Filippo Del Corno, sposato, due figli, è nato nel 1970 a Milano dove è sempre vissuto.
Dopo la maturità classica conseguita con il massimo dei voti al Liceo Beccaria, si è diplomato nel 1995 in Composizione al Conservatorio G. Verdi.
Attivo come compositore fin dal 1990, ha visto i propri lavori eseguiti da musicisti quali Luciano Berio, James MacMillan, Dimitri Ashkenazy, David Alan Miller, José Ramón Encinar, John Axelrod e da orchestre e ensemble quali London Sinfonietta, California EAR Unit, Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI; le sue composizioni sono regolarmente presenti nei più importanti festival e teatri della scena internazionale, tra cui Lucerne Festival, Festival de Radio France et Montpellier, Bang On A Can Marathon (New York), South Bank Centre (Londra), Biennale di Venezia, Romaeuropa Festival.
Dal dicembre 1997 è docente di Composizione al Conservatorio: dopo gli incarichi ai Conservatori di Torino, Parma e Pesaro è nominato nel 2007 docente di ruolo con incarico al Conservatorio di Trieste e successiva utilizzazione al Conservatorio di Milano. La sua attività didattica lo ha visto anche docente di Composizione alla Civica Scuola di Musica di Milano dal 2002 al 2004 e docente incaricato all’Università Bocconi di Milano dal 2001 al 2007 nel Corso di Laurea in Economia delle Arti e della Cultura. Inoltre dal 1999 al 2008 è ideatore e conduttore per RAI-Radio3 di diversi programmi di approfondimento musicale e culturale.
Fin dall’inizio della sua attività professionale è coinvolto in ruoli organizzativi e gestionali nel campo della cultura e dello spettacolo: dal gennaio 1993 al gennaio 1998 è composer in residence della Fondazione I Pomeriggi Musicali di Milano, con compiti di assistenza alla direzione artistica. Nel 1997 fonda, insieme a Carlo Boccadoro ed Angelo Miotto, l’Associazione culturale Sentieri selvaggi, per la promozione e la diffusione della musica contemporanea, che guida in qualità di Presidente e codirettore artistico fino al marzo 2013. Dal dicembre 2011 al marzo 2013 è Presidente della Fondazione Milano – Scuole Civiche di Milano, Ente partecipato del Comune di Milano che opera nel campo dell’Alta Formazione.
Nel marzo 2013 il sindaco Giuliano Pisapia lo nomina Assessore alla Cultura. Nel 2016 si candida al Consiglio comunale, ottenendo il maggior numero di consensi nella lista Sinistra per Milano. Successivamente il Sindaco Giuseppe Sala lo conferma nel ruolo di Assessore alla Cultura.
Incontro Filippo Del Corno, assessore alla cultura del Comune di Milano, nel suo ufficio a Palazzo Reale, in piazza del Duomo.
Chi è Filippo Del Corno?
Se guardo il suo sito internet ( http://www.filippodelcorno.it ) mi dico che senza ombra di dubbio è un valente musicista e compositore contemporaneo. Se guardo la sua pagina Facebook invece mi dico: è un navigato politico milanese. Chi è Lei davvero?
Sono un musicista. Sono un compositore che ha deciso, per una parte della sua vita, di impegnarsi in un’attività pubblica come quella politica. Per il grande amore per la città prima di tutto e per senso di responsabilità, nella speranza di poter essere utile alla mia città, che amo così tanto. Sicuramente la mia vera professione è quella di musicista ed è la professione a cui intendo tornare una volta che questo momento di impegno pubblico sarà concluso.
La cultura è il patrimonio cognitivo di una comunità.
Mi dia la sua personalissima definizione di Cultura.
