’ho trovato. Al termine di lunghe peregrinazioni, l’ho trovato. Dopo avere girato per ogni dove e dopo avere assistito alle competizioni di quasi tutti gli sport (pallacorda tibetana included), l’ho trovato. Il pubblico perfetto. E la cosa bizzarra è che l’ho trovato ad un passo da casa, a Milano.
Abbiamo seguito i Campionati del Mondo di Pattinaggio di Figura, che si sono disputati a Milano, al Mediolanum Forum, ed è qui che un pubblico molto speciale ha occupato le tribune del palazzo del ghiaccio milanese, riempito al limite della propria capienza.
Un pubblico competente, composto da giovani e meno giovani, perfettamente padrone delle regole e delle tecniche di questa disciplina. Un pubblico generoso, che gratifica con applausi sinceri le interpretazioni migliori e nel medesimo tempo sostiene con calore i pattinatori e le pattinatrici che sbagliano o cadono, dando loro la spinta per continuare l’esercizio.
Un pubblico appassionato che incita con vigore gli atleti della propria nazionalità, ma solo prima e solo dopo l’esecuzione dell’esercizio in pista. Nel corso dell’interpretazione non ci sono bandiere, non ci sono nazionalità, non ci sono campanilismi e partigianerie; gli atleti sono tutti uguali e l’unico criterio che questo pubblico applica è sintetizzabile con il motto: onore al merito!
Un pubblico multietnico, proveniente da ogni parte del mondo; italiani, giapponesi (moltissimi), francesi, statunitensi, tedeschi, russi eccetera eccetera. Lo sventolio delle loro bandiere è uno spettacolo nello spettacolo.
Un pubblico educato al rispetto delle decisioni prese dai giudici, indipendentemente dal fatto che queste siano più o meno favorevoli ai propri beniamini presenti sul ghiaccio. Giudici che analizzano non solo la tecnica dell’esecuzione ma anche l’interpretazione artistica. Uno sport difficile da valutare che beneficia di un pubblico maturo, pronto ad accettare i verdetti con una sportività che meraviglia e consola.
Avete presente l’approccio alla partita di una qualsiasi curva calcistica italiana? Bene, nulla a che vedere con gli appassionati del pattinaggio di figura; qui siamo su un altro pianeta. Deo Gratias.
Sulla pista ghiacciata milanese (60 metri di lunghezza e 30 di larghezza) sono scesi 186 atleti provenienti da oltre 40 nazioni diverse.
Sulla pista ghiacciata milanese (60 metri di lunghezza e 30 di larghezza) sono scesi 186 atleti provenienti da oltre 40 nazioni diverse. Atleti che si sono misurati in quattro discipline: artistico maschile, artistico femminile, artistico coppie e danza coppie.
Gli azzurri e le azzurre scendono sul ghiaccio di casa con aspettative diverse. Alcuni sono novizi, solo da poco attori ed attrici dei più grandi palcoscenici mondiali del pattinaggio. Altri, nel pieno della propria carriera, cercano l’opportunità per fare un salto di qualità o consolidare la propria posizione. Qualcuno invece indirizza la prestazione (forse una delle ultime della carriera) più che alla ricerca di una medaglia, alla gratificazione di un pubblico che per tanti anni è stato presente con amore, entusiasmo e passione.
Matteo Rizzo, è il più giovane della nidiata azzurra maschile (classe 1998) ed è quindi uno dei più coccolati e protetti da tutti i componenti del Team Italia. Ventunesimo alle Olimpiadi coreane, a Milano2018 chiude con un buon diciassettesimo posto. Al suo collo brilla il bronzo conquistato recentemente ai Mondiali Junior 2018; lui rappresenta il futuro del pattinaggio maschile, lasciamolo crescere con tranquillità. Ha tecnica ed entusiasmo. Il Mediolanum Forum lo sostiene con forza, anche perché il ragazzo è di Milano.
Elisabetta Leccardi, baby Elisabetta (classe 2001) è milanese, gioca in casa ed il pubblico è tutto con lei. Chiude il suo Mondiale al ventunesimo posto lasciando le prime tracce delle sue lame sul ghiaccio che conta davvero. Vale quanto detto per Matteo; lasciamola crescere agonisticamente e tecnicamente senza metterle pressione. Inevitabilmente la sua pattinata migliorerà ed i risultati arriveranno. Ha personalità.
I 4+4 no, no, no… ai meno giorni verranno in mente i mitici 4+4 di Nora Orlandi. Ma non sono loro, questi sono i 4+4 da infarto. Quattro coppie di pattinatori azzurri che hanno letteralmente sbriciolato i cuori degli spettatori presenti in tribuna. E non solo in tribuna, dato che dopo alcune loro esibizioni ai colleghi di RaiSport in telecronaca diretta è venuta a mancare la parola per la commozione.
