Identità, progettazione e dialogo

Identità, progettazione e dialogo

C’era una volta la “pro loco”…

Esistono ancora, in tutta Italia, ma sempre più spesso vengono sostituite da figure professionali terze che sono specializzate nella promozione turistica del territorio. 

La prima pro loco (dal latino, letteralmente «a favore del luogo») nacque a Pieve Tesino (Trentino Alto Adige) nel 1881, ai tempi dell’Impero Austro-Ungarico.

Oggi sopravvivono nei comuni più piccoli, sostituite sistematicamente dagli Enti di Promozione Turistica (regionali, provinciali e comunali) e da figure professionali terze specializzate nella gestione dell’immagine turistica globale dei territori e delle Amministrazioni.

I Destination Managers.

Alex Kornfeind, Destination Manager e Strategy Marketer.

Ex Digital Ambassador Bit per Fiera Milano SpA e curatore per due edizioni dell’Area BeTech, è docente presso l’Università di Siena in Arezzo e presso MIB School of Management di Trieste. Vanta un Master in Management dell’eBusiness del Politecnico di Milano.

Giornalista pubblicista dal 1985 cura una rubrica sull’e- tourism per Key4Biz. Autore di numerose pubblicazioni, Kornfeind è iscritto alla Federazione Ciclistica Italiana come Istruttore e Guida cicloturistica sportiva.

Allievo di Dario Mangiarotti, in passato è stato due volte campione italiano 3/4 cat. (individuale ed a squadre) di scherma. E’ considerato uno dei migliori Destination Manager italiani, e con lui abbiamo cercato di gettare qualche luce su questa nuova professione.

Che lavoro è quello del Destination Manager?

Per prima cosa è necessario precisare che il turismo non è uno spot pubblicitario ma è un’economia reale che redistribuisce ricchezza.

Quello del Destination Manager è un lavoro che richiede numerose e precise competenze, competenze che devono essere messe a disposizione di tutti i protagonisti del turismo di un territorio. Il DM deve intercettare il turismo che conta, ovvero il turismo che maggiormente è in sintonia con il territorio.

Il moderno marketing turistico non è un semplice collage di tattiche e strategie; è il minuzioso lavoro che unisce i puntini del territorio, rappresenta gli stakeholders e crea opportunità e sbocchi commerciali.

Il Destination Manager deve avere la sensibilità necessaria per captare i gusti ed i desiderata dei turisti, ben sapendo che questi mutano e cambiano con grande rapidità. Per essere attrattivi non basta più gonfiare l’offerta, o giocare il carico da briscola delle sole opere d’arte possedute. Il successo di una campagna di marketing turistico richiede una miscelazione molto più fine delle peculiarità del territorio.

Ci si mette a tavolino e si inizia a disegnare il progetto…

Assolutamente no. La prima cosa da fare è comportarsi come fa l’allenatore di una squadra di calcio. Come fanno i mister della panchina, si prende la valigia e ci si trasferisce sul territorio che sarà oggetto del proprio lavoro futuro. I territori non si possono solo analizzare asetticamente al computer, vanno visitati, attraversati, metabolizzati.

Però un’analisi tecnica andrà fatta, non basta solo girare per spiagge, trattorie e musei…

Certo, quella del DM è una professione che impatta fortemente sulla strategia comunicativa e sul marketing, pertanto non si può improvvisare.

Cosa fa in pratica un DM? Attiva in modo più consapevole i canali di promozione, seleziona i mercati più opportuni, individua cluster e target specifici, pianifica insieme alla Pubblica Amministrazione ed alle associazioni e lega tra di loro gli interessi di tutte le componenti della filiera turistica locale.

Il Destination Manager è un’analista, un progettista ed anche una sorta di PR del territorio ed il suo scopo è quello di elevarne la reputazione.

Che cosa serve ad un Comune oppure ad una destinazione per affermarsi nel XXI secolo?

Identità e stretta di mano, progettazione e dialogo. Serve una progettazione (anche urbana) che guardi lontano, servono le competenze e l’esperienza delle persone, delle aziende, delle associazioni che vivono e partecipano la destinazione. In sintesi, serve una politica vincente.

Quali sono i pilastri di questa politica?

Formazione, Informazione e Promozione: senza queste azioni coordinate il turismo non decolla.

Il DM è un po’ come il regista di uno spettacolo teatrale. Deve formare tutti gli attori, in modo che ciascuno conosca alla perfezione il proprio ruolo ed il proprio copione e deve rendere armonico il recitativo. Nell’accoglienza turistica non si improvvisa e non è strategico che ogni attore reciti a soggetto.

L’informazione deve essere precisa ed affidabile; in ogni istante il residente, l’operatore turistico, l’amministratore, l’ospite devono sapere dove attingere le informazioni che possono servire per un soggiorno gratificante. La comunicazione deve avere una lingua comune ed una concordanza di contenuti inattaccabile.

La Promozione deve essere mirata. Non è redditizio promuovere tutto e tutti a tappeto, vanno identificati i centri di interesse primari e su di questi bisogna lavorare con la massima professionalità.

Spesso si tende a gettare nel calderone dell’offerta turistica anche iniziative che stanno in piedi per miracolo; questo non significa fare il bene della località, significa disperdere denari, tempo e lavoro su campagne con un ritorno quantomeno incerto degli investimenti. Più che investire, si spreca.

