RTL 102.5. La radio dei Very Normal People.
Il suo editore Lorenzo Suraci negli anni settanta, giovanissimo ed innamorato della musica e dello spettacolo, rileva una piccola radio libera di Bergamo. E’ l’inizio di un’attività imprenditoriale di successo. Oggi RTL 102.5 è la radio più ascoltata d’Italia, con i suoi oltre 7 milioni di ascoltatori al giorno e una serie di primati: prima radio privata a creare una propria redazione giornalistica (oggi formata da oltre 10 professionisti, tra le sedi di Milano e di Roma, e una rete di oltre 100 corrispondenti da tutto il mondo, per 24 edizioni di Giornale Orario, una ogni ora); prima radio ufficiale di Milan, Inter, Juve e Parma, del Giro d’Italia e dei Mondiali di Ciclismo e di Sci; prima radio privata a trasmettere in diretta concerti storici (come gli U2 a Sarajevo) e partite della Nazionale Italiana agli Europei di calcio (2004 e 2008); prima radio privata italiana ad acquistare i diritti per un Mondiale di Calcio FIFA (Sudafrica 2010), operazione ripetuta con gli Europei nel 2012. Eccetera eccetera eccetera.
Un’unica frequenza nazionale, presente su tutti i canali social ed in radiovisione.
Sono andato a bere un caffè con due giornalisti dell’emittente, sicuramente tra i più conosciuti ed apprezzati dal pubblico, e con loro ho fatto una bella chiacchierata. Giusi e Fulvio.
Giusi Legrenzi è nata in provincia di Brescia il 17 giugno di qualche anno fa… a 18 anni si diploma in pianoforte, ma la musica non è la sua sola passione. Dopo il diploma inizia a fare radio in alcune emittenti locali bresciane e nel 1989 approda a RTL 102.5 come speaker. Nel 1992, da giornalista professionista, entra in redazione dove rimane fino al 1997, partecipando alla nascita del “Giornale Orario” e conducendo la trasmissione del mattino “Non Stop News”. Il 2005 è l’anno della sintesi: mentre realizza proprie produzioni televisive, torna on air e lo fa proprio su RTL 102.5 con “Non Stop News”, da lunedì a giovedì dalle 6.00 alle 9.00 con Fulvio Giuliani e Pierluigi Diaco.
Adora la danza classica e la musica classica; legge prevalentemente saggi, non ama troppo la tv e si definisce “inaspettatamente single”. Poco mondana, le piace godersi la casa e, se sceglie di spostarsi, predilige luoghi di pace e relax.
Fulvio Giuliani è nato a Napoli il 29 ottobre 1969. Da piccolo sognava di fare il capostazione, per tradizione familiare poteva diventare avvocato, ma a soli 17 anni trova la sua vera passione: il giornalismo radiofonico. Finito il Liceo è già in diretta nazionale, su Radio Kiss Kiss. Nel 1997, chiamato da RTL 102.5, si trasferisce a Bergamo. Diventa giornalista professionista, conduce il Giornale Orario e presenta programmi dedicati all’attualità, ma anche all’intrattenimento (“Password”). Fulvio diventa caporedattore e inizia l’avventura di “Non stop news”, che conduce con Giusi Legrenzi e Pierluigi Diaco, la mattina dalle 6.00 alle 9.00, dal lunedì al giovedì.
Da giugno 2004 affianca anche Andrea Pamparana e Davide Giacalone alla conduzione de “L’Indignato speciale”, programma di approfondimento in diretta con gli ascoltatori, dalle 9.00 alle 11.00, la domenica mattina.
Queste sono le biografie ufficiali pubblicate sul sito di RTL 102,5. Ora andiamo a conoscere meglio questi due colleghi che risultano essere tra i più stimati ed apprezzati nel grande mondo dell’etere radiofonico.
Io e lei ci siamo trovati in maniera casuale.
“Non stop news”. Fulvio Giuliani vulcanico ed effervescente. Pierluigi Diaco melanconico e profondo. Giusi Legrenzi limpida e più realista del Re. Tutti e tre padroni del mestiere e saldamente ancorati ad un’ottima cultura personale. Il vostro mix è stato casuale oppure è opera di una precisa strategia dei vertici di RTL102.5?
