poterla impedire. Le decisioni devono essere prese dal paziente, se ne ha la competenza e la capacità, o, altrimenti, da coloro che ne hanno legalmente il diritto, rispettando sempre la ragionevole volontà e gli interessi legittimi del paziente.

L’eutanasia per la Chiesa è un peccato grave. Siamo liberi di peccare e ce la vediamo con la nostra coscienza. Se una volta ci sarà una legge che regolamenta l’eutanasia rimaniamo peccatori, ma non siamo più criminali. Io vorrei poter dire ai credenti abbiate fede nella Misericordia!

La politica nazionale, indipendentemente dagli schieramenti, considera la vostra battaglia un tema triste e fastidioso oppure lo valuta come una lotta di grande civiltà?

Anche in Parlamento ci sono donne e uomini con profonda sensibilità, altri indifferenti, altri ancora fanno i dovuti scongiuri, ti evitano per non dover parlarne. I parlamentari sono uno specchio del paese che li ha votato. C’è un nutrito gruppo di parlamentari sensibili di cui alcuni si sono uniti alla nostra lotta per ottenere una buona legge sulla fine vita. I più sensibili sono certamente quelli che hanno avuto un vissuto che li ha coinvolto in difficoltà non indifferenti e sono convinti che sia una lotta di grande civiltà.

La stampa di fine vita parla solo in concomitanza del verificarsi di rari casi che creano un po’ di “rumore mediatico”. Per il resto, a partire dalla televisione pubblica, si ascolta un assordante silenzio. Timore di disturbare qualche potere forte?

Affermazione che condivido pienamente. Le vicende di Welby e Englaro avrebbero potuto servire per informare i cittadini, mettendo a confronto diverse opinioni. Ma i confronti in tv sfociarono spesso in veri scontri. Non si può confrontare una persona, risvegliatasi dal coma che sta recuperando faticosamente una vita accettabile, con un’altra da molti anni in stato vegetativo. Certi stati estremi vanno spiegati agli spettatori senza sensazionalismi e in modo più tecnico possibile. Si dia voce a giuristi e medici con opinioni differenti a confronto. Si incentivino anche i cittadini a seguire le discussioni nelle commissioni parlamentari su tematiche, come disposizioni anticipate sui trattamenti sanitari, (o che dir si voglia testamento biologico) e perchè no sulla regolamentazione dell’eutanasia e il suicidio assistito. Avevo chiesto alla Rai di allestire programmi informativi e formativi sulle tematiche del vivere e del morire. Non basta infilare nei programmi d’intrattenimento qualche minuto di commento su un avvenimento tragico.

Anche la carta stampata ponderi titoli e modi espressivi per aiutare i lettori a formare una opinione scevra il più possibile di errori. Sulle tematiche della fine della vita ci sono ottimi libri nelle librerie anche in formato e-book. Metto il peso sul linguaggio corretto nel raccontare fatti, comunicare opinioni. Un buon giornalista pesi le parole, per dare buona informazione, evitare equivoci. Le tematiche che contornano la fine della vita sono in continua evoluzione. Perciò è necessario che chi si cimenta a scrivere su determinate tematiche studi e si informi per non fare errori.

Chi è formato per quello che vuole scrivere non ha paura di disturbare. Sono in gioco diritti inalienabili dei cittadini come lui, compreso chi è detentore di un potere forte.

Anche il lutto è meno pesante nel vedere morire in serenità una persona amata. I pregiudizi non fanno parte della scienza, i pregiudizi sono dei non informati, di chi non studia, dei pusillanimi, dei presuntuosi, dei pieni di sé.

La ricerca scientifica potrebbe un giorno ridurre fortemente la necessità di intervenire a fine vita con scelte importanti e dolorose. Siamo sulla strada giusta? Esistono pregiudizi nel campo della ricerca che ne rallentano lo sviluppo?

Non credo che il dolore possa mai sparire dalla vita. L’uomo nasce piangendo. Nelle mani della ricerca scientifica c’è certamente la possibilità di tenere il dolore sotto controllo e di debellare malattie con un percorso devastante del morire prolungato spesso per anni. Conosco eroi che hanno saputo dare un nuovo corso al proprio vivere nonostante le loro gravissime condizioni di vita. Essere eroi non è di tutti e non è un obbligo.

“Morire non è uno scherzo” disse Welby, non lo sarà mai, ma un accompagnamento con cure palliative, assistenza psicologica e spirituale e alla fine morire in sedazione profonda lo renderà meno traumatica sia per il morente che per chi gli sta vicino e lo ama. Certamente non vorrei più sentire i richiami d’aiuto di chi vuole andare all’estero per morire lì con il suicidio assistito.

Vorrei che andasse in porto una legge che protegga un medico, che su richiesta del malato, gli somministra un farmaco letale. E che questo avvenga in ambiente sereno e familiare, dove ci si saluta come quando si parte per un paese lontano. Il morire diverrebbe anche così parte della vita e vita vissuta. Anche il lutto è meno pesante nel vedere morire in serenità una persona amata. I pregiudizi non fanno parte della scienza, i pregiudizi sono dei non informati, di chi non studia, dei pusillanimi, dei presuntuosi, dei pieni di sé.

per maggiori informazioni sul tema: http://www.associazionelucacoscioni.it

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