Analisi, progettualità e sviluppo della strategia richiedono tempo e passione; non basta la buona volontà degli operatori locali, serve una professionalità specifica per armonizzare il miglior sviluppo delle aree della destinazione.

Si deve operare con una modalità di fruizione raffinata per elevare il valore della competitività; non basta più essere simili ai tanti che promuovono solo Cultura e Storia, oppure Rafting e Cicloturismo o sagre paesane. Bisogna fare leva sul processo identitario del territorio, individuare i punti di forza dell’offerta, formare, promuovere, investire.

Le Amministrazioni pubbliche sono già entrate in sintonia con il Turismo del XXI secolo?

Capita spesso che i Comuni ragionino per punti e non per linee strategiche, puntando alla promozione di un singolo evento o di più eventi affrontati però uno alla volta. Il DM deve invece impostare una strategia globale, articolata per punti ma resa omogenea da una visione ampia e globale. Prima si progetta il tutto, e poi si inizia a costruire.

Un buon Destination Manager non ha solo come mission il promuovere una migliore ergonomia e presenza sui mercati ritenuti più opportuni; deve anche saper proporre nuove forme di “municipalismo”. Non è semplice disegnare insieme alle Amministrazioni il profilo di una nuova generazione turistica, urbana ed extraurbana, e nel medesimo tempo offrire al turista una proposta attraente.

Il turista va attratto, accolto, consigliato e messo in condizione di ottenere da tutti gli operatori (pubblici e privati) un’assistenza a 360 gradi. Ma per giungere ad un traguardo di questo tipo prima va creata una visione comune e bisogna essere certi che ogni operatore l’abbia condivisa ed assimilata. Solo allora ci si può rivolgere al turista per dire, all’unisono, noi siamo qui…

La bellezza del territorio deve essere il leitmotiv della narrazione.

La bellezza del territorio deve essere il leitmotiv della narrazione. Lo storytelling di molte località viene ormai percepito più come uno “storyselling” di stampo commerciale che come un invito ad una esperienza speciale, da vivere al di fuori del proprio ambiente di vita consueto.

Il flusso libero del turismo, quello che viene definito “turismo giornaliero”, può rappresentare un vantaggio per il contesto socio-economico di una zona, a condizione però che venga indirizzato nel modo migliore con la “segnaletica opportuna”.

Molto spesso invece questo turismo giornaliero viene visto come un nemico da parte dei tour operators, specializzati invece nell’accompagnamento di un turismo più stanziale, costituito da clienti che si fermano in loco per più giorni.

Sono mercati differenti ed un DM deve essere in grado di armonizzare tutte le fasce della clientela e di rendere proficuo il lavoro sia dei tour operators sia di chi vive di turismo “mordi e fuggi”. Se un comune, un distretto, una zona hanno la fortuna di avere delle attrazioni importanti da proporre, queste devono essere rese disponibili sia al turista che ne può beneficiare per una settimana sia al turista che si alza al mattino e torna a casa la sera.

Ovviamente le strade per portano a Roma dovranno essere differenti e compete al DM disegnarle insieme alle Amministrazioni; il turista – qualunque turista – deve tornare a casa felice, deve avere il piacere di trasmettere la propria felicità per il soggiorno appena terminato (lungo o breve che sia stato) e deve avere portato un beneficio all’operatore turistico locale. Non è semplice, per costruire il sistema, serve esperienza, intuito, conoscenza del luogo e mentalità damanager.

DM è una professione che non si può improvvisare, improvvisando si corre il rischio di fare più danni che portare benefici.

l digitale, il web, la comunicazione social possono aiutare?

Lavorare per budget o cluster può essere redditizio, ma non certamente esaustivo. La promozione del territorio deve portarsi sempre appresso la filigrana di un’identità territoriale, e per identità intendo quel mix costituito dagli uomini ed alle donne che fanno la differenza: ristoratori, albergatori, negozianti e tutta la filiera dell’accoglienza in generale.

Anche l’addetto alle informazioni della stazione ferroviaria, o il gestore della prima edicola raggiungibile da un turista per comprare un quotidiano straniero, diventa un biglietto da visita della destinazione, a condizione che entrambi ne siano consapevoli. E qui torniamo ad uno dei tre pilastri fondamentali, ovvero la Formazione.

Il parametro che per tanti anni è stato adottato per capire se una località “funziona” non può essere più solo rappresentato dalla crescita in termini percentuali. Sempre più dovrà incidere la qualità dell’ospite che saremo in grado di coinvolgere (a prescindere dal turismo di riferimento).

Paradossalmente il turismo “non organizzato” avrebbe bisogno di più attenzione perché è un veicolo privilegiato di condivisione e senza dubbio rappresenta un fattore di crescita e di sviluppo economico della destinazione. La comunicazione globale aiuta; basterebbe la modernità delle nuove tecnologie, applicate a partire dai punti di informazione turistica, per dare al turista una prima una buona stretta di mano digitale.

Una riflessione finale.

Viviamo in Paradiso. L’Italia è un Paese meraviglioso. Abbiamo natura, storia, tradizione. Ci siamo mossi troppo in ordine sparso in questi anni; oggi che il turismo è rimasto una delle poche riserve auree della nostra nazione abbiamo l’obbligo, la necessità e l’opportunità di organizzare in modo compiuto più la nostra offerta. Possiamo crescere, dobbiamo crescere.

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