La cultura è il patrimonio cognitivo di una comunità. E’ ciò che una comunità, ad esempio una comunità cittadina, locale o nazionale, condivide in termini di patrimonio cognitivo. Un patrimonio di conoscenza, di strumenti, di condivisione delle conoscenza. Questa è la definizione che ha ispirato anche il mio lavoro di assessore alla cultura. Ho pensato che un assessore alla cultura di una città dovesse in tutti i modi lavorare per fare crescere (in termini quantitativi, qualitativi, di accessibilità, di diffusione) la possibilità di condivisione del patrimonio cognitivo della propria comunità.
Nominato Assessore alla Cultura da Giuliano Pisapia è stato poi riconfermato dal neo sindaco Beppe Sala. Pensa di avere meritato la riconferma?
Le due nomine sono avvenute in forma molto diversa. La prima nomina avvenne in maniera assolutamente fiduciaria. Pisapia mi chiamò a Giunta già avviata, quando ritenne impossibile proseguire la sua collaborazione con l’allora assessore alla cultura Stefano Boeri. Mi chiamò nutrendo per me, credo e spero, fiducia nella mia capacità di operare. Lo fece nel momento in cui io ero presidente della Fondazione Scuole Civiche ed avevo quindi già dato prova di quanto fossi in grado di dare alla pubblica amministrazione. La nomina di Sala è una nomina diversa, perché avviene dopo una tornata elettorale in cui io mi sono candidato. Mi sono candidato nella lista Sinistra per Milano ed ho ottenuto un ottimo risultato elettorale, in quanto sono stato il candidato più votato della lista. Credo che questi voti siano stati il riconoscimento di un lavoro svolto in modo positivo. Ritengo quindi di essermela guadagnata e meritata questa riconferma. Il primo incarico è arrivato esclusivamente su base fiduciaria, il secondo sempre su base fiduciaria come prevede la norma, ma anche sulla scorta di una valutazione positiva che i cittadini hanno dato al mio operato come assessore, esprimendo un voto ed un consenso abbastanza significativo.
Milano è diventata una città molto attrattiva e la sua reputazione è molto cresciuta.
Come sempre a fine anno ci vengono proposti statistiche e consuntivi riguardanti gli afflussi di visitatori nelle diverse città italiane. Nel 2016, senza il richiamo di Expo, Milano ha confermato una decisa crescita di turisti. Roma invece, pur celebrando il Giubileo e pur essendo un vero e proprio museo a cielo aperto, è sempre meno visitata. E’ solo il turismo d’affari che fa la differenza oppure siamo riusciti a compiere un mezzo miracolo?
La crescita del turismo nella nostra città è stata molto significativa negli anni della giunta Pisapia. E’ iniziata nel 2013 ed ha avuto un grande picco nel 2015 grazie ad Expo e terminata l’esposizione Universale ha mantenuto una capacità molto positiva di crescita. Milano è diventata una città molto attrattiva e la sua reputazione è molto cresciuta. Una componente essenziale e fondamentale della sua attrattività sta nella sua offerta culturale. Offerta culturale che ha saputo finalmente riconoscere il valore del proprio patrimonio ed ha proceduto alla valorizzazione del patrimonio stesso. Nel 2015 io diedi l’avvio all’iniziativa delle icone per la città, mettendo in evidenza sei straordinarie opere d’arte custodite nelle collezioni museali milanesi, sei simboli scelti per promuovere Milano in occasione dell’Esposizione Universale. Siamo così riusciti a raccontare a tutto il mondo il fatto che a Milano era ad esempio possibile vedere la Pietà Rondanini di Michelangelo, l’Ultima Cena di Leonardo da Vinci, il Quarto Stato di Pellizza da Volpedo, il Bacio di Hayez… tutte opere che hanno un fortissimo valore iconico e che sono state ambasciatrici della straordinaria qualità del nostro patrimonio artistico. Un patrimonio che non era mai stato valorizzato come un elemento caratteristico della città. Un secondo aspetto, fondamentale per quanto riguarda l’offerta culturale della città, è la sua vitalità. Cioè il fatto che per una serie di iniziative, in parte pubbliche ed in parte private, oggi a Milano l’offerta culturale è ricchissima. Non passa giornata in cui non ci sia un’inaugurazione, un concerto, una serata, una lettura, una conferenza, uno