Ilaria Beltramme è nata a Roma 43 anni fa, (almeno questo lo dice lei, per me è più giovane, in corpo e spirito) e spera di morirci vecchia e felice il più tardi possibile.
Alta, slanciata, lunghi e fluenti capelli scuri, occhi neri e profondi, porta con una straordinaria disinvoltura una serie di vistosi tatuaggi (il marito è uno dei tatuatori più stimati della Capitale). Brillante, esperta ed appassionata di filosofia ed esoterismo, ha una conoscenza della storia della sua città che è davvero raro trovare in una ricercatrice così giovane.
Per la Newton Compton ha pubblicato le guide 101 cose da fare a Roma almeno una volta nella vita (oltre 30 edizioni), 101 perché sulla storia di Roma che non puoi non sapere, Roma in un solo weekend, Forse non tutti sanno che a Roma e, l’ultima, La storia di Roma in 100 monumenti e opere d’arte. Con lo stesso editore ha pubblicato anche i due romanzi storici, La società segreta degli eretici e Il papa guerriero.
Per Mondadori ha pubblicato Caccia ai tesori nascosti di Roma e Magna Roma. Crede ancora che il Tevere sia una divinità. Ed a pensarci bene potrebbe avere qualche ragione.
Ilaria sulla copertina dei tuoi due best sellers il tuo editore ha scritto “romanzo”. Ma non si sarà sbagliato? Nelle tue pagine si trova un grande rigore storico, una grande padronanza dei temi esoterici, il profumo della filosofia pagana. Non è un pochino riduttivo definirli solo romanzi?
Credo di no. D’altronde, quando si affronta un tema storico bisogna documentarsi fino alla nausea, conoscere il periodo a fondo e sforzarsi di farlo trasparire anche raccontando una storia di finzione. L’ormai arcifamoso “verosimile” di cui ci parlava Manzoni a scuola, del resto, è importante tanto quanto il “vero” storico e ha bisogno di un supporto gigantesco. La preparazione, in questo genere letterario, secondo me è conditio sine qua non, ma deve funzionare come una buona ossatura. Nel senso che poi, all’interno della storia, non si dovrebbe vedere la fatica dell’autore, ma dovrebbe trasparire soltanto lo spessore di un periodo così ben conosciuto da sembrare reale, a sostegno di una storia “forte”. Nel caso specifico, cioè nel romanzo su Giordano Bruno, La società segreta degli eretici, volevo raccontare la fine di un’epoca, il Rinascimento, attraverso il rogo del monaco di Nola. Fior fior di storici hanno ampiamente teorizzato (e provato) collegamenti fra le teorie bruniane e tutto il contesto culturale della sua epoca che (è un fatto) era influenzata dalla ricerca ermetica (anche esoterica, quindi) e la riscoperta dell’Antico (anche pagano) nel loro presente.
Volendo parlare di questi argomenti e della transizione di un momento storico importantissimo pure per noi contemporanei, perciò, dovevo essere preparata. Me lo chiedeva il romanzo!
Papa Giulio II e Giordano Bruno sono le figure carismatiche intorno alle quali, apparentemente, si dipana la trama dei tuoi romanzi. Ma non sono i protagonisti. Le protagoniste sono invece due donne, Isabella e Madame Sophie. Come nasce questa scelta?
Nasce dall’esigenza di rivalutare l’enorme contributo che hanno dato le donne alla storia e a Roma in particolare. In alcuni casi si tratta proprio di dover scrivere la storia, un’altra storia e dall’inizio.
Sono affascinata da ciò che non si sa, in generale. Nella storia, delle donne non si sa quasi nulla, quasi mai. Capita anche nella storia di Roma, dove ogni singolo istante pare già studiato, già sviscerato. Non è così e io mi sono innamorata di questo esercizio minuzioso fatto di collegamenti, scoperte, “indagini”.
Papa Giulio II e Giordano Bruno sono le figure carismatiche intorno alle quali, apparentemente, si dipana la trama dei tuoi romanzi. Ma non sono i protagonisti. Le protagoniste sono invece due donne, Isabella e Madame Sophie. Come nasce questa scelta?
Nasce dall’esigenza di rivalutare l’enorme contributo che hanno dato le donne alla storia e a Roma in particolare. In alcuni casi si tratta proprio di dover scrivere la storia, un’altra storia e dall’inizio.
Sono affascinata da ciò che non si sa, in generale. Nella storia, delle donne non si sa quasi nulla, quasi mai. Capita anche nella storia di Roma, dove ogni singolo istante pare già studiato, già sviscerato. Non è così e io mi sono innamorata di questo esercizio minuzioso fatto di collegamenti, scoperte, “indagini”.
Hai mai pensato di ambientare un libro in una città diversa da Roma?
Per ora no. Ma non si può mai dire!
Sei diventata molto conosciuta al grande pubblico grazie al successo de “La società segreta degli eretici” e “Il papa guerriero” , che hanno venduto un numero importante di copie. Ma tu sei anche autrice di una serie di guide molto originali e sui generis su Roma. Se vuoi conoscere un angolo nascosto della Città Eterna, svicolando dal classico tour turistico pre confezionato, le tue guide sono indispensabili. Quali, tra tutte le tue opere pubblicate, è “la figlia prediletta”?
Forse non tutti sanno che a Roma… è uno zibaldone di curiosità romane storiche, artistiche e di storia cittadina “spicciola”. È un libro nato in un momento molto delicato della mia vita, e – confesso – è stato difficilissimo da seguire. Ma gli voglio bene nel senso più “umano” del termine. Ho amato scriverlo e poi ho amato vederlo diventare un libro “vero” sotto i miei occhi, grazie al lavoro della redazione, della mia editor e dei grafici che hanno portato a termine una ricerca iconografica gigantesca.
Poi – appunto – la mia vita è stata rivoluzionata da un evento personale molto doloroso e promuovere questo libro si è rivelato un esercizio quasi terapeutico. Una catarsi.
Roma sta vivendo un periodo molto delicato. Crisi politiche, giudiziarie, di ordine pubblico. E’ sempre e comunque, secondo te, una città unica ed incomparabile ?
Lo è sempre, da sempre e per sempre. Le crisi a Roma sono all’ordine del giorno da quasi tremila anni. Non è la città in sé che mi spaventa, quanto il destino dei romani di oggi che di certo non sono eterni (noi no, Roma sì). Il loro destino, la loro qualità della vita, la loro libertà. Roma si salva anche senza romani, insomma. L’ha sempre fatto. Anche piazza Navona è figlia della corruzione, del malgoverno, del ladrocinio. Per realizzarla a metà Seicento, i Pamphilj hanno sgomberato con la forza pubblica il mercato alimentare che da sempre si svolgeva sulla piazza; hanno distratto fondi pubblici riservati al Giubileo del 1650 (nulla di nuovo sotto il sole) e, più in generale, si sono appropriati di un bene comune per interessi privati. Oggi, dopo quasi quattro secoli, ammiriamo la piazza e tutti i capolavori che contiene senza neanche considerare questi dettagli. Ammiriamo la bellezza, che invece è rimasta. Allora mi domando: che cosa lasceremo di bello al prossimo? Abbiamo una responsabilità nei confronti di chi verrà dopo di noi. Che cosa gli lasceremo? Ma davvero si può impostare una campagna politica a Roma SOLO sulle buche? Ha senso? Secondo me no, ha senso in un’altra città non a Roma.
Il prossimo romanzo di cosa parlerà?
Chi lo sa? Ne vedrete delle belle…