Come si costruisce una grande squadra? Si prende un grande portiere e gli si mette davanti una difesa solida. Si trova un finalizzatore di qualità e gli si dà fiducia. In panchina bisogna far sedere un allenatore esperto, meglio se carismatico. Ci si appoggia ad una società finanziariamente a posto e ad un pubblico convinto che spinge. Un pizzico di fortuna, si shakera tutto insieme, si accompagna con un’oliva salentina e si beve a temperatura ambiente.
Un cocktail così a Milano non lo beviamo da tanti anni. Abbiamo gustato un paio di spumantini sciappi sciappi e niente più. Mentre a Torino si trinca alla fine di quasi ogni partita con Barolo Mascarello del 2006. Buon per loro.
Forse qualcosa sta cambiando sulla sponda neroazzurra del Naviglio (non si può avere tutto dalla vita, noi diavoli abbiamo ancora tanta strada da fare e quintali di tacchetti da consumare…).
Ieri sera ho assistito a Inter – Lazio, partita terminata con la vittoria di misura della squadra allenata da Antonio Conte.
Primo e secondo anello sold out, terzo anello aperto solo per le centinaia di tifosi della Lazio arrivati a Milano. 56.175 spettatori, un ottimo colpo d’occhio.
Non vi proporrò la cronaca dell’incontro, che si può facilmente rintracciare sui principali giornali sportivi e sui siti che parlano in esclusiva del mondo Inter. Preferisco invece fare qualche breve riflessione riguardo a coloro che ieri sera mi hanno maggiormente impressionato.
Samir Handanovič. 300 partite in maglia a strisce nere e azzurre. 35 anni sul passaporto, 25 per reattività e preparazione fisica sul campo. Sloveno, 193 centimetri ed una novantina di chili di peso. Un leader carismatico ed attento.
Non si atteggia alla Spiderman ma si impone grazie ad un carisma silenzioso. Iconico. Ieri sera ha regalato alla platea tre interventi da Hall of Fame; due dei tre punti conquistati dall’Inter sono suoi. Sempre decisivo, senza di lui l’Inter non sarebbe in vetta alla classifica.
Antonio Conte. Qualcuno dovrebbe dirgli che se mai dovesse rimanere all’interno della sua area tecnica non succederebbe niente di catastrofico al pianeta Terra. La guarda (per essere certo di non sostarvi troppo) e poi la abbandona sistematicamente.
Mai silente, osserva tutto, chiama tutto e tutti. Il pubblico dell’Inter lo adora; dopo l’addio di Mourihno si sono succeduti sulla panchina neroazzurra una decina di tecnici e Conte è il primo che riesce a convincere, eccitare, far sognare le truppe del Biscione. Si percepisce a pelle, non serve fare sondaggi, dopo lo Special One lui è considerato il Predestinato. Questo mette sulle sue spalle una gerla pesantissima, colma di aspettative. Dicono che sia un uomo dalla schiena forte, se la caverà.
Ieri sera in Sala Stampa ha detto che “alla distanza abbiamo gestito con personalità la gara. Sta emergendo il lavoro che facciamo in settimana, cinque vittorie consecutive non sono un caso, sono figlie anche della giusta mentalità.”. Certo, la giusta mentalità: la sua.
PS: è il primo allenatore della storia dell’Inter a vincere tutte le prime cinque gare di campionato nella stagione di esordio.
Romelu Lukaku. Fisicamente è un atleta imponente. 190 centimetri e 95 chili di muscoli. Non è che in serie A non ci siano altri giocatori altrettanto forti e nerboruti, però lui ha una dote in più. Lui – pur giocando sempre in modo corretto – mette in soggezione i marcatori avversari. Marcare chi ti intimorisce a prescindere non è semplice.
Ieri sera è stato sostituito ed è uscito dal terreno di gioco dalla parte di campo opposta alle panchine, su indicazione dell’arbitro che voleva abbreviare i tempi morti del cambio di giocatore. Così facendo è dovuto passare a passo d’uomo davanti a due terzi dello stadio. Ha impiegato un minuto, forse un minuto e mezzo, per raggiungere la panchina ed in quel breve spazio di tempo nessuno ha più guardato la partita, guardavano ed applaudivano solo lui.
Evidentemente non è abituato a risparmiarsi perché si propone molto spesso in galoppate solitarie in avanti, aspettandosi di venire sempre servito sulla corsa. E quando ciò non accade brontola e gestiscola tutto il suo disappunto nei confronti dei compagni di squadra.
Romelu keep calm che lo spogliatoio dell’Inter è un tantino permaloso…
Ha segnato nel derby (sigh!) e non esiste miglior cerimonia di battesimo. Icardi Ciaone!
La difesa. Molti allenatori in Italia sono persuasi che per vincere il nostro Campionato sia indispensabile avere una difesa fortissima. E non stiamo parlando solo di tecnici di stirpe italica, ma anche di illustri tecnici stranieri che si sono messi alla prova nella nostra serie A.
