Immensamente Giulia

Immensamente Giulia

Sono Giulia, sono nata nel 1994 e lo sport è sempre stato il mio compagno di vita: prima il trampolino elastico poi il nuoto. A gennaio 2010 ho avuto un incidente durante un allenamento di trampolino elastico che mi ha causato una lesione alla colonna vertebrale. Questo ha cambiato la mia vita, togliendomi l’uso delle gambe, ma non il mio modo di essere e di vivere lo sport. Mi sono tuffata in piscina e nell’acqua ho ritrovato la voglia di combattere, di competere e di vincere.

Giulia è molto più di tutto questo. 

Ciao Giulia. Ti propongo due possibili stili di intervista, diversi tra di loro. Il primo è molto soft, controllato, indiretto, poco invasivo. Gli aspetti negativi della tua storia verrebbero sfumati molto. Il secondo è l’opposto. Diretto, non filtrato; potrebbe risultare un pochino più doloroso. Scegli tu con quale stile devo metterti sotto la lente di ingrandimento.

Scelgo lo stile più diretto. Senza dubbi lo stile diretto, le interviste troppo buoniste e sdolcinate mi fanno venire l’orticaria!

Ora dimmi per quale motivo hai scelto uno stile a discapito dell’altro.

Perché sono una ragazza diretta e trasparente. Non mi piacciono i giri di parole e non mi piacciono gli eufemismi. Le cose o non le dico oppure, se le dico, le senti esattamente come sono. Senza filtri. Precise e dirette, e se serve, belle ruvide. Non mi ci metto nemmeno a fare la diplomatica, tanto se una cosa non la penso me lo si legge in faccia. Quando proprio certe cose non si possono dire con le parole, mi esprimo con gli occhi, con lo sguardo. Dai andiamo… diretti!

Non ero a livelli di eccellenza mondiale, però ero in Nazionale e me la cavavo discretamente.

Bene, allora possiamo iniziare. Raccontami di Giulia, atleta di livello nazionale nella disciplina del trampolino elastico.

Ho iniziato quando ero davvero piccola piccola, avrò avuto tre, quattro anni. Non stavo mai ferma in casa ed allora mamma mi portava a fare diverse attività, con la speranza poi di vedermi crollare e dormire la notte. Ho iniziato in palestra con la ginnastica artistica; più che altro si giocava e si imparava a coordinare i movimenti. Poi un anno di ginnastica ritmica e quando la palestra si è trasferita armi e bagagli in un altra località ho avuto il primo contatto con il trampolino elastico. Guardavo i bambini che ci saltavano sopra ed io lo golosavo!

Il mio allenatore pensò che io avessi il fisico giusto per praticare la specialità del trampolino elastico e mi propose una prova. Chi è il bambino che ad otto anni direbbe di no al saltare sulle reti?

Da quella prova ho iniziato a saltare con costanza. Sono entrata subito in agonistica; imparavo giorno dopo giorno e non mi tiravo mai indietro nemmeno davanti ai salti più impegnativi. Dagli otto ai quindici anni mi sono allenata tutti i giorni, sono entrata in Nazionale, poi una gara in Germania e poi ancora gli Europei. Non ero a livelli di eccellenza mondiale, però ero in Nazionale e me la cavavo discretamente.

Poi la caduta, il dolore, la paralisi.

Mi ricordo tutto perfettamente. Era il 4 gennaio, il primo allenamento dopo le vacanze natalizie. Era sera, quasi le sette di sera, l’ora di chiusura. Gli ultimi salti, salti semplicissimi. Ho fatto un salto all’indietro con un mezzo giro e mi sono persa. Per persa intendo che per un istante è stato come se mi fossi addormentata ed avessi avuto la sensazione di precipitare nel vuoto.

A volte capita. Mi sono ritrovata adagiata a pancia in giù sul trampolino e non riuscivo più a sentire le gambe. Ho subito chiesto aiuto, il mio allenatore mi ha girata su di un fianco ed abbiamo chiamato l’ambulanza.

In ospedale abbiamo fatto tutte le risonanze del caso ed abbiamo visto che mi ero rotta una vertebra che ha lesionato il midollo spinale. Tutte le forze del telo del trampolino si sono concentrate su una singola vertebra che è scoppiata. Sfiga. Punto.