Giusi: è stato assolutamente casuale all’inizio, quando si sono incrociati Giuliani e Legrenzi. Successivamente, dopo una decina di anni, quando si è inserito in squadra Pierluigi Diaco c’è stata una chiara strategia dell’editore. E’ lui che ha creato il nostro trio.
Fulvio: alla descrizione che hai fatto di Giusi aggiungo, è la nostra Preside! Per quanto riguarda la tua domanda, credo che quanto detto da Giusi sia assolutamente corretto. Io e lei ci siamo trovati in maniera casuale; Giusi aveva lasciato RTL da anni, facendo mille altre cose, e quando è tornata a casa (perché in senso professionale lei in questa emittente ci è cresciuta) abbiamo iniziato a lavorare insieme. Con Pierluigi collaboriamo da due anni e mezzo circa (a febbraio saranno tre) a seguito di una chiara e legittima indicazione dell’editore che ha capito che il format avrebbe potuto ulteriormente crescere aggiungendo una nuova testa. Come hai sottolineato nella tua domanda, noi siamo diversi l’uno dall’altra ed il nostro boss ha pensato che un nuovo mix agitato e non mescolato (alla James Bond) necessitava non più di due elementi, ma di tre.
Fulvio tu abiti in un appartamento ad un piano molto alto e sul tuo terrazzo troneggia un bellissimo telescopio. Quando non guardi le stelle e, per sbaglio, giri la lente verso la città di Milano, che città vedi? Lascia perdere le belle ragazze, perché non posso pubblicare materiale hot…
Ma se mi escludi le ragazze… Comunque ti rispondo. Per prima cosa sappi che mi vorrei comprare un telescopio nuovo, quello che ho è bello ma decisamente amatoriale. Mi ci sono in ogni caso divertito. La notte che ho visto per la prima volta Saturno mi sono emozionato tantissimo; sino da bambino ho sempre avuto la passione per l’astronomia e riuscire a distinguere gli anelli di Saturno è stata un’esperienza molto coinvolgente.
La città. Milano mi piace tantissimo, io sono un terrone emigrato ormai da ventuno anni in questa città e penso che Milano sia, di gran lunga, la miglior città italiana dove vivere, dove far crescere dei bimbi, dove affrontare le proprie avventure professionali. Ovviamente non è una città perfetta, ma rimane in ogni caso di gran lunga la migliore. E questo è un problema perché dire che lo è di gran lunga, testimonia che la distanza tra Milano ed altre città (distanza che è sempre esistita), si sta ampliando.
Giusi, Linkiesta ha il piacere di offrirti una cena nel miglior ristorante di Milano; puoi invitare al tuo tavolo un intellettuale, uno sportivo, un musicista. Chi scegli?
Giusi: Bene, finalmente una bella notizia… grazie Claudio e grazie Linkiesta! Scelta complicata. Per quanto riguarda l’intellettuale sono indecisa tra Piergiorgio Odifreddi e Galimberti. Sportivo…ma si dai, portiamoci a cena Cristiano Ronaldo, avrei qualche curiosità da togliermi. Per quanto riguarda il personaggio della musica direi Marco Mengoni.
La nostra libertà si accompagna sempre al nostro senso di responsabilità.
Milioni di persone vi ascoltano ogni mattina, mentre si vestono, mentre fanno colazione, mentre vanno a lavorare, mentre iniziano a sistemare la propria casa, mentre lavorano. Ascoltano i vostri ragionamenti, le vostre riflessioni e le vostre proposte giornalistiche. E vi premiano con uno share elevatissimo. De facto siete degli influencers… dei ferragnez sui generis. Vi ritrovate in questa definizione?
Fulvio: grazie, grazie, ma grazie no. Adesso è facile dare la patente da influencer, si assegna facilmente anche a gente che non influenza proprio nessuno. Te lo dico sinceramente, tutto gira intorno alla questione “responsabilità”. Quando apriamo la bocca dobbiamo stare attenti, pur mantenendo ben viva la spontaneità che è tipica della radio.
Giusi: ti dico subito che condivido in pieno quello che Fulvio ti sta per dire. La libertà.
Fulvio: Esatto, la libertà. La nostra libertà si accompagna sempre al nostro senso di responsabilità; non è che se diciamo una castroneria nessuno ci dice nulla. Gli ascoltatori per primi ci riprendono. Il fatto di non avere però alcun tipo di ferrea imposizione editoriale è un grandissimo vantaggio. Io e Giusi ci rendiamo ben conto che quando parliamo della nostra libertà professionale, molti tendono a non crederci. Ma è così.