spettacolo teatrale. E questo aumenta molto il tasso di desiderabilità della destinazione Milano. Perché i viaggiatori che decidono di visitare la nostra città sanno che potranno al mattino andare in un museo dove sono custoditi grandi capolavori, al pomeriggio fare una visita nei luoghi dello shopping e la sera andare a teatro a sentire un concerto oppure a vedere uno spettacolo. Queste sono le caratteristiche che hanno determinato la crescita delle presenze turistiche a Milano. Aggiungo altri due elementi che spesso sono sottovalutati. Il primo è la sua reputazione in termini di qualità dell’accoglienza. Milano è una città in cui è facile muoversi, una città in cui funziona bene il trasporto pubblico locale (con il trasporto pubblico locale si può andare ovunque) Una metropoli dove il viaggiatore che arriva all’aeroporto di Malpensa o di Linate o di Orio al Serio, una volta giunto nel suo albergo o nell’appartamento preso in affitto su Airbnb, può poi muoversi con costi molto contenuti, con grande libertà e grande comodità. E’ un aspetto che progressivamente ha assunto una grande importanza per rafforzare la reputazione della città. Cito sempre un caso che mi ha molto colpito. Quando il console USA, precedente all’attuale, ha lasciato la città ha fatto un video molto divertente di commiato; raccontava ad esempio come aveva imparato a Milano la lingua italiana. La cosa che caratterizzava quel video era che il protagonista di quelle riprese, cittadino americano a Milano, si muoveva sempre e solo utilizzando i mezzi pubblici, tram, metropolitana, bike sharing, car sharing e scooter sharing, trovando sempre una connessione immediata con tutta la città. Il secondo elemento, a volte non adeguatamente sottolineato, è la qualità della trasformazione urbanistica della città. Milano è una città che adesso ha luoghi nuovi, interi nuovi quartieri, molto attrattivi e capaci di declinare un policentrismo della metropoli. E questo rappresenta una innovazione ed una trasformazione della città. I visitatori sono anche attratti dal fatto che arrivano in una città che non è soltanto chiusa all’interno del proprio centro storico, ma che ha altri centri nevralgici dove vivere l’innovazione tecnologica, il design, la moda, l’architettura, altre discipline ed altri linguaggi contemporanei. Il visitatore che arriva in città è attratto anche da City Life, da Porta Nuova, dal distretto Tortona, dal distretto Lambrate, dall’Isola. Una serie di nuove mappe di approfondimento e conoscenza della città.
…se mi dessero da gestire l’ammontare dell’imposta di soggiorno della città di Milano, cioè l’imposta che pagano i turisti, io sarei un assessore felice!
A quanto ammontano le risorse finanziare che il Comune mette a disposizione del Suo assessorato? Sono risorse che Lei reputa adeguate per svolgere compiutamente il Suo mandato?
L’ultimo bilancio assestato 2016 prevedeva per la spesa corrente dell’Assessorato alla Cultura circa 27 milioni di euro. Quest’anno avremo una contrazione del perimetro delle risorse della spesa pubblica, derivante da una serie di condizionamenti esterni al funzionamento del bilancio comunale, e ci assesteremo intorno ai 25,5 milioni di euro. Quando mi sono insediato ho trovato una situazione molto critica da questo punto di vista. Il bilancio per la spesa corrente dell’assessorato era arrivato al suo minimo storico, toccando i 22 milioni di euro. Da quel momento ho iniziato a lavorare per ricostruire una capacità di spesa che fosse adeguata al mandato importante che si riceve quando si governa l’offerta culturale di una città come Milano. Credo comunque che le risorse attuali non siano effettivamente adeguate. Le risorse di cui dovrebbe disporre la nostra Direzione Centrale, dovrebbero essere superiori ai 30 milioni di euro. Faccio una battuta, ma è una battuta fino ad un certo punto… se mi dessero da gestire l’ammontare dell’imposta di soggiorno della città di Milano, cioè l’imposta che pagano i turisti, io sarei un assessore felice! Vorrebbe dire poter gestire 34-36 milioni di euro all’anno. Potrei dare un impulso ancora maggiore allo sviluppo culturale che comunque la nostra città ha conosciuto in questi anni.
