12 Maggio 2016
Il 16 gennaio di quest’anno, a trentasette anni dalla rivoluzione di Khomeini, l’embargo, che isolava l’Iran da una larga parte della comunità internazionale, è caduto. Sul piano economico ci si attende un forte