Giusi: questa nostra estrema libertà ha aumentato e fortificato nel tempo il nostro senso di responsabilità professionale; il proseguire sulla giusta via senza indicazioni di terzi è una gran bella sfida. Gratificante e stimolante.
In prossimità dell’inaugurazione di Expo Milano 2015 i preparativi erano in alto mare. Il Commissario Straordinario Beppe Sala prese in mano la direzione strategica dei lavori e compì l’opera nei tempi previsti. Ogni giorno proponevate una sorta di “bilancio di cantiere” collegandovi con lui in diretta. Il format funzionò molto bene e gli ascolti premiarono questa vostra iniziativa. A posteriori, la vostra trasmissione si rivelò un fenomenale traino mediatico, che agevolò parecchio la visibilità di Sala e la sua successiva corsa alla carica di Sindaco di Milano. Pentiti di avere in qualche modo “interferito” con la politica o rifareste tutto quanto senza ripensamenti?
In coro: rifaremmo tutto esattamente allo stesso modo!
Fulvio: si trattò di un appuntamento giornaliero prima di monitoraggio delle opere in corso e, ad Expo 2015 avviato, divenne il racconto quotidiano di quanto avveniva giorno dopo giorno a Rho Fiera.
Penso che RTL abbia avuto un grande merito; non noi, ma RTL visto che l’idea fu dell’editore. L’idea di proporre un appuntamento quotidiano con colui che allora era il Commissario Straordinario di Expo non fu di Giusi e Fulvio o del nostro direttore, ma di Lorenzo Suraci. Durante un colloquio in radio tra il nostro editore e Giuseppe Sala fummo chiamati; era la prima volta che Giusi ed io vedevamo Sala e gli chiedemmo la disponibilità a fare insieme questa sorta di countdown verso Expo. Da persona intelligente quale è, colse subito il valore della proposta e disse subito di si. Noi non abbiamo fatto nulla di trascendentale, ma indubbiamente da un punto di vista mediatico RTL ha il merito di avere dato una piccola mano alla riuscita della manifestazione.
Quando iniziammo questo confronto day by day eravamo clamorosamente controcorrente, perché tutti erano profondissimamente convinti che sarebbe andato tutto male (tutti!), tutto a carte per aria. Noi no.
I tre mesi di racconto ante ed i sei mesi di racconto post Expo furono una straordinaria opportunità per i nostri ascoltatori per innamorarsi di questo evento, che metteva l’Italia e Milano al centro dell’attenzione del mondo intero.
Abbiamo aiutato Sala a diventare sindaco di Milano? Si, certo. Non ho alcun dubbio. La prima volta che si è parlato di una possibile candidatura di Giuseppe Sala a Palazzo Marino è stato durante una nostra intervista a Matteo Renzi, nei nostri studi. Ponemmo noi la domanda a Renzi: come vede Sala sindaco di Milano? Renzi rispose: ora ha altro da fare (l’esperienza Expo non era ancora terminata) ma sarebbe un’ottima candidatura.
Giusi: Claudio mi rifai la domanda? Pentiti di avere in qualche modo “interferito” con la politica o rifareste tutto quanto senza ripensamenti?
Ma per carità, non vedo proprio il problema. Assolutamente nessun pentimento, in quanto non abbiamo certamente mai “interferito” con la politica. Non sono pentita proprio di nulla.
Insieme: capiamo il senso della tua domanda. Nel momento in cui voi date per dieci mesi uno spazio quotidiano ad un uomo che poi si candida a sindaco è naturale che gli state dando un vantaggio strategico.
Si certo, se lo avessimo fatto sapendo che poi Sala si sarebbe candidato allora avremmointerferito. Ma non lo sapevamo proprio, tanto è vero che fummo proprio noi a lanciare questa ipotesi come domanda a Renzi. Non c’era proprio nulla di programmato. A meno che non si voglia pensare che siamo così macchiavellici e raffinati da avere organizzato tutto insieme a Beppone già dal gennaio dell’anno precedente. Non ci crede neanche il complottardo più accanito al mondo! Escluso. Nessuna interferenza.
Io sopporto malamente, da snob quale sono; facciano loro come meglio gli aggrada, povere anime…
Miss. Legrenzi, why “Peppa”?