…la collaborazione istituzionale è sempre stata molto seria da entrambe le parti.
Come sono i rapporti tra l’Assessorato alla Cultura del Comune e l’Assessorato alle Culture, Identità e Autonomie di Regione Lombardia?
I rapporti sono buoni. Esistono diverse collaborazioni che abbiamo costruito nel corso del tempo. Ci sono ovviamente delle diversità di vedute tra l’assessore Cappellini e me, soprattutto derivanti dalle diverse famiglie politiche di appartenenza. E’ quindi chiaro che se parliamo di politiche di genere, di diritti civili, di accoglienza abbiamo visioni molto diverse. Però poi dal punto di vista del lavoro concreto e pratico, posso dire che la collaborazione istituzionale è sempre stata molto seria da entrambe le parti. Bisognerebbe sentire anche il parere della Cappellini… Io da parte mia riconosco che l’assessore Cappellini è sempre stata molto seria e pronta alla collaborazione istituzionale ed insieme abbiamo realizzato alcuni progetti importanti. Ricordo ad esempio la card di abbonamento ai musei della Regione Lombardia, progetto nato dalla collaborazione tra Regione e Comune di Milano. Noi avevamo gestito una prima fase sperimentale nei musei civici e da li siamo partiti. Anche grazie alla collaborazione istituzionale con Regione Piemonte e Comune di Torino, abbiamo quindi esteso il modello gestionale piemontese alla Regione Lombardia. Questo è ad esempio un progetto fatto insieme, dove abbiamo lavorato molto bene, concretamente ed in modo pragmatico. Adesso ci attende una delle grandi sfide che possiamo affrontare insieme e che credo avrà bisogno di un’alleanza forte tra le due istituzioni. Dare un futuro al teatro di Expo, all’Open Air Theater, che potrebbe diventare una straordinaria opportunità per la città.
Io penso che la cultura rappresenti invece uno straordinario ponte che unisce e non una barriera che divide.
Milano è una città multietnica. Ci sono comunità di stranieri che si sono integrate abbastanza bene nel tempo. Altre che invece stentano a trovare una relazione costruttiva con la città. A volte sono i loro usi e costumi ad essere troppo diversi dai nostri. Altre volte sono le religioni a creare barriere. Pensa che sia corretto dire che a volte la cultura separa e non unisce?
