Pastorella (Azione): mi candido alla segreteria del partito

Pastorella (Azione): mi candido alla segreteria del partito

Nata a Milano nel 1986, Giulia Pastorella è stata eletta alla Camera dei Deputati nel 2022 nella circoscrizione di Milano. E’ anche consigliera comunale a Milano dal settembre 2021. 

Laureata in filosofia e lingue moderne a Oxford, ha poi studiato a Science Po e LSE dove ha anche conseguito un PhD in Affari Europei e ha insegnato come docente a contratto per tre anni. 

Nel 2016 è stata nominata da Forbes tra i trenta Under 30 più influenti in Europa nel settore Law&Policy. Prima di diventare Parlamentare è stata responsabile delle relazioni istituzionali con l’Unione Europea per alcune importanti multinazionali della tecnologia e del digitale.

E’ tra i promotori di Azione, di cui è Vicepresidente.

A novembre 2024 ha annunciato di volersi candidare alla Segreteria di Azione in occasione dell’imminente Congresso nazionale del partito.

Sono trascorsi cinque anni dalla fondazione di Azione, siamo alla vigilia di un nuovo congresso. Vorrei sapere se si tratta di un congresso ordinario o straordinario e sapere quando si apriranno i lavori.


Non è un appuntamento straordinario in quanto  è previsto dallo Statuto che il Congresso si debba tenere con una determinata periodicità, inoltre ci sono degli obblighi temporali che derivano dal fatto che Azione riceve il due per mille dell’Irpef destinabile dai contribuenti ai partiti politici. 

E’ un congresso che si terrà presumibilmente a primavera, stiamo aspettando le date. Sarà un Congresso atteso, per cui io spingevo da tempo, un momento democratico assolutamente necessario visto l’andamento dei risultati elettorali del partito.

Lei propone la sua candidatura alla segreteria come alternativa a Carlo Calenda, cosa differenzia la sua mozione congressuale da quella dell’attuale Segretario?


Intanto non è detto che l’attuale Segretario si presenterà al congresso con una sua mozione, quindi questo è un aspetto che valuteremo in futuro. Adesso possiamo evidenziare le differenze con la gestione attuale, indipendentemente dal fatto che il Segretario si ricandidi o meno.

Ritengo indispensabile ritrovare lo spirito che ha portato alla nascita di Azione. Ritrovare quello spirito significa tenere fede al posizionamento iniziale del partito che era un posizionamento liberal-democratico, aggregante e con una vocazione di governo. Negli alti e bassi delle alleanze fatte e rotte quello spirito si è un po’ spento.

Abbiamo disperso l’8% che avevamo ottenuto alle politiche e quindi il mio obiettivo è quello di ritornare a occupare con forza e con convinzione uno spazio preciso, risvegliando un elettorato che adesso ci crede poco. Dobbiamo ritrovare credibilità. 

La seconda differenza è sui temi. Io penso che abbiamo imbroccato dei temi molto giusti, ad esempio la questione del nucleare. E tutto il nostro focus sull’impresa, sulla produttività e sul lavoro in generale.  

Siamo stati invece molto ambigui su altri temi, penso in particolare ai temi del fine vita e dei diritti civili. Pur continuando a battere sui nostri cavalli di battaglia, sarà necessario essere più chiari su altri temi. Temi sui quali, per aggiustare sensibilità diverse, siamo stati invece molto ambigui.

La terza e ultima differenza riguarda la gestione dei territori. Il partito è sicuramente molto romano-centrico, un po’ per le caratteristiche del suo leader e un po’ perché tutti i partiti un po’ lo sono. 

Alcuni ambiti territoriali che si sono sviluppati rapidamente e in modo significativo (forse troppo rapidamente per essere organici a una gestione ordinata) si trovano adesso invece che in sintonia, in contrasto con Roma.
Arrivando io stessa da un territorio, Milano, che è particolarmente importante e vivo, questo fenomeno l’ho vissuto in prima persona. Credo che i territori vadano gestiti in maniera molto diversa, dando loro più autonomia e dando loro anche i mezzi per crescere. Parlo proprio di mezzi monetari, di fondi da impiegare.

Tocchiamo anche  il tema delle alleanze a livello locale. Autonomia degli organi territoriali (con il rischio di indisciplina o anarchia negli apparentamenti) oppure obbligo di benedizione romana su ogni scelta? ”Vidit Ferrer” di Roma oppure “Adelante Pedro, con giudizio, se puoi”?