Peppa, non mi piace e non mi è mai piaciuto essere chiamata così. Ma posso farci poco, i miei colleghi si sono inventati questa cosa ed io sopporto e taccio. Una brutta mattina il Giuliani ha tirato fuori questa storia della Peppa (da Giusi, Giuseppina, Peppa) e mi è rimasta attaccata. Io sopporto malamente, da snob quale sono; facciano loro come meglio gli aggrada, povere anime…
Se si riuscisse a convocare un nuovo referendum contro la caccia, cosa votereste?
Fulvio: contro la caccia SEMPRE! Voterei per l’abolizione.
Giusi: io invece sono a favore della caccia. Voterei contro l’abolizione. E’ un’attività come un’altra e non ci vedo nulla di male. Anzi, ci sono luoghi dove la caccia è necessaria per regolare l’equilibrio dell’ambiente. Su questo tema viene fuori il mio essere un po’ donna della provincia, del nord, delle valli.
Fulvio: per me è un’attività fuori dal tempo. Giusi ha ragione sul fatto che alcuni interventi per il riequilibrio della fauna vanno svolti. Io però li farei svolgere dal corpo forestale, dalle guardie venatorie. Non vedo perché un privato cittadino debba andare in giro liberamente a sparare.
Giusi ma non ti sembra che lo squilibrio tra le parti sia assurdo ed esagerato? Da una parte c’è chi imbraccia un fucile magari telescopio e spara e dall’altra un animale indifeso che non ha modo di scamparla. Non è sport, è una vigliaccata.
Giusi: io riguardo sia la caccia sia la pesca la vedo diversamente da te. E’ un’attività che non mi disturba e che trovo particolarmente maschile. E non mi dispiace che esista ancora qualcosa di tipicamente maschile, come la caccia o il fumare un sigaro. Lo so che perderò un bel po’ di followers, ma io sono sincera e la vedo così.
Fulvio: non possiamo però paragonare in toto la pesca alla caccia, in particolare la pesca subacquea, quella che si pratica esclusivamente in apnea. Da ragazzo l’ho fatta, sulle orme di mio padre, ed ha regole d’ingaggio diverse. Sotto la superficie del mare io ho al massimo quindici secondi, tolta la fase di discesa e risalita, sono fuori dal mio ambiente naturale, in una posizione precaria e di svantaggio rispetto alla mia potenziale preda. Non è paragonabile con chi si apposta con un fucile di precisione in una posizione di vantaggio iperbolica. Comunque sono contrario alla caccia ed alla pesca sportiva, anche se riconosco che si tratta di una scelta personale di ciascuno.
Fulvio, domanda dedicata all’esperto, all’amatore ed al tifoso. Il “sarrismo” esiste davvero? Nel bilancio tra il bene fatto alla squadra ed il danno prodotto andandosene, per il Napoli il grande Maurizio è stato una manna o una sciagura?
Una manna, assolutamente. Si è trattato di un’esperienza bellissima, da ricordare e da vivere. E’ mancata la ciliegina sulla torta? Eh si, è mancata. Il sarrismo comunque esiste e rappresenta la concezione di un calcio bello e godibile; una estrema evoluzione del sacchismo. Sarri ha veramente regalato emozioni speciali, poi una bella mattina ha deciso di non restare più a Napoli. Non c’è nulla di scandaloso, ha ricevuto offerte e proposte di contratto da ogni dove, ed alla fine è stato sostituito da un altro grandissimo allenatore, Carlo Ancelotti.
Mi fanno un po’ ridere quelli che non riescono a staccarsi da questa esperienza; si va avanti. E’ mancata la ciliegina. A tal proposito, a costo di prendermi rampogne ed insulti, ribadisco che a mio avviso non abbiamo perso lo scudetto per colpa dell’arbitro Orsato, e che se una squadra sostiene di avere perso in albergo lo scudetto, l’allenatore in questo frangente è mancato.
Giusi, tu naturalmente conosci perfettamente l’arbitro Orsato e tutti i retroscena di cui parla il tifoso Giuliani?
Ma certo, ho vissuto da vicino il dramma di Fulvio!! Mio malgrado, so tutto. Vero vero, tutto vero.
Io penso che un politico (per dirsi davvero un politico) debba credere fermamente ed intimamente in ciò che dice, anche alle cose meno plausibili. FG
Davanti a voi hanno inforcato le cuffie tutti i leader politici italiani; affermati, in ascesa, in declino. Dal Cavaliere a Renzi, da Di Maio a Salvini e compagnia cantante. Vi riconosco il grande merito di essere stati sempre perfettamente equilibrati ed equidistanti, riservando a ciascuno di loro il beneficio di un’intervista corretta e sincera. Avete mai provato la sgradevole sensazione di trovarvi davanti ad un bugiardo seriale e come avete convinto voi stessi a mantenere ben salda la vostra deontologia professionale?
Giusi: Quando mi trovo dinanzi ad un politico io so perfettamente che le sue risposte saranno di due tipi. Modalità uno, risposte sincere che corrispondono al suo pensiero. Modalità due, risposte date ad arte per fare giungere un preciso messaggio ai suoi elettori. In entrambi i casi non mi sento offesa e tantomeno presa in giro. Io faccio il mio mestiere, ovvero porgo delle domande che potrebbero fare anche i suoi elettori e domande di tipo più personale. Io porgo domande limpide e se qualcuno sceglie di rispondere mentendo, il problema è solo suo.
Fulvio: io penso che un politico (per dirsi davvero un politico) debba credere fermamente ed intimamente in ciò che dice, anche alle cose meno plausibili. Altrimenti non è un buon politico. Ciascuno con le proprie caratteristiche, i politici sono tutti oratori e propagandisti. Tra i nomi che tu hai citato nessuno lucidamente riterrebbe di essere un mentitore. Perché a ciò che dicono, loro stessi credono.
Ti porto un esempio. Berlusconi disse di essere stato lui a chiudere la guerra fredda. Lo disse convintamente. Io mi permisi, educatamente e rispettosamente, di sorridere. Lui è convinto di averlo fatto davvero, facendo stringere la mano, a Pratica di Mare, a Putin ed a Bush. E anche quando gli si fa notare che la Guerra Fredda, il muro di Berlino eccetera sono una storia un po’ più complessa, e che Pratica di Mare è stato solo un passaggio di una storia più articolata e non la fine della Guerra Fredda, lui ti dice che non è così.
Renzi credeva fermamente di poter cambiare questo Paese in due anni. Non lo diceva così tanto per dire. Ci credeva e non nutriva alcun dubbio.
Di Maio è fermamente convinto che dando 780 euro a chi non lavora si creeranno nuovi posti di lavoro. Poi esiste la realtà, che è fastidiosa ma onesta. E la realtà conferma o smentisce le dichiarazioni dei politici. Il giornalista può ovviamente proporre delle obiezioni, ma non capisco perché invece, sempre più spesso, debba costituire nel dibattito con il politico il controcanto.
Un dibattito si fa tra due politici, non si fa tra un politico ed un giornalista. Il giornalista fa notare, ribatte, rintuzza ma non è il soggetto incaricato a fare opposizione. Oggi invece siamo abituati (in particolare in televisione) ad un presenzialismo eccessivo di alcuni volti, volti che il telespettatore poi tende ad identificare politicamente.
Allora faccio io adesso una domanda. In queste trasmissioni escono mai delle notizie?
Alla batteria Giovanni Perria. Alla chitarra acustica solista Giusi Legrenzi. Basso elettrico e contrabbasso Roger Waters. Tastiera Giovanni Allevi. Voce solista Anita Baker. Cosa ci fate sentire?
No, aspetta. Facciamo un cambio al volo. So che hai visto una foto in cui suonavo la chitarra ma io adesso faccio spostare Giovanni Allevi e mi siedo al pianoforte; sono diplomata al Conservatorio in pianoforte, la chitarra non la so suonare. Dunque cosa possiamo farti sentire? Ti propongo qualcosa di molto corale, quindi affianchiamo alla nostra formazione un bel gruppo gospel. Un gruppo non italiano, qualcosa che ricordi Nina Simone, un gruppo che ci prepari una bella base. Non cerco nel passato perché sono molto contemporanea. Quindi suoniamo Hozier -Nina Cried Power – una canzone dedicata proprio a Nina Simone ed a tutti coloro che hanno cantato per la libertà. Io penso che Hozier sia straordinario, un chilometro sopra tutto quanto possiamo mandare in onda, e quindi Giusi & Band …Nina Cried Power.
Siamo il Paese dei campanili. Questo non ci rende sempre dei fessacchiotti ma evidenzia la nostra tendenza a curare sempre e solo il nostro orticello.
Malagò, Sala, Appendino e Ghedina (sindaco di Cortina). Eravamo in pole position per ottenere le Olimpiadi invernali del 2026. Ma tra risse e baruffe da primi della classe riusciremo a regalarle a Stoccolma. Ma noi italiani siamo sempre i più fessacchiotti del reame?
Fulvio: Penso che Malagò sia un grandissimo manager sportivo, ma questa storia della candidatura tricefala era una sciocchezza. Non stava in piedi. Poi magari sarò smentito ed allora sarò il primo a gioire perché sia io sia Giusi adoriamo l’ambiente olimpico. Eravamo a Torino per le Olimpiadi del 2006, le abbiamo vissute da dentro ed è stato fantastico.
La candidatura a tre non stava in piedi perché voleva per forza inglobare anche chi nelle Olimpiadi non trovava alcun interesse. Se Milano e Cortina ci credono e se Regione Lombardia e Regione Veneto sono pronte a fare la loro parte, queste Olimpiadi si possono fare. A Los Angeles 1984 abbiamo già visto una sorta di Olimpiade privata e tutto ha funzionato. Certo è necessario mettere a capo di questa avventura gente capace, altrimenti facciamo nuovamente una figuraccia internazionale come quella fatta per Roma 2024 che era una candidatura già vinta.
Giusi: come vedi, Giuliani ti risponde in primis dal punto di vista sportivo. Ma la tua domanda includeva anche un “ma noi italiani siamo sempre così fessacchiotti?” Siamo il Paese dei campanili. Questo non ci rende sempre dei fessacchiotti ma evidenzia la nostra tendenza a curare sempre e solo il nostro orticello. Guardiamo con attenzione ciò che accade vicino ai nostri piedi ma fatichiamo molto a guardare oltre la siepe. Si, un po’ fessacchiotti lo siamo davvero.
In diverse occasioni avete realizzato interessanti sinergie con i responsabili della comunicazione del Vaticano, portando i vostri microfoni e le vostre telecamere all’interno delle Mura Leonine. Oggi la Chiesa cattolica vive un momento delicatissimo. Il dramma della pedofilia la scuote sino alle fondamenta, papa Francesco è considerato da alcuni troppo rivoluzionario e la sua leadership non è assoluta, una certa mondanità della Curia ( il card. Bertone ed il suo attico rimangono indimenticabili) allontana la gente dalla Chiesa cattolica. Io vedo nubi scure all’orizzonte. Voi?
Giusi: Io per niente. Credo che i comportamenti di papa Francesco possano solo avvicinare e non allontanare. Credo che chi si sta allontanando, dentro la Chiesa, faccia parte di una minoranza che papa Francesco sta combattendo.
Fulvio: io parlo da osservatore non credente. Credo che la Chiesa abbia avuto una certa difficoltà nel rapportarsi con i fedeli. Penso che papa Francesco sia una benedizione per la Chiesa stessa e che abbia trovato il modo per parlare anche con coloro che le indicazioni della Chiesa non le ascoltavano più.
Il Vaticano, non lo scopriamo oggi, è anche un centro di potere, anche un covo di pressioni ed equilibri. Da non credente sono fiducioso nel lavoro di questo papa, che mi sembra straordinario.
Insieme: Da ciò che abbiamo visto nelle nostre visite (ma noi non partecipiamo alla vita del Vaticano) abbiamo capito comunque che persone con idee innovative possono fare bene, ed ottenere risultati anche in uno dei luoghi più apparentemente immutabili della Terra. Persone come ad esempio don Dario Viganò.
Aggiungiamo però che il papa andrebbe ascoltato sempre e non solo quando ci fa comodo. Quando parla dei divorziati è facile applaudire, ma quando parla dei migranti gli stessi applausi non si sentono. Crediamo comunque che il papa se ne faccia, serenamente, una ragione.
Giusi e Fulvio escono dagli studi della radio ed incontrano vicino alla propria macchina un ragazzo dalla pelle scura, decisamente malvestito e non proprio in carne. Gli offrono d’istinto un panino ed un caffè oppure gli chiedono prima l’esibizione del permesso di soggiorno? Ovviamente si tratta di una provocazione.