No, io penso che questa sia un’impostazione sbagliata. Perché attribuisce alla parola cultura esclusivamente un significato statico e tradizionale. Io invece attribuisco alla cultura un significato essenzialmente dinamico. Quando prima rispondevo alla sua domanda su cosa vuol dire cultura per me, ho appunto parlato di patrimonio cognitivo e di condivisione di questo patrimonio. Chiaramente questo è un concetto molto dinamico, dove l’aspetto tradizionale e l’aspetto identitario sono assolutamente secondari. Io penso che la cultura rappresenti invece uno straordinario ponte che unisce e non una barriera che divide, proprio perché mette al centro l’idea e la pratica della condivisione. La condivisione di patrimoni cognitivi diversi che costituisco un patrimonio comunitario. A Milano abbiamo dato vita ad un esperimento molto interessante e molto efficace, il Forum Città Mondo, un grande forum che raccoglie una parte abbastanza consistente delle associazioni culturali delle varie comunità straniere presenti nella nostra città. L’idea di base del forum è stata quella di costruire non un rapporto tra italiani ed altri, ma tra tutte le culture che abitano il territorio cittadino e tutte le comunità. Il Forum è stata una grande camera di costruzione di relazioni tra comunità africane, asiatiche, sud americane ed europee. Il miglior luogo dove un marocchino, un cinese, un italiano, un albanese ed un peruviano potessero dialogare, raccontandosi reciprocamente i percorsi di provenienza, facendo poi sintesi. Credo che sia un esperimento riuscito, pur attraverso alcune difficoltà riscontrate nel corso degli anni. Sino dagli inizi abbiamo identificato un luogo simbolico di aggregazione, e questo luogo è il MUDEC, il Museo del Culture. Uno straordinario luogo di sperimentazione. Ad esempio adesso è attiva una grande iniziativa sul tema della cultura cinese, con mostre, proiezioni, dibattiti, conferenze in collaborazione con la comunità cinese di Milano. Una comunità che è sempre stata considerata, secondo me ingiustamente, una comunità chiusa, e che invece ha l’assoluto desiderio di aprirsi, di raccontarsi, di confondersi, di confrontarsi. Il fatto di poterlo fare in uno dei musei più importanti della città credo sia una grandissima opportunità. Aggiungo che, partendo da queste esperienze, noi poi registriamo dei fatti concreti che ritengo molto importanti. Fatti che non vengono mai raccontati sui giornali perché purtroppo (come diceva il grande compositore Niccolò Castiglioni) il rumore non fa bene ed il bene non fa rumore. La comunità cinese di Milano ha raccolto per Amatrice una somma molto significativa che è stata poi immediatamente inviata al comune terremotato e che ha permesso una attività importante di ricostruzione sul territorio. In quel caso la solidarietà che la comunità cinese della città di Milano ha dimostrato è stato un gesto molto forte ed aiuta a spiegare la qualità delle relazioni che le comunità riescono a tessere in un ambiente urbano come quello di Milano.
Quali sono i progetti culturali avviati in città che le stanno più a cuore?
Parliamo dei progetti futuri, non di quelli già avviati, ma di quelli che caratterizzeranno il secondo mandato. Quello che mi sta più a cuore è il teatro per l’infanzia e l’adolescenza. Un teatro molto importante che nasce in piazzale Maciachini, come scomputo di oneri di un operatore privato, destinato alla cultura teatrale dell’infanzia e dell’adolescenza. Credo che sia fondamentale fare in modo che questa sia facilmente accessibile e condivisibile a partire dall’età dell’infanzia. Molto bella anche la progettazione architettonica, curata dall’architetto Rota. Un altro progetto che mi sta molto a cuore è la realizzazione di una nuova biblioteca al Lorenteggio, all’interno di un piano di conversione e riqualificazione molto complesso e molto articolato di un quartiere non facile, un quartiere di frontiera. Una nuova biblioteca che vorrei divenisse il modello delle biblioteche degli anni duemila. Milano è una città che ha avuto nel dopoguerra una straordinaria capacità espansiva da un punto di vista culturale, grazie all’azione che molte amministrazioni hanno fatto di diffusione di biblioteche importanti, che oggi costellano tutto lo spazio urbano. Sono tutte biblioteche però che dal punto di vista architettonico e dal punto di vista funzionale sono state, giustamente, pensate secondo modalità novecentesche. Ovvero attraverso il prestito dei libri e la creazione di appositi spazi dedicati allo studio. Penso che invece la biblioteca del duemila debba essere uno straordinario centro civico, un luogo di incontro, un luogo di condivisione, un luogo di scambio e di offerta culturale, dove l’aspetto del prestito dei libri rimane centrale ma ovviamente è sempre più modificato e connotato dalle diverse impostazioni di natura tecnologica. Milano è stata la prima città italiana a mettere a disposizione degli