Nicola & Bart

Nicola & Bart

Historia magistra vitae, la storia è maestra di vita. Lo diceva Cicerone nella sua opera De Oratore.

In realtà la frase completa era: Historia vero testis temporum, lux veritatis, vita memoriae, magistra vitae, nuntia vetustatis, ovvero La storia in verità è testimone dei tempi, luce della verità, vita della memoria, maestra di vita, messaggera dell’antichità.

Lo disse un paio di millenni fa abbondanti, nel 55 a.C; già allora Cicerone sapeva che la Storia ha la straordinaria caratteristica di essere ciclica. Corsi e ricorsi storici si usa dire; gli scenari periodicamente si ripresentano, cambiano solo gli attori che recitano un copione che si ripropone da sempre.

Uccisi dal pregiudizio

Con queste poche righe vorrei ricordare due uomini che circa un secolo fa subirono una clamorosa ingiustizia, pagando con la vita un crimine mai commesso. Uccisi dal pregiudizio.

Guardando con attenzione alla loro vicenda, si possono scorgere alcune analogie con i nostri tempi; pregiudizio, paura del diverso, diffidenza per gli uomini che vengono da lontano, disprezzo della miseria, razzismo.Corsi e ricorsi storici, la storia sarebbe pronta ad insegnare; bisognerebbe avere però la voglia di ascoltarla e di imparare.

Alle 00,19 del 23 agosto 1927 Nicola Sacco venne fulminato negli Stati Uniti d’America sulla sedia elettrica. Giusto il tempo di spostare il suo corpo e sulla medesima sedia venne legato Bartolomeo Vanzetti. Alle 00,26 anche Vanzetti venne giustiziato.

Chi erano Sacco e Vanzetti? Potremmo semplificare e schematizzare e dire che erano due immigrati, provenienti da un continente lontano migliaia di miglia dal Paese che li condannò a morte. Immigrati extracomunitari.Ricordiamo la loro storia.

Nicola Sacco (in realtà battezzato con il nome di Ferdinando) nasce a Torremaggiore in provincia di Foggia il 22 aprile 1891. La sua famiglia è composta da diciannove persone, padre, madre e diciassette figli. Il padre è un agricoltore e commercia prodotti vinicoli ed oleari. Nicola a nove anni lascia la scuola per iniziare a lavorare nei campi di famiglia. Ama la vita di campagna e la natura ed è affascinato dai primi mezzi meccanici che stanno iniziando a trasformare radicalmente la vita nei campi. L’innovazione, la novità, il progresso lo portano a fare una scelta di vita: emigrare in America, la terra del futuro, dove nell’immaginario di un giovane di fine ottocento, ogni sogno si può realizzare. In patria il pane non sarebbe venuto meno, ma la sfida di una vita nuova è troppo attraente per inchiodarlo ad una vita contadina nel sud Italia.

Bartolomeo Vanzetti nasce a Villafalletto (oggi provincia di Cuneo) l’11 giugno 1888. A tredici anni inizia a lavorare come apprendista pasticciere in diverse botteghe; un mestiere mai amato. Cagionevole di salute e rancoroso nei confronti di un padre molto autoritario, divenuto orfano di madre, sceglie di allontanarsi dalla famiglia abbandonando la prospettiva di lavorare nella caffetteria di famiglia, ed emigra in America. America, terra di desiderio, terra di frontiera, terra dei sogni.

Non fuggono dalla miseria più nera, ma si allontanano dalla prospettiva di una vita già scritta tutta con lettere minuscole, ed inseguono il proprio diritto alla felicità.

Sacco si imbarca diciottenne sulla motonave «Romanic» insieme al fratello Sabino e giunge a Boston il 12 aprile del 1909. Vanzetti, ventenne, viaggia sul piroscafo «La Provence» e sbarca a New York il 19 giugno 1908. I due non si conoscono.

sopra: motonave «Romanic» — sotto: piroscafo «La Provence».

Di quei giorni Vanzetti scriverà: «Al centro immigrazione, ebbi la prima sorpresa. Gli emigranti venivano smistati come tanti animali. Non una parola di gentilezza, di incoraggiamento, per alleggerire il fardello di dolori che pesa così tanto su chi è appena arrivato in America». «Dove potevo andare? Cosa potevo fare? Quella era la Terra promessa. Il treno della sopraelevata passava sferragliando e non rispondeva niente. Le automobili e i tram passavano oltre senza badare a me».