A quel punto immagino che avrai odiato con tutte le tue forze quel maledetto sport che avrebbe condizionato tutto il tuo futuro.

No. Il trampolino mi è sempre piaciuto, mi piace ancora e tuttora lo guardo. Non ho rimorsi e non ho rimpianti. Non odio quello sport. Amo lo sport in generale e se mi ritrovassi di nuovo ad avere otto anni e dovessi scegliere se saltare o meno, salterei ancora e rifarei tutto.

La paralisi comporta una bella inversione ad U in quella che è una vita “normale”. Metti la freccia e svolti in una strada che non conosci e che appare piena di buchi e sconnessioni. Cosa è per te una vita normale e come si percorre una strada così impegnativa, senza rassegnarsi a viaggiare su una strada secondaria?

Non è semplice definire il concetto di normalità ed è difficile capire quale veramente sia una vita normale. Ciascuno di noi insegue le proprie passioni, i propri sogni ed i propri obiettivi. In questo momento io lo sto facendo, mi piace quello che faccio e mi diverto. Mi va bene così.

Il bicchiere della tua vita lo vedi quindi mezzo pieno e non mezzo vuoto.

Si, il mio passato anche quando lo riguardo dentro di me non mi procura né rimpianti né rimorsi. Anzi ti dirò; con il trampolino elastico non avrei mai raggiunto i livelli agonistici che sto raggiungendo oggi nel nuoto, pertanto non ci vedo nulla di particolarmente negativo.

Non nascondo che nella vita di tutti i giorni ci sono delle limitazioni, ma le affronto. Qualcosa è accaduto e non posso farci niente; non vedo perché dovrei stare ferma, questa ora è la mia vita ed io la vivo al meglio.

Vivo la mia vita, la mia vita normale, una normalità fatta su misura per me.

Nella mia normalità c’è tutto quello che c’è nella vita delle altre persone; gioie, dolori, momenti di esaltazione, felicità e potentissime inc…. arrabbiature!

quando mi trovo davanti ad un ostacolo lo affronto, almeno ci provo. Se non riesco a cavarmela da sola chiedo un aiuto, ma di certo non mi fermo, non mi giro e non torno indietro. 

In quei momenti abitavi a Parma, dove sei nata. E’ una città vivibile per un disabile? Se il sindaco Pizzarotti ti cedesse la fascia tricolore ed un budget idoneo per qualche mese, cosa faresti per migliorare la vivibilità della tua città?

Toglierei i sampietrini… nei centri storici sono ovunque, sono davvero insopportabili! Io non sono una che pianifica quello che fa in base ad una analisi preventiva delle barriere che potrebbe trovare lungo la strada. Io prendo e vado; poi quando mi trovo davanti ad un ostacolo lo affronto, almeno ci provo. Se non riesco a cavarmela da sola chiedo un aiuto, ma di certo non mi fermo, non mi giro e non torno indietro.

Una volta sono andata a fare un esame di inglese e per raggiungere l’aula c’era una rampa di scale. Io mi sono dimenticata di segnalare la mia disabilità al momento dell’iscrizione, cosa che avrebbe permesso di farmi sostenere l’esame altrove. Non ci ho proprio pensato. Vabbè… mica sono tornata a casa; mi sono fatta aiutare, abbiamo superato l’ostacolo ed ho fatto il mio esame.

Allora… se mi dessero la fascia tricolore ed il libretto degli assegni o il keycode del conto del Comune… migliorerei il servizio pubblico. Non parlo solo di Parma, ma anche di Milano. Io qui a Milano per esempio non posso scendere dal treno alla stazione di Lambrate, devo girare in macchina. A Parma gli autobus hanno la pedana disabili che una volta va e la volta dopo non va.

I parcheggi per disabili sono pochi, pochissimi ed a Milano è molto difficile trovarli liberi. E poi sono stretti, spesso non c’è lo spazio laterale idoneo per aprire la portiera e scendere con la carrozzina. Si trova il modo di sopravvivere, ma si potrebbe fare di più per la disabilità.