Sarei per un’autonomia dei territori, con alcune condizioni però. Non dico che su ogni scelta locale debba esserci l’OK o l’imprimatur di Roma, ma per esempio è tassativo che il simbolo debba essere sempre lo stesso, sia che si sostenga la coalizione di centrosinistra sia che si supporti  quella di centrodestra.

Il problema è che non siamo mai riconoscibili. Una volta ci chiamiamo “Futura”, una volta “i Riformisti”, una volta pinco pallo. Questo è un sistema che crea confusione.

Per me l’andare con il centrosinistra o con il centrodestra non è creare confusione, ma è scegliere lo schieramento che è più adatto alla realtà del territorio, individuando il candidato migliore, colui che ha il  programma e il posizionamento migliore.

È nei dati di fatto che poi la maggior parte dei territori, in linea con la scelta di schieramento nazionale, probabilmente sceglierà il centro sinistra. Ma non è detto che lo faranno sempre tutti e quindi credo che essi debbano avere più libertà di scelta. Ovviamente nel rispetto di una narrazione che ci unisce. 

E laddove non si trovasse la quadra, perché non andare sulle liste civiche? Sono sempre una buona opzione per un partito come il nostro, ancora piccolo e in crescita.

Ho letto alcune sue dichiarazioni e mi è parso di capire che quando lei guarda al cosiddetto campo-largo, che comprende il Movimento 5 Stelle, il Partito Democratico, Alleanza Verdi e Sinistra, si sente forse un po’ a disagio. Quando guarda verso il centrodestra si sente più serena?


Mi sento altrettanto a disagio a guardare alla parte estrema del centrodestra, a guardare a Fratelli d’Italia e alla Lega in particolare. Entrambi hanno posizioni molto lontane da quelle della sottoscritta. Ricordo, non a caso, che una delle prime proposte di legge che ho depositato riguardava il matrimonio egualitario e le adozioni. 

Una delle successive è stata sulle lobby e sui conflitti di interesse. Diciamo che per una grossa parte del centrodestra questi sono due temi abbastanza intoccabili.

Potrei farle diversi altri esempi, raccontarle tante cose del conservatorismo retrogrado nazionalista. Le dico solo che io sono una super europeista e potrei parlare a lungo dei temi legati all’Europa.

Anche l’autarchica ambizione di una certa destra, che vuole chiudersi e non fare accordi commerciali, è tutto l’esatto opposto di quello in cui credo io. 

Io credo fermamente nel libero mercato, nei diritti individuali, nei diritti civili che questa destra sta calpestando. Mi sono opposta a tutti i vari inasprimenti inutili delle pene che questo governo sta proponendo. 

Potrei farle una lunga lista di battaglie che ho combattuto in Parlamento contro questa destra che ha una visione del mondo che non mi rispecchia. Così come non mi rispecchio nel pensiero di AVS o M5 Stelle, secondo i quali i soldi crescono sugli alberi e la decrescita felice è un’ambizione da perseguire.

Ho visto che è andata a visitare i lavori del nuovo movimento-partito di Luigi Marattin. Si sente attratta da questo nuovo soggetto politico e soprattutto si sente attratta dall’idea di unificare determinate sigle della galassia centrista per creare un nuovo soggetto unitario? Ancora prima di divenirne segretario intende demolire Azione?

Per chiarire, non era il lancio del partito di Marattin, ma era l’inizio del percorso unitario dell’associazione di Marattin e di altri quattro soggetti, tra i quali uno, NOS, che aveva partecipato alle europee con noi.

Vedo questa iniziativa come un cantiere molto interessante a cui avrei voluto che Azione partecipasse da protagonista. Un cantiere che per una volta, in teoria, tenta di unire l’esistente invece di ricominciare sempre da zero. Mi sembrava e mi sembra che possa trattarsi di un buon inizio nel nostro spazio politico. 

Buttare via l’esperienza di Azione? Assolutamente no, però ritengo che per crescere Azione non può rimanere sola. 
Azione ha una sua comunità, un suo modo di amministrare il territorio, ha i propri parlamentari, una struttura che non si dissolverà nell’aria. Mi pare chiaro però che non possiamo permetterci di isolarci in una torre d’avorio.

Dobbiamo parlare con le altre realtà  per  evitare che l’8% che abbiamo fatto nel 2022 rimanga sparpagliato sul campo come è successo alle  elezioni europee, per evitare che al nostro fianco nascano dei competitors. E che si ricreino dinamiche tipo “Azione vs Italia Viva”. 