Sacco vive a Milford in Massachusetts, dove trova una numerosa comunità di origine foggiana. Sbriga inizialmente lavori di bassa manovalanza, poi si specializza come operaio calzaturiero, trovando lavoro in tempi stretti in una fabbrica di scarpe a Milford. Si sposa ed abita in una dignitosa casetta con giardino. Diventa papà di due bambini: Ines e Dante. Lavora sei giorni la settimana, dieci ore al giorno. Possiamo definirlo un lavoratore relativamente privilegiato.

Vanzetti cambia un lavoro ogni mese, accettando tutto ciò che gli capita. Cameriere e sguattero in varie trattorie, operaio in una cava, in un’acciaieria ed in una fabbrica di cordami, la Plymouth Cordage Company. Nel 1916 è tra gli animatori di uno sciopero contro la Plymouth Cordage e per questo motivo perde il lavoro e rimane disoccupato. Nel 1919 prova a mettersi in proprio facendo il pescivendolo. Sarà la sua ultima occupazione da uomo libero.

Nicola Sacco, che è un accanito lettore e sostenitore del giornale anarchico Cronaca Sovversiva diretto da Luigi Galleani, comincia a partecipare alle manifestazioni operaie dell’epoca, nel corso delle quali i lavoratori più umili chiedono salari più alti e migliori condizioni di lavoro. Viene arrestato il 3 dicembre 1916 per aver partecipato ad una manifestazione di solidarietà in favore degli operai di Mesabi (Minnesota).

Nel 1917 gli Stati Uniti entrano in guerra e stabiliscono che tutti i cittadini maschi residenti sul suolo americano debbano registrarsi agli uffici della leva. Teoricamente avrebbero dovuto essere chiamati al fronte solo quelli dotati di cittadinanza americana. Vanzetti aveva già fatto richiesta per ottenere la cittadinanza statunitense, mentre Sacco conservava ancora la cittadinanza italiana e quindi aveva solo l’obbligo di registrarsi all’Ufficio Leva.

Galleani invita energicamente gli anarchici a non registrarsi ed a darsi alla clandestinità . Gli anarchici del Massachusetts si ritrovarono a Boston per discutere sul da farsi. Ed in quella occasione Sacco e Vanzetti si conoscono.

!Pochi giorni dopo vengono accusati di avere eseguito una rapina avvenuta in un sobborgo di Boston

Decidono di fuggire in Messico, a Monterrey, dove Vanzetti si fa chiamare Bartolomeo Negrini, mentre Sacco diventa Nicola Mosmacotelli. L’idea sarebbe quella di tornare in Italia dove, a loro dire, la rivoluzione sarebbe ormai prossima.

Ma dato che la rivoluzione invece non arriva, alla spicciolata l’intero gruppo di anarchici italiani espatriati lascia il Messico e torna negli USA, ignorando di essere stati inseriti in una lista di sovversivi compilata dal Ministero di Giustizia USA. Nella stessa lista era incluso anche un amico di Vanzetti, il tipografo Andrea Salsedo, originario dell’isola di Pantelleria. Il 3 maggio del 1920 Salsedo cade dal grattacielo di New York dove al quattordicesimo piano aveva sede il Bureau of Investigation, dove era tenuto illegalmente prigioniero ormai da lungo tempo.

Vanzetti cerca di organizzare un comizio per protestare contro questa strana caduta ma insieme a Sacco viene arrestato, perché trovato in possesso di una rivoltella e Vanzetti di alcuni appunti da destinarsi alla tipografia per l’annuncio del comizio.

Pochi giorni dopo vengono accusati di avere eseguito una rapina avvenuta in un sobborgo di Boston poche settimane prima del loro arresto, nel corso della quale erano stati uccisi a colpi di pistola il cassiere del calzaturificio «Slater and Morrill» ed una guardia giurata.

Ora è necessario fermarci un momento per cercare di capire l’aria che tirava negli Stati Uniti durante quegli anni tribolati. Si trattava di un periodo caratterizzato da un’intensa paura dei comunisti e degli anarchici, poi denominato la grande paura rossa del 1917-1920.

Tutti i movimenti di protesta erano strettamente sorvegliati: comunisti, anarchici, agitatori, radicali, scioperanti e così via. Le comunità di immigrati erano guardate con disprezzo e la borghesia statunitense le riteneva pericolose; un mix di banditismo, povertà, malaffare.

Era giunto, per i benpensanti borghesi americani, il momento di perseguire una ferrea politica del terrore, più e più volte suggerita dal ministro della giustizia Palmer. Era giunto il momento di dare il giusto esempio, di toccare il polso alla Nazione, di compiere un atto simbolico, di dare la cosiddetta prova di forza.

