Aldo Morrone: “il mio appello per il Tigray”

Aldo Morrone: “il mio appello per il Tigray”

Aldo Morrone è un medico. 

Classe 1954, è stato sino a pochi mesi fa il direttore scientifico dell’Istituto San Gallicano di Roma (IRCCS) un istituto di ricovero e cura a carattere scientifico specializzato nel campo della dermatologia e venerologia. 

Infettivologo di fama mondiale, ha messo a disposizione la sua grande esperienza, maturata in ogni angolo del mondo, anche rompendo gli schemi tradizionali dell’assistenza pubblica. 

La sua storia parte da lontano e ci racconta di un’incessante opera prestata per quasi quarant’anni in aiuto di poveri, migranti, persone in difficoltà. In Italia e in tutto il mondo. Potremmo definirlo un “missionario laico”.

Attualmente il prof. Morrone è Il Direttore Scientifico dell’IISMAS (Istituto Internazionale di Scienze Mediche, Antropologiche e Sociali).

In questi giorni ha lanciato un appello che raccolgo e ripropongo molto volentieri su queste pagine.

La guerra che verrà non è la prima. 

Prima ci sono state altre guerre. 

Alla fine dell’ultima c’ erano vincitori e vinti. 

Fra i vinti la povera gente faceva la fame. 

Fra i vincitori faceva la fame la povera gente ugualmente

“La guerra che verrà” (Bertolt Brecht)


Non potevo non tornare. 

Accordato il permesso per raggiungere il Tigray, ho preso il primo volo disponibile e “sono tornato a casa.” All’aeroporto sotto la pioggia battente gli amici e colleghi mi hanno abbracciato e confuso le loro lacrime con la pioggia tropicale. Non riuscivamo a parlare, tanta era la commozione. Ero appena tornato dall’Iraq e dal Kurdistan, dopo aver fatto tappa a Lampedusa, la nostra dolorosa Ellis Island. Li avevo lasciati durante la pandemia da Covid-19. 

I medici e gli infermieri si prodigavano all’inverosimile per salvare vite umane. Ma i tamponi erano pochi e le diagnosi erano solo cliniche. 

Avevo promesso che se fosse stato messo a punto un vaccino anche loro lo avrebbero ricevuto. Non è stato così! 

Il direttore il Dr Hayelom, straordinario internista, sapeva che il suo Paese avrebbe ricevuto i vaccini, solo quando noi ne avremmo avuto a sufficienza e sarebbero stati inutili per noi. D’altronde non era e non è così anche per i farmaci salvavita? Dovremmo chiamarli “farmaci salvavita dei ricchi”. 

Mai avrei immaginato che si sarebbe scatenata una guerra fratricida atroce.  Una guerra che l’Occidente non ha mai voluto vedere.  Ignorata e oscurata dai grandi mass media mondiali che scelgono tra le varie guerre quelle che “tirano” di più, che fanno “vendere” di più.  

Non potevo non tornare.

Gebre aveva 9 anni, lo avevo visto nascere all’ospedale di Sheraro, era uno dei primi bambini nati dopo l’inaugurazione dell’ospedale il 20 febbraio 2014. Un bambino affetto da una rara malattia genetica che avevamo curato con tenerezza e tenacia. Spesso giocavamo insieme a pallone la mattina presto, prima delle lezioni a scuola. Viveva con i genitori in una capanna poco fuori Axum, un tardo pomeriggio verso il tramonto aveva sentito uno strano sibilo in cielo. Era esperto di uccelli, ma quello non lo aveva mai visto. È corso a chiamare i genitori, anche loro con gli occhi al cielo. È stato un attimo: pochi secondi e una specie di bagliore li ha folgorati. Non avevano mai visto un drone. Non sapevano della loro esistenza. 

Non potevo non tornare. 

La pioggia battente sembrava voler cancellare immagini, ricordi e sofferenze. Ma non era così. All’alba con Barnabas e i colleghi del Tigray Health Research Institute, siamo andati nei vari villaggi. Quello che ho visto mi ha dato il dolore indicibile. Avevo lasciato un paese in ricostruzione culturale e politica. Ho visto solo rovine e cimiteri 

Tra noi non parlavamo più. Solo lacrime, indignazione e rabbia profonda. Come si può bombardare una scuola, un ospedale, un centro sanitario? Uccidere insegnanti medici, infermieri, pastori, contadini, insomma civili innocenti? Forse per distruggere anche il futuro di un popolo?

In alcuni frammenti di Health Post ho visitato donne con la malaria, tra la vita e la morte. Ho cercato i farmaci: non c’erano più.

Ho visitato donne silenziose con bambini ormai scheletrici dai grandi occhi che mi guardavano spaventati e comunque con un abbozzo di sorriso. L’ultimo prima spegnersi.   

La fame che già era esplosa con l’invasione delle locuste nel 2020, poi è aumentata con ilCovid-19, ora si ingigantiva con la guerra. 

Non potevo non tornare.

Ma Dio dov’è la dignità umana? Dove sono le nazioni che si proclamano cristiane?  Che si proclamano solidali e giuste? E le Nazioni Unite? E la speranza? 

Ma ora io so cos’è davvero la guerra tra poveri. È una ferocia senza senso. Dove non c’è posto per la pietà umana. 

La pioggia continuava a cadere incessante, allagando le strade bombardate: ormai un pantano indescrivibile. Ma io continuavo a camminare inorridito lasciandomi bagnare come fosse un nuovo Diluvio Universale scatenato per punire la nostra cattiveria, la nostra inutile assurda ferocia! 

Non potevo non tornare.

Poi sono entrato nei resti di una scuola e lì una maestra mi ha svelato l’esistenza della tenerezza e dell’audacia: era nascosta sulle sue spalle e nel suo cuore. Il coraggio e la gioia di una vita miracolosa sbocciata durante la guerra, condivisa con i bambini i cui sorrisi, per un attimo, mi hanno confermato che esiste l’amore che supera ogni odio.

Non potevo non tornare. 

Ma ora non posso tornare di nuovo senza un aiuto concreto. 

Spero che possiate aiutarmi a non tornare a mani vuote. 

Come Direttore Scientifico dell’IISMAS (Istituto Internazionale di Scienze Mediche, Antropologiche e Sociali), incarico gratuito proposto e accolto con orgoglio, vi invito a indicare l’IISMAS per il 5 per 1000 (CF 97290020581) e comunque grazie per qualunque contributo possiate offrire, da un sorriso a una poesia, da una carezza a un medicinale, da una garza a un bisturi. 

Grazie davvero.

Aldo Morrone

Disponibile anche su Gli Stati Generali

Aldo Morrone: “il mio appello per il Tigray”

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