utenti in prestito anche dei lettori digitali di e-books. Quindi, il teatro di piazza Maciachini e la biblioteca del Lorenteggio, due luoghi della cultura collocati in territori non centrali. Questa è la vera frontiera delle politiche pubbliche nella nostra città. Il sindaco Sala usa spesso l’espressione di una ossessione positiva, cioè il concentrare tutti i nostri sforzi affinché la qualità della vita nelle periferie sia sempre migliore. Per giungere a non percepire più in città una doppia velocità, con zone di Milano che viaggiano ad una velocità europea di sviluppo ed altre che invece rimangono confinate in sacche di degrado e di arretratezza. Questo non deve più avvenire e chiaramente la cultura gioca un ruolo importantissimo. Il fatto che concentreremo i nostri sforzi in due zone di frontiera credo che sia il segnale più forte che possiamo dare. Poi chiaramente tutto quello che è stato fatto per la cultura in questo mio primo mandato lo porteremo avanti anche in questa legislatura. Ad esempio la diffusione di nuovi formati di festival, la moltiplicazione qualitativa e quantitativa dell’offerta culturale complessiva, l’avere proposto l’assessorato alla cultura come una sorta di cabina di regia, aperta al rapporto ed alla relazione con tanti soggetti pubblici e privati. La terza sfida, legata sempre ad un, luogo fisico, è il Casva, ovvero la realizzazione di un centro alti studi sulle arti visive, sull’architettura e sul design. Anche in questo caso nel cuore di un quartiere di frontiera, il QT8, nell’area dell’ex mercato di via Isernia.
Costruire un patto pubblico-privato per la crescita dell’offerta culturale della città.
Pubblico privato riescono a dialogare insieme per far crescere l’offerta culturale di Milano?
E’ stata una delle mie primissime preoccupazioni. Costruire un patto pubblico-privato per la crescita dell’offerta culturale della città. Il patto ha funzionato perché si è basato su regole chiare e certe. Ogni intervento privato per la cultura doveva esprimere una funzione pubblica e doveva essere iscritto in un quadro di regia il più possibile condiviso con le altre istituzioni culturali della città, sia pubbliche che private. Secondo un approccio che io definisco sempre coopetitivo e non competitivo. C’è un vecchio principio liberale anglosassone che dice che coopetition is better than competition. Il patto pubblico-privato si è basato sull’evitare duplicazioni funzionali o aggressioni competitive, favorendo il più possibile la condivisione di progetti e di visioni. Per far si che crescesse la quantità dell’offerta culturale, ed in maniera corrispondente crescesse anche la domanda culturale, vera grande frontiera di lavoro che abbiamo affrontato. Oggi Milano è una città che ha un sistema museale dove pubblico e privato sono perfettamente integrati. La percezione che ad esempio i visitatori ed i cittadini hanno di Fondazione Prada o di Hangar Bicocca è quella di due musei che svolgono una funzione del tutto pubblica, sviluppando i temi dell’arte contemporanea. E tuttavia sono due musei assolutamente privati. Ma il modo con cui abbiamo proceduto al convenzionamento (al momento del cambio di destinazione d’uso dei luoghi ove operano) ha fatto si che questi due musei facciano parte in maniera naturale dell’offerta culturale pubblica della città. Sono percepiti come spazi che esprimono una funzione pubblica. Dobbiamo rendere onore al merito dei soggetti privati, che hanno creduto moltissimo in questa funzione pubblica, interpretandola sempre in modo innovativo e propositivo. I soggetti privati nelle Fondazioni che ho citato (ma potrei andare avanti anche con altri esempi) siedono ad un tavolo di concertazione con il Comune di Milano in un lavoro continuo di confronto e sviluppo di programmi e progetti. Non posso non sottolineare anche l’impegno che numerosi soggetti privati hanno profuso come sponsor di avvenimenti di pubblica fruizione. Penso a Bookcity, che nasce sull’impulso di quattro fondazioni di diritto privato, riunite in una associazione nella quale il Comune di Milano partecipa come membro attivo, che di fatto sono riuscite ad aggregare straordinariamente bene risorse private, per far si che la nostra città diventasse una straordinaria capitale del libro e della lettura. Sono state davvero numerose le occasioni in cui i soggetti privati hanno deciso di investire in cultura insieme al Comune di Milano, condividendo obiettivi e strategie. La Milano di questi anni è davvero un modello di sinergia tra pubblico e privato. L’amministrazione comunale si è dotata di due strumenti molto efficaci: il primo è un incontro pubblico che facciamo all’inizio dell’anno, nel corso del quale raccontiamo il nostro lavoro, i progetti e troviamo vie di comunicazione condivise. L’altro è un bando pubblico, che apriamo ogni inizio anno, e riguarda nello specifico le sponsorizzazioni dei progetti del Comune da parte dei soggetti privati.