Charlestown Prison.

Unum castigabis, centum emendabis (che in latino significa letteralmente “Ne castigherai uno, ne correggerai cento”), motto tanto caro anche a Mao Zedong: “Colpirne uno per educarne cento”.

Sacco e Vanzetti rappresentavano in quel momento i due agnelli sacrificali perfetti. Erano infatti poveri immigrati italiani con una comprensione imperfetta della lingua inglese; erano inoltre note le loro idee politiche radicali ed erano considerati “elementi turbolenti e sovversivi”. Il fatto che, come vedremo in seguito, fossero totalmente innocenti riguardo al capo d’imputazione, era un particolare banale ed insignificante.

Sacco e Vanzetti furono processati tre volte; nel primo processo Vanzetti fu condannato a 12 anni di carcere per rapina. Successivamente, il 14 luglio 1921, i due vennero invece condannati a morte.

Sto soffrendo perché sono un anarchico, e davvero io sono un anarchico; ho sofferto perché ero un Italiano, e davvero io sono un Italiano

Il giudice Webster Thayer li definì senza mezze parole due bastardi anarchici. Il Governatore del Massachusetts Fuller, che avrebbe potuto impedire l’esecuzione, rifiutò infine di farlo dopo che un’apposita commissione da lui istituita riaffermò le motivazioni della sentenza di condanna.

Vanzetti, in particolare, ebbe a dire rivolgendosi per l’ultima volta al giudice Thayer:

Io non augurerei a un cane o a un serpente, alla più bassa e disgraziata creatura della Terra — non augurerei a nessuna di queste creature ciò che ho dovuto soffrire per cose di cui non sono colpevole. Ma la mia convinzione è che ho sofferto per cose di cui sono colpevole. Sto soffrendo perché sono un anarchico, e davvero io sono un anarchico; ho sofferto perché ero un Italiano, e davvero io sono un Italiano […] “Lei signor Vanzetti, è venuto qui nel paese di Bengodi per arricchire” . Voi poteste giustiziarmi due volte, e se potessi rinascere altre due volte, vivrei di nuovo per fare quello che ho fatto già.

Quando il verdetto di morte fu reso di pubblico dominio, si tenne una manifestazione davanti al palazzo del governo a Boston. La manifestazione durò ben dieci giorni, fino alla data dell’esecuzione. La polizia e la Guardia Nazionale attendevano i manifestanti davanti al carcere dove erano reclusi Sacco e Vanzetti; sopra le mura erano puntate verso i manifestanti numerose mitragliatrici.

Non esisteva nessuna prova a carico dei due italiani, anzi alcune testimonianze li scagionavano pienamente. Addirittura non si tenne conto della confessione del detenuto portoricano Celestino Madeiros, che ammise di avere preso parte alla rapina e di non aver mai visto in vita propria Sacco e Vanzetti. Non importava; era necessario colpirne uno per educarne cento.

Molti scrittori e artisti in genere contribuirono a svelare il crimine che si stava compiendo ai danni dei due anarchici italiani: Dorothy Parker, Edna St. Vincent Millay, Bertrand Russell, John Dos Passos, Upton Sinclair, George Bernard Shaw e H. G. Wells, sostennero a favore di Nick e Bart una campagna per giungere ad un nuovo processo. Perfino il premio Nobel francese Anatole France chiese la loro liberazione sulle pagine del periodico “Nation”, paragonando l’ingiustizia da loro subita a quella di Dreyfus.

In molti paesi del mondo sorsero comitati in difesa di Sacco e Vanzetti e ovunque ci furono manifestazioni. Tutto inutile. Pare che anche Mussolini si sia mosso in difesa dei due anarchici, ovviamente a vuoto.

ca.1927 — Sacco-Vanzetti Death Masks — Image by © Bettmann/CORBIS

«Io dichiaro che ogni stigma ed ogni onta vengano per sempre cancellati dai nomi di Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti.»

Michael Dukakis

Sacco e Vanzetti, vittime sacrificali, sporchi anarchici italiani, furono fulminati senza pietà.

Furono cremati e le due urne contenenti le ceneri furono trasportate in Italia, dove sono custodite nei cimiteri dei loro comuni d’origine.Il 23 agosto 1977, esattamente 50 anni dopo l’esecuzione, il governatore del Massachusetts Michael Dukakis emanò un proclama che assolveva i due uomini dal crimine, dicendo:

«Io dichiaro che ogni stigma ed ogni onta vengano per sempre cancellati dai nomi di Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti.»

MICHAEL DUKAKIS

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