Milano è una città che offre tutto, ma io vivo bene a Parma ed appena posso ci torno. Milano la vivo poco, più che altro il mio triangolo è casa, università, piscina. Mi alleno al Saini** oppure a Brugherio. A Milano le radici non le metterei, a Parma io abito in campagna e trovo che quella sia la dimensione abitativa giusta per me.

** Il centro Saini si estende per 160 000 m² all’interno del parco Forlanini in via Arcangelo Corelli 136; venne costruito nel 1975 ed è l’impianto comunale più grande della città. – ndr –

Chi ti ha buttata in acqua?

Io. Mi sono buttata dentro io. Sono stata dopo l’incidente sei mesi in ospedale e nel percorso riabilitativo era prevista anche una fase in acqua. Quando sono uscita dall’ospedale nella mia testa c’era già l’idea di voler nuotare; le fisioterapiste mi hanno fatto conoscere un ragazzo che aveva partecipato alla Paraolimpiade di Pechino 2008 e lui mi ha fatto conoscere il suo allenatore (sono entrambi di Reggio Emilia).

Mi sono tesserata con loro a Reggio ma nuotavo a Parma. A giugno ho lasciato l’ospedale ed a novembre ero in acqua; nell’aprile dell’anno successivo ho fatto le mie prime gare.

Quando mi sono presentata ho precisato subito che avrei voluto fare almeno tre sedute di allenamento alla settimana, e dato che l’assistente poteva venire solo due volte alla settimana ho iniziato ad allenarmi anche da sola seguendo un programma pianificato ad hoc per me. Io provenivo dal mondo della ginnastica dove ci si allena minimo cinque volte alla settimana e già soli tre allenamenti mi parevano pochi.

Volevo gareggiare, non sapevo dove sarei arrivata, ma volevo gareggiare.

Prima di approfondire l’aspetto agonistico e sportivo della tua vita, parliamo di cose serie. Lo studio! Abbi pazienza, deformazione professionale, ho due figli più o meno della tua età…

Lo studio serve. Lo sport non è tutto nella vita. Il nostro fisico non sarà eternamente idoneo a fare sport, in questo momento lo sto sfruttando ma devo pensare anche ad altro. Non sarei capace di studiare solamente o nuotare solamente; devo fare entrambe le cose. E’ faticoso ed a volte mi lamento, comunque riesco a svolgere entrambe le attività con serietà ed impegno. Alla laurea sono giunta con un po’ di ritardo, ci ho messo un annetto in più, comunque la mia Laurea in Ingegneria Biomedica l’ho conseguita.

Perchè Ingegneria Biomedica?

Mi sono sempre piaciute le materie scientifiche, inizialmente pensavo a matematica, poi ho valutato medicina (ma gli anni tra studio e tirocinio erano troppi) e quando ho scoperto Ingegneria Biomedica ho trovato la strada giusta per me. Non so ancora quali saranno i mie orizzonti professionali, ma se trovassi qualcosa che unisce lo sport ai miei studi ne sarei davvero lieta.

Nuoto paralimpico. In cosa si differenzia dal nuoto agonistico tradizionale?

Nel nuoto paralimpico esistono dieci categorie dette “fisiche”, tre “visive” ed una chiamata “intellettiva relazionale”. A seconda della funzionalità fisica e psichica dell’atleta si viene assegnati ad una di queste categorie; ogni movimento riceve un punteggio ed il totale designa l’appartenenza alla categoria agonistica.

Le distanze di gara mutano in base alla categoria; io, avendo una lesione midollare, prediligo gli stili che prevedono una bracciata simultanea in quanto il tronco rimane più fermo, quindi farfalla e rana. Le mie gambe rimangono sotto il pelo dell’acqua e devo evitare tutti quei movimenti di rotazione che mi possono causare un maggiore attrito. All’inizio ho provato anche il dorso ma adesso sono concentrata su farfalla, rana e misti.

Sai come diciamo noi a Milano… baüscia!! 