Nicole Della Monica & Matteo Guarise (artistico) – Valentina Marchei & Ondrej Otarek (artistico) – Anna Cappellini & Luca Lanotte (danza) – Charlene Guignard & Marco Fabbri (danza).
Non mi fermerò a lungo su di loro, non certo per superficialità, ma solo perché è mia intenzione dedicare a ciascuna di queste coppie un’intervista nel corso di quest’anno. Avremo modo sulle nostre pagine di scoprire loro ed il loro mondo in modo molto più approfondito.
Nicole e Matteo hanno chiuso al quinto posto (dopo il decimo posto olimpico) dimostrando di essere al top della specialità e stabilendo il miglior risultato di sempre con un punteggio di 206,06 punti. Un risultato prestigioso che ripaga dei tanti sacrifici che ogni giorno questi ragazzi fanno in palestra e sul ghiaccio. Orgoglio azzurro.
Valentina e Ondrej. Mamma mia, cosa potrei dire di loro; anche facendo una sintesi feroce rischierei di riscrivere un librone stile I Fratelli Karamazov. Carismatici, trascinanti, pieni di brio. Quando si muovono all’interno del Forum sono sempre seguiti da una piccola folla di supporters; quando si muovono sul ghiaccio il pubblico li segue ritmando musica e pattinata. Sesti in Corea, a Milano si piazzano al decimo posto ma il pubblico non se ne accorge. La standing ovation finale che dedica ai due azzurri è da medaglia d’oro.
Anna e Luca. Rieccolo il groppo in gola, che torna anche adesso che scrivo, come quando ho visto live la loro prestazione sportiva. Sportiva, agonistica, artistica, passionale, coinvolgente, commovente. Hanno tirato il pubblico di tutte le nazionalità in un vortice emozionale che ha lasciato senza fiato, con il cuore agitato e diversi atti respiratori persi nei pochi minuti della loro gara. Personal best e quarto posto, ad un micron dal bronzo. Ma per tutti hanno conquistato sul campo un oro alla carriera. Senza se e senza ma.
Charlene e Marco. Nono posto per loro, in linea con il decimo posto olimpico. Marco è milanese ed insieme alla bellissima Charlene smentisce clamorosamente, sotto la Madonnina, l’antico detto Nemo propheta in patria.
Il Forum si spella le mani per la coppia azzurra che esegue un programma libero di assoluta eccellenza e stabilisce il proprio season best con un punteggio di 107,29. Bravissimi! Se posso permettermi un borbottio polemico a bassa voce, direi che con loro i giudici hanno avuto (incomprensibilmente) il braccino corto nell’assegnazione del punteggio. Meritavano di più.
Ed infine la più attesa da tutti, tecnici, spettatori, media. Carolina Kostner. Il suo Mondiale milanese per alcuni commentatori potrebbe avere rappresentato il canto del cigno, l’ultima apparizione di rilievo della carriera. Carolina nello short program conquista la vetta della classifica e si presenta al libero tra le favorite per la medaglia. Qualcosa non va nel libero ed a fine giornata è solo quarta. Potremmo fare tutte le analisi tecniche del mondo, dire che forse il suo programma libero è stato un tantino troppo ambizioso eccetera eccetera. Ma vi risparmierò, questo articolo non è un trattato di tecnica del pattinaggio. Vuole essere solo un disegnino fatto a mano libera per presentarvi un mondo (quello del pattinaggio di figura) che da molti lettori è poco conosciuto e merita la massima attenzione sportiva.
Credo che le parole di Carolina, rilasciate al termine della sua gara, siano più che esaustive: forse per la prima volta, ho pattinato come ho sempre sognato, ed è questo che porto a casa. Inoltre, fino a 15 anni fa nessuno conosceva il pattinaggio e io ero la ragazzina delle montagne che faceva uno sport strano. Vedere invece oggi lo stadio pieno di gente, qui a supportarmi con affetto e passione, è stato stravolgente: vuol dire che sono riuscita a toccare il cuore delle persone, e questo non lo fai con la tecnica o con i salti, mi fa sentire umana più che semplice atleta. Il quarto posto fa male, ma non pregiudica me come persone, né la mia carriera sportiva: alla fine, domani è un altro giorno.
Per quanto mi riguarda, il pattinare di Carolina è come un quadro di Salvador Dalì. Può piacere o meno, ma nessuno può sognarsi di non considerarlo un’opera d’arte.
Vogliamo parlare anche dei vincitori del Mondiale? Certo, ma non adesso. Ne parleremo tra qualche giorno. Stay tuned.