Come valuta il bonus cultura di Renzi dedicato ai giovani che compiono i diciotto anni?
L’ho trovata una misura straordinariamente positiva ed intelligente. Sono rimasto molto amareggiato dalle polemiche che ci sono state rispetto al fatto che alcuni diciottenni ne hanno fatto un uso fraudolento. Questo non vuole dire che la misura sia sbagliata, vuol dire che purtroppo nel nostro Paese esistono anche dei criminali diciottenni che pensano di utilizzare in maniera fraudolenta uno strumento che invece andrebbe tutto a loro vantaggio. Quattro, cinque, dieci, dodici casi di persone che l’hanno utilizzata in maniera scorretta non devono nascondere il fatto che invece ci sono tantissimi giovani che, grazie a questo bonus cultura, hanno potuto ad esempio acquistare libri che desideravano. Libri che magari non potevano permettersi. Hanno potuto sperimentare il teatro, il cinema, la musica, i concerti. Noi sappiamo dalle statistiche che alcuni hanno utilizzato il bonus cultura per andare alla Scala, per la prima volta nella loro vita. Sono occasioni utili, importanti che contribuiranno anche a cambiare l’opinione dei giovani nei confronti delle istituzioni culturali nel corso della loro crescita. E’ una misura molto positiva che spero venga confermata anche dai futuri governi. Appena il ministro Franceschini l’ha promossa noi ci siamo subito attivati affinché il bonus risultasse spendibile nei nostri musei e nei nostri spazi espositivi. Io penso che un ragazzo di diciotto anni che può vedere quattro mostre, anziché ad esempio una sola perché il suo portafoglio ne consente una sola, può nel tempo esprimere in modo molto più positivo il proprio senso di cittadinanza.
La strada da fare è ancora molta, ma siamo orientati nella giusta direzione.
Ho citato anche il Teatro alla Scala. Vorrei spendere qualche parola in più per questa straordinaria istituzione milanese. Abbiamo lavorato bene con il Sovrintendente Pereira per fare in modo che questa istituzione tornasse ad essere percepita come un patrimonio della città. Non è solamente motivo di vanto ed orgoglio per i cittadini milanesi, ma è qualcosa che i cittadini percepiscono davvero come propria. L’idea che questa Scala sia sempre più aperta, sempre più disponibile, sempre più accessibile, è fondamentale. Con Pereira abbiamo costruito un progetto bellissimo che si chiama Grandi Spettacoli per Piccoli. Ovvero la possibilità per i bambini di andare alla Scala, vedere un’opera pensata apposta per loro. Opere tagliate e misurate appositamente sulla capacità di attenzione di un bambino, che ovviamente non è quella del grande repertorio tradizionale. Sono state messe in scena la Cenerentola di Rossini, il Flauto magico ed il Ratto del serraglio. Mi piace molto l’idea di un Teatro alla Scala che torna ad essere vissuto dalla città, in modo non esclusivo ma inclusivo. La strada da fare è ancora molta, ma siamo orientati nella giusta direzione.
Grazie assessore per la disponibilità e buon lavoro.