Dunque dunque…

2018 Oro 50m Farfalla S5, Europei Dublino

2018 Argento 100m Rana SB4, Europei Dublino

2018 Bronzo 200m Misti SM5, Europei Dublino

2017 Oro 100m Rana SB4, Mondiali Citta del Messico

2017 Bronzo 50m Farfalla S5, Mondiali Citta del Messico

2017 Argento Staffetta 4×50 stile 20p, Mondiali Citta del Messico

2016 Argento 100m Rana SB4, Paralimpiadi Rio de Janeiro

2016 Bronzo 50m Farfalla S5, Paralimpiadi Rio de Janeiro

2016 Argento 100m Rana SB4, Europei Funchal

2015 Argento 100m Rana SB4, Mondiali Glasgow

2014 Argento 100m Rana SB4, Europei Eindhoven

2014 Bronzo staffetta 4×50 mista 20p, Europei Eindhoven

2013 Argento staffetta 4×50 stile libero 20p, Mondiali Montreal

1 RECORD DEL MONDO (50 farfalla S5 in vasca corta)

35 Titoli Italiani

4 Record Italiani in vasca lunga

2 Record Italiani in vasca corta

Sai come diciamo noi a Milano… baüscia!! Non sei ancora sazia dopo questa abbuffata di successi?

No, no, noooooo! Ma non è una gara per le medaglie, è una gara con me stessa. E’ il volersi migliorare nella tecnica e migliorare i tempi. Arriva anche il confronto con l’avversario ma prima di tutto arrivo io. Sono davvero tutte mie quelle medaglie?

Sei credente? Ti sei mai chiesta: ma perché proprio io?

Si, sono credente. Perché proprio io? Ho avuto con una psicologa un bello scontro a causa di una domanda come la tua… ma a te rispondo.

Non ci ho mai pensato al perché proprio io, non me lo sono mai chiesta. Non è stato di certo un castigo, non so se era scritto in un grande disegno che dovesse capitare proprio a me, ma è capitato. Ne prendo atto e la considero una delle tante cose accadute nella mia vita. Rimango credente nonostante quanto è accaduto. Non sono cambiata molto tra prima l’incidente e dopo, forse sono un tantino più selettiva. Mia mamma dice sempre che ero una gran rompiballe prima e che lo sono anche adesso.

Sei una bella ragazza. C’è per caso in giro qualche moscone il cui ronzio suona particolarmente bene alle tue orecchie?

No, al momento non vola nessun moscone, c’è stato ma adesso non c’è più. (Sappiate cari lettori che questa risposta è arricchita da un bel sorriso, da un lievissimo rossore sulle guance e da uno sguardo furbetto…)

Bene, mettiamo a verbale… 

Raccontami il brivido che si prova alle Olimpiadi.

Ah… guarda che è difficile darti una risposta, le sensazioni sono tante e si mischiano tra di loro. In occasione dell’ultima Olimpiade siamo arrivati dieci giorni prima e subito mi sono resa conto di essere stata catapultata in una esperienza enorme. Il villaggio olimpico era una vera e propria città con dentro ogni servizio, dalla banca al supermercato, dal McDonald’s alla palestra, dalla sala giochi a… tutto, non mancava nulla.

Dentro giravamo in auto e con il bus. Quando poi è iniziata la sfilata dei partecipanti alla Cerimonia di Apertura mi sono venuti i brividi. Mentre facevo il giro dello stadio non sapevo bene nemmeno io cosa stessi facendo. Si sentiva il boato della gente, lo sguardo si perdeva in mezzo a quello di tutti gli spettatori presenti. Magnifico.

Io avevo la gara dopo tre giorni e non stavo più nella pelle, avevo una voglia pazzesca di nuotare. I primi giorni, mentre gli altri atleti iniziavano ad entrare in acqua, io aspettavo il mio momento e…soffrivo!! Adrenalina, adrenalina, adrenalina.

La città di Rio de Janeiro siete riusciti a vederla?

Poco, solo l’ultimo giorno abbiamo fatto un giro turistico; siamo stati alla statua del Cristo ed al Pan di Zucchero. Un giro veloce veloce; d’altronde le gare di nuoto erano spalmate su tutti i dieci giorni della manifestazione e non avevamo tempo, tra allenamenti, competizioni eccetera eccetera.

E’ sempre così, io poi le città dove gareggio le guardo attraverso le foto che scatta la mia famiglia. Loro vengono a tutte le gare, sempre ed ovunque, e fanno i turisti!!! Poi mi raccontano, mi fanno vedere le foto ed io le città le guardo così.