Io vorrei cogliere in anticipo determinate dinamiche e andare il più possibile a lavorare dietro le quinte per arrivare al 2027. Quando, nel mio auspicio, ci saranno il centro destra, il centro sinistra e i liberal democratici posizionati al centro.

Questo è il mio sogno, arrivare al 2027 con un partito unitario liberal democratico che abbia delle buone percentuali al proprio arco.

Italia Viva l’ha nominata lei. In questa strategia politica che spazio avrebbe?


Italia Viva si è tolta da questo gioco nel momento in cui ha dichiarato di andare con il campo-largo.  La parte di Italia viva che invece desidera restare con i liberal democratici, in teoria ha seguito Luigi Marattin. Quindi nel momento in cui io parlo con Luigi Marattin mi confronto anche con quel pezzo di Italia Viva che crede ancora nella nostra area politica.

Se la sua mozione elettorale dovesse risultare minoritaria al congresso rimarrebbe in Azione o si avvicinerebbe in maniera organica a queste altre realtà politiche che stanno nascendo?

Io non sono una che se perde butta via il giocattolo. Non mi sembrerebbe corretto portare via da Azione una parte degli iscritti.

È proprio il motivo per cui io sto facendo una battaglia congressuale e non sto facendo quello che ha fatto Luigi Marattin. 

Con tutto il rispetto per la sua scelta io penso che si deve provare a cambiare le cose da dentro e non semplicemente uscire quando si è in disaccordo con la linea e con la leadership del momento. E’ anche vero che Luigi non ha avuto un Congresso in cui farlo, però diciamo che io resterei nel partito per  tentare di cambiare le cose.

Da ultimo penso che chiunque ci sarà dall’altra parte, come mio sfidante o mia sfidante, sarà capace poi di fare sintesi. Non siamo nella Russia sovietica quindi una mozione perdente e minoritaria va comunque integrata, inglobata nella futura dirigenza. Quindi se dovessi perdere (cosa che non spero e non credo) mi auguro che le mie istanze saranno comunque valorizzate.

La sua candidatura da Calenda e dai suoi colleghi parlamentari come è stata accolta?

Diciamo che li ho colti abbastanza di sorpresa, comunque  è stata presa come un segno di vitalità; dibattito e confronto sono sempre cose positive.


Dovrà scegliere uno slogan.

L’ho già scelto:  “ora dipende da noi “.

So di non avere la riconoscibilità e il curriculum di Carlo Calenda ma conosco comunque molto bene i territori e i nostri iscritti.
Conto molto sul lavoro della nostra comunità e dei territori, delle dirigenze locali e degli attivisti per costruire insieme una mozione congressuale. Una mozione con tanti suggerimenti pratici su come mettere meglio in rete gli amministratori locali, su come migliorare i processi democratici, la questione della governance ma anche che sia una mozione chiaramente di posizionamento politico.

Sto predisponendo un sondaggio interno che lanceremo presto per avere sia feedback sia suggerimenti, un’indicazione di quali siano gli aspetti da migliorare e su quali temi lavorare. 

Vorrei che questo Congresso fosse un momento di coinvolgimento, non solo una competizione, e se competizione ci sarà vorrei che fosse schietta e sana. Il congresso può e deve essere un momento di costruzione, di miglioramento collettivo. 

Vorrei mandare un messaggio molto chiaro. E’ lontanissima da me l’idea di destabilizzare i territori che funzionano o  di impormi dove i gruppi già sono coesi, perché penso che la governabilità del partito, che sia io segretario o che lo sia qualcun altro, debba essere l’assoluta priorità.

Quindi entrerò in punta dei piedi laddove Azione c’è e funziona bene e non cercherò di imporre persone mie a tutti i costi perché rispetto moltissimo il lavoro che è stato fatto sino a oggi.


Potrebbe verificarsi il rischio di spaccare geograficamente Azione, perché il nord potrebbe essere tutto con lei e il centro-sud magari avere più simpatie verso Calenda o verso altri soggetti.


Questo scenario può avere una logica ma mi giungono indicazioni diverse. Sorprendentemente il supporto per la mia candidatura sembra essere trasversale. Di certo è molto marcato nella fascia di iscritti più giovani, dove so di potere contare molto sull’appoggio di molti dei cosiddetti “under 30”. Sono gruppi di giovani molto attivi sul territorio e fautori di  numerose iniziative. Sono proprio il motore di Azione. 

E a parte gli under 30, questo appoggio trasversale sembra evidenziarsi anche nelle regioni del Sud e in particolare del Centro Italia. Ci sono anche molti territori in cui Azione era quasi sparita che si stanno riattivando. Sono decisamente ottimista.

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