Una testata francese nel 2016 stilò una classifica degli allenatori a suo dire più difensivistinella recente storia calcistica europea, e mise sul gradino più alto del podio lo Special One; non dimentichiamoci che dobbiamo al portoghese la metafora giornalistica “parcheggiare il bus davanti alla porta” usata in abbondanza per descrivere la sua filosofia di gioco.
In cinque incontri di campionato la difesa neroazzurra è stata perforata solamente una volta. Niente male. All’Inter, primo non prenderle.
Il pubblico.
Un po’ troppo colorato con le tinte sbagliate per i miei gusti, ma un grande pubblico. Chapeau. Gli abbonati dell’Inter (una quota abbonati enorme, oltre 40.000 che è la soglia massima possibile) hanno percepito che in questa stagione potranno osare. Un bel tifo caldo, sostanzialmente corretto, piacevole da ascoltare anche per chi non tifa Inter.
Un discorso a parte dovremmo farlo riguardo gli ultras di entrambe le formazioni. Evidentemente gemellate, le due curve hanno in più riprese inneggiato a Diabolik, Fabrizio Piscitelli, il leader degli Irriducibili laziali giustiziato dalla malavita a Roma il 7 agosto di quest’anno. Che in alcune delle tifoserie organizzate esistano infiltrazioni e connivenze malavitose sembra ormai appurato: il caso Juventus è emblematico.
Dovremmo approfondire la logica che porta il mondo ultras a considerarsi un mondo a se, un mondo chiuso che vive con regole e logiche proprie, avulse da quelle che sono condivise nella vita di tutti i giorni dai normali cittadini. Non in questo scritto; qui parliamo solo di sport, di calcio, del tifo di un pubblico composto da uomini, donne e bambini e non da ultras.
“Immobile in panchina? Era un piano tattico a cui avevo pensato”
La Lazio.
Alla consegna delle formazioni ufficiali è saltata all’occhio immediatamente l’assenza nell’undici di partenza di Ciro Immobile. L’attaccante laziale era stato sostituito nel precedente turno di campionato ed aveva protestato con una certa veemenza. Inzaghi aveva subito tranquillizzato l’ambiente assicurando che tutto era stato ricomposto e che Immobile sarebbe stato schierato tra i titolari a Milano. Ma quando mai…
“Immobile in panchina? Era un piano tattico a cui avevo pensato. Avrei ancora lasciato Caicedo ma aveva un indolenzimento. Ciro è entrato molto bene in campo, si è battuto, domenica giocherà dall’inizio. Tutti quanti hanno fatto una buona gara. Non ho nessun problema con lui, è un grandissimo trascinatore e lo sarà per tutta la stagione”. Argutissimo stratega o candidato al Pinocchio d’Oro 2020?
La Lazio è una squadra discreta che può tranquillamente giocarsi una posizione Champions. Ha un buon portiere (ieri sera Strakosha ha fatto un intervento da urlo ed un’altra ottima parata) ed una rosa di livello. Probabilmente se non avesse trovato sulla sua strada Handanovic non sarebbe tornata a casa a mani vuote.
Sul gol subito ha pagato l’inesperienza di un giovane Jony; è un ragazzo di prospettiva ma ieri sera tenerlo in campo 90 minuti è stato un errore. Non li ha ancora, sia nelle gambe sia nella testa. Le sostituzioni di Milinkovic e Caicedo rimangono per il sottoscritto un piccolo mistero irrisolto. Da Correa mi aspettavo qualcosa in più, Bastos mi ha convinto, ha una bella tempra da spartano. Verranno tempi migliori, sperando che il mister Inzaghi li sappia interpretare.
Inter capolista. Non è che a tutta Milano la cosa faccia un gran piacere, comunque ci sta. Lotta a tre Juve, Napoli ed Inter per lo scudetto… speriamo che il Milan sappia conquistare e difendere con i denti almeno la quarta piazza, che è alla portata di diverse formazioni. Chi vivrà, vedrà.
Il tabellino.
INTER (3-5-2): Handanovic; Godìn, De Vrij, Skriniar; D’Ambrosio, Barella, Brozovic, Vecino (57′ Sensi), Biraghi; Politano (77′ L.Martinez), R.Lukaku (83′ Sanchez). A disposizione: Asamoah, Bastoni, Candreva, Dimarco, Gagliardini, Lazaro, Padelli, Ranocchia, Valero. Allenatore: Conte.
LAZIO (3-5-2): Strakosha; Luiz Felipe, Acerbi, Bastos; Lazzari, Milinkovic (73′ Berisha), Parolo, Luis Alberto (66′ Leiva), Jony; Caicedo (53′ Immobile), Correa. A disposizione: Adekanye, Cataldi, Guerrieri, J.Lukaku, Lulic, Marusic, Patric, Proto, Vavro. Allenatore: Inzaghi.
ARBITRO: Maresca di Napoli.
MARCATORI: 23′ D’Ambrosio (I).
NOTE: Ammoniti D’Ambrosio, L.Martinez (I); Luis Alberto, Bastos, Parolo (L). Recupero 2’pt – 5’st. Calci d’angolo 3-6