Fai parte di qualche gruppo sportivo?

Io faccio parte delle Fiamme Oro. Però essendo un’ atleta paralimpica non sono assunta in Polizia e non ho alcuno stipendio. Non posso fare il concorso, dato che non esistono concorsi per atleti non normodotati, ho solo il tesseramento e vengono fatti dei rimborsi un paio di volte l’anno per la partecipazione alle gare. Non dipende dalla volontà del Gruppo Sportivo, ci mancherebbe. E’ la burocrazia. Il concorso prevede determinati requisiti fisici che un atleta disabile non ha. Tutto qui.

Mi assumo io la responsabilità di quanto sto dicendo, me la assumo al 100% pronto a risponderne anche in giudizio se necessario. Tutto ciò è scandaloso. Proprio voi che ne avreste maggior bisogno, siete tagliati fuori dalla burocrazia che non prevede un concorso per atleti praticanti attività paralimpiche. E’ indegno.

Giulia Ghiretti made in Parma. Mi hanno detto che dalle vostre parti se non si sa cucinare ed apprezzare la buona tavola viene tolta d’ufficio la cittadinanza. Piatto preferito di Giulia e menu’ che preparerai quando mi inviterai a mangiare a casa tua.

Quando vuoi!!!

Lo dicono tutti, poi non mantiene mai nessuno perché voi atleti siete sempre in giro a gareggiare… 

No, no da me vieni quando vuoi! Casa nostra è sempre aperta; non abbiamo nemmeno il cancello!

Avrai tre mastini napoletani affamati che fanno la guardia.

Magari, io vorrei un cane ma mamma è severa e non molla. Allora il mio piatto preferito è… tortelli e poi carne, sono decisamente carnivora. Poi ti cucinerò (siamo tutti capaci in famiglia, mamma ci ha insegnato a fare quasi tutto in casa) tagliatelle, cappelletti, tortelli di erbette.

E tortelli siano.

Manuel Bortuzzo, 19 anni, atleta colpito da tre colpi di pistola che lo hanno portato alla paralisi degli arti inferiori. La Giustizia farà il suo corso nei Tribunali ma la mobilità totale non gli potrà essere restituita da nessuna sentenza. Un tuo pensiero in merito.

Dopo quello che è successo a Manuel ho quasi paura ad andare in giro. E’ pazzesco che accadano cose del genere. Tutto senza senso ed anche nel suo caso si può dire solo: sfiga.

Il percorso che lo attende è un percorso molto lungo, per prima cosa dovrà lasciare che tutto il polverone mediatico che si è alzato intorno lui sparisca. La sua disavventura è stata buttata in pasto ai media anche troppo; ancora un po’ sapevamo noi dalla televisione i particolari della sua storia prima che li conoscesse lui.

Ora inizia un momento delicatissimo per lui e per la sua famiglia e credo che abbia diritto alla sua privacy per affrontarlo al meglio. Di tante cose ci si rende conto con il tempo, un passo alla volta; auguro a Manuel – a riflettori spenti – di trovare la forza ed il piacere di continuare a nuotare, il divertimento, l’adrenalina del competere.

Il lavoro da fare è tanto, il percorso è lungo ed all’orizzonte rimane sempre e comunque un sogno. Gli auguro di coronarlo. Grinta ne ha. Mi auguro che il suo caso (fortemente sfruttato a livello mediatico) sia di stimolo anche per le due Federazioni (FIN Fed.Italiana Nuoto e FINP Fed. Nazionale Nuoto Paralimpico); sarebbe importante che il dialogo crescesse con attività comuni, magari fatte nel nome di Manuel.

Se l’attività pubblica non è sufficiente è bene che si attivino anche risorse alternative. 

Ho avuto modo di conoscere in ambito motoristico una onlus. Dicono di se stessi: “ L’Associazione Marina Romoli Onlus nasce nel 2011 in seguito all’incidente stradale che ha stravolto la vita della promettente ciclista Marina Romoli rendendola paraplegica. Gli scopi di questa associazione sono di promuovere e finanziare la ricerca scientifica volta a trovare una cura per la paralisi causata da lesioni croniche del midollo spinale e di aiutare economicamente giovani atleti che si trovino in condizioni fortemente invalidanti … omissis ”. Cosa ne pensi?