Giusi: non gli chiedo proprio nulla. Anzi si; gli chiedo “hai bisogno di qualcosa?” La mia relazione è forse provinciale, ma assolutamente diretta e limpida. Non giro intorno al problema. “Ti serve qualcosa?” Lo chiederei ad uno straniero, ad un italiano, ad un migrante, a te… ”Mi vuoi scassinare la macchina? Hai fame? Dai forza, dimmi di cosa hai bisogno!” Del colore della pelle e delle apparenze me ne frego altamente.
Fulvio: non so come reagirei, in certe situazioni bisogna proprio trovarsi per testare le proprie reazioni. Tutti noi quando passiamo per il centro di Milano vediamo homeless, italianissimi, bianchissimi, dimostrando assoluta indifferenza, io per primo. Samaritani qui non ne vedo.
Purtroppo stupidamente ci si divide tra buonisti e cattivisti: si sente spesso ripetere la litania accogliamo – accogliamo – accogliamo e subito dopo scacciamo – scacciamo – scacciamo ( ed anche peggio). Dove ci porta un atteggiamento sociale di questo genere? Da nessuna parte.
Siamo un Paese che non fa più figli (dramma epocale) e siamo un Paese che ha bisogno di manodopera qualificata e non qualificata per sostenere il nostro modello di vita. Che ci piaccia o meno; basterebbe pensare a come noi non assistiamo direttamente i nostri anziani, e deleghiamo questo compito a collaboratori il più delle volte stranieri. Questo significa fare arrivare i clandestini? NO. Questo significa bloccare il flusso degli immigrati? NO. Personalmente vorrei vedere molti ragazzi provenienti da lontano, ad esempio dal Far East, studiare nelle nostre università. Vorrei vedere molte più scene che, ad esempio nell’universo anglosassone, sono normali, mentre da noi si contano sulla punta delle dita e rappresentano delle limitatissime eccellenze. Dobbiamo avere il coraggio di fare i conti con la realtà, ma ormai abbiamo ridotto tutto a sterili diatribe ideologiche, e tutto diventa complicato e quasi impossibile.
Io sono profondamente bresciana e sono profondamente provinciale.
Giusi, cosa manca ad una ragazza di Brescia che lavora a Milano per diventare una “milanese imbruttita” doc?
Manca tutto. Per diventare una milanese imbruttita, per fortuna manca tutto; per diventare una milanese empatica non manca nulla. Ma la bresciana con cui tu stai parlando non ha assolutamente alcuna intenzione di diventare milanese, imbruttita o non imbruttita che sia. Io sono profondamente bresciana e sono profondamente provinciale. Il mio snobismo fa parte del mio essere provinciale; questa è una mia lettura personalissima, il vero snob, quello più costruito, è un gran provincialone. Potrebbe essere un bravo cittadino, ma il suo snobismo gli impedisce di diventarlo.
Sai cosa ti dico Claudio… il provinciale, il paesano, la Franciacorta, il lago, Brescia, Milano, mi sembrano cose vecchie, veramente vecchie. Oggi è tutto talmente fluido che tutto questo ha un profumo di vecchio, di trascorso, di passato. A guardare bene ormai non trovo più nemmeno che esistano queste contrapposizioni.
Ma se proprio volete fare di me una milanese imbruttita… tenete presente che mi manca anche un bell’appartamento, un attico a Milano… che mi aiuterebbe a non fare tutti giorni 77 km per venire alle 4,30 del mattino a Milano da Brescia e 77 km per tornare indietro in giornata.
Fulvio Giuliani, caporedattore di RTL 102.5, già conduttore televisivo, ci spiegherà ora, in sintesi estrema, le differenze che esistono in Italia tra la radio, la televisione e la radiovisione.
Su questo tema ci scrivono le tesi, ma io sarò breve. La radio si è molto evoluta. Giusi mi darà ragione, in quanto anche lei ha avuto modo di viverla quando era poco più che amatoriale. Oggi una radio è prima di tutto un’azienda. Ed è un gran bene, perché la crescita è gestita razionalmente e più si cresce meglio stiamo tutti. Rimane comunque un’azienda molto speciale, perché per fortuna la radio ha mantenuto una forte dose di spontaneità, che nasce in primis dalla professionalità dei propri operatori.
Certo anche in televisione ci sono ottimi operatori, ma forse l’inscatolamento tipico della tv ha portato ad un impoverimento della vena creativa. Tutti ad aspettare che Fiorello ci regali qualcosa! L’ultimo rivoluzionario della televisione è stato Renzo Arbore, un genio che non fa più televisione da lustri.