Dovrebbe essere lo Stato a perseguire questo genere di intenti e di ricerca. In ogni caso “aiutati che il ciel ti aiuta”. E’ giusto anche attivare iniziative a titolo privato come questa della Marina Romoli onlus, l’importante è darsi da fare. Se l’attività pubblica non è sufficiente è bene che si attivino anche risorse alternative.

Riguardo la ricerca scientifica deve andare sempre avanti, anche se io in questo momento non proverei su di me tecniche chirurgiche sperimentali, sto bene come sto. Non mi prenderei dei rischi. La soluzione neurochirurgica è ancora molto lontana.

In alternativa alla chirurgia potrebbero aiutare gli esoscheletri a migliorare la mobilità del disabile.

Esoscheletri ce ne sono tanti, ma per il momento li vedo confinati nel mondo della riabilitazione. Non sono pratici, non consentono la velocità di utilizzo di una carrozzina e sono costosi. In fase di fisioterapia sono utili, ma nella vita di tutti i giorni non ce la faresti ad indossarli ed utilizzarli.

Nel 2003 il gruppo rock milanese Le Vibrazioni debuttò con una canzone intitolata Dedicato a te. Fu un successo travolgente, per la città cantavamo tutti “sei immensamente Giulia”. Una giovane ragazza come te, che ha dimostrato di sapere essere immensamente Giulia, come immagina il proprio futuro?

Non lo so, veramente non ci penso più di tanto. Vorrei avere una famiglia, un lavoro ed uno spazio per lo sport. Non so in quale veste, ma un posto nella mia vita per lo sport deve esserci. In questo momento se non riuscissi più a gareggiare non credo che avrei gli stimoli giusti per fare solo nuoto amatoriale.

Tu sei uno squaletto che deve sentire almeno una goccia di sangue in acqua… la gara!

Si, assolutamente si, per me oggi lo sport è competizione, agonismo. Magari un giorno il fisico non mi consentirà più di gareggiare ed allora penserò ad un ruolo diverso, forse a bordo vasca. Per il momento lo squaletto ha ancora tanta voglia di azzannare e nuotare. Non guardo al futuro cercando qualcosa di specifico, sono pronta a prendere quello che la vita mi riserverà, senza preclusioni.

la mia famiglia, la mia vera fortuna sono loro

Titoli di coda… ringraziamenti e saluti…

Grazie… alla mia famiglia, la mia vera fortuna sono loro. Siamo molto legati, anche con i miei fratelli; ho un fratello ed una sorella, io sono la più grande della nidiata.

Per farti capire quanto io devo alla mia famiglia ti dico che quando è accaduto l’incidente a Parma non esisteva una società che potesse sostenere il nuoto paralimpico. Veramente ne esisteva una ma la loro mission era “facciamo uscire il disabile da casa”. Bene, corretto, non dico nulla, solo che io ero già fuori, volevo qualcosa di diverso.

Quindi siamo andati dal commercialista e dal notaio ed abbiamo costituito noi la società, con papà presidente. EGO NUOTO, il nome è questo perché il primo impianto in cui abbiamo iniziato nuotare si chiama Ego Village; sono sempre stati carini e disponibili con lo spazio acqua ed abbiamo voluto ringraziarli dando il loro nome alla nostra società sportiva.

Giulia Ghiretti, studentessa, campionessa ed imprenditrice.

Ci siamo tirati tutti su le maniche ed abbiamo iniziato a lavorare. Mia sorella ha fatto tutti i corsi, ha preso il brevetto ed è il nostro tecnico. Quando torno a casa il sabato io mi alleno con lei che mi segue da vicino. A Milano invece abbiamo formato un gruppo di atleti universitari nel 2013 (con diversi atleti della Nazionale) e ci alleniamo tutti insieme.

Il tempo delle parole è terminato. Noi milanesi imbruttiti (originals ed imported from Parma) abbiamo sempre qualcosa che ci impone di correre da qualche parte… quindi ci fermiamo qui. Un abbraccio forte ed un bacione a Giulia e via.

Se volete seguirla… http://www.giuliaghiretti.it

Ciao Giulia, buona vita!

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