La radiovisione è stata un’intuizione di Lorenzo Suraci, uomo intuitivo e geniale. Ne ha avute alcune fenomenali; l’isofrequenza 102.5 in tutta Italia ad esempio e poi la decisione di mandare in onda solo pubblicità nazionali. Fu una scelta che proiettò RTL in una dimensione che nessuna altra emittente nazionale possedeva. La radiovisione ha rappresentato un ulteriore vantaggio competitivo per RTL. La radio aveva già provato a scimmiottare la televisione, con esiti a dir poco disastrosi. Lui ha semplicemente messo delle telecamere in uno studio radiofonico. Stop. Poi nel tempo tutto si è evoluto, ma l’idea primigenia è stata questa. L’inizio è stato divertente ed un pochino naif, ma poi l’intuizione si è trasformata in un grande successo. La radiovisione non ha snaturato la radio; ad esempio non sono sparite le cuffie (anche se le mie colleghe prediligono i più eleganti auricolari) e non è sparito il microfono, il grande e voluminoso microfono icona della radio. Elementi che danno la plastica dimostrazione che, anche se ripresi in video, noi stiamo facendo la radio.
Siamo un gruppo coeso che è partito insieme da lontano ed ancora oggi è qui, unito.
Giusi, RTL 102.5 è il network nazionale più seguito nel nostro Paese ed ha superato sia la concorrenza privata sia il cosiddetto servizio pubblico. Come ci siete riusciti?
Prima di tutto grazie alle intuizioni di Lorenzo Suraci e grazie allo spirito che lui ha trasmesso a noi tutti. RTL è una famiglia, la sua famiglia che lui vive tutti i giorni, la nostra famiglia. Una grande famiglia dove ci si confronta, ci si aiuta, si discute e talvolta si litiga. Poi grazie alla sua ossessiva attenzione al prodotto, alla qualità della nostra offerta. Pur lasciandoci una libertà assoluta, Lorenzo non perde d’occhio nulla e sul tecnicismo delle trasmissioni è chirurgico. Non entra nel merito dei contenuti, però la sua radio nel complesso e nel dettaglio, deve suonare in un certo modo. Nel modo che lui ha pensato, voluto e realizzato. La sua radio la ascolta continuamente, dall’alba al tramonto; è una persona non replicabile.
Conosciamo molti colleghi che fanno il nostro mestiere in altre realtà, il mondo radio lo conosciamo. Pertanto possiamo dire senza tema di smentite che non ci sono in giro editori che hanno una passione così profonda come quella che vive Lorenzo Suraci. Passione che ha anche la capacità di trasferire ai suoi collaboratori.
Siete proprio innamorati del vostro editore…
Insieme: non siamo innamorati, ma gli riconosciamo grandi capacità e gli dobbiamo molto. Ci ha consentito di fare mille esperienze, ha avuto il coraggio di farcele fare come volevamo noi, e ci ha anche permesso di sbagliare. Ci siamo sempre confrontati apertamente ed il suo pensiero lo abbiamo sempre ascoltato con attenzione, e lui ci ha consentito di lavorare come avremmo voluto.
Pensa a quando intervistiamo personaggi di primo piano; siamo in tre a farlo simultaneamente, tre persone diverse con diverse personalità, non è una cosa così scontata averci dato il via libera. Abbiamo fatto cronache sportive, siamo stati in Vaticano… ci ha consentito di metterci alla prova giorno per giorno. Suraci ha anche la caratteristica di non mollare mai, quando si innamora di un progetto non lo abbandona mai e porta sempre a casa il risultato. Un’altra caratteristica fondante della nostra emittente è che siamo un gruppo coeso che è partito insieme da lontano ed ancora oggi è qui, unito. Ci sono almeno una trentina di persone che sono qui da sempre; Giusi, il direttore dei programmi Baiguini, il direttore Tornari, speakers, tecnici.
Preferite maggiormente la definizione “diritto di cronaca” oppure “dovere di cronaca”?
Giusi: dovere. E’ fondamentale nel nostro lavoro, ed è anche molto radiofonico.
Fulvio: concordo con Giusi. Dovere. Anche il diritto ha il suo peso; fatemi fare le cose ed io le farò. Comunque il dovere, rappresenta l’etica del nostro lavoro.
Bene, grazie per la disponibilità. Buon lavoro e buona vita e Che la Forza sia con Voi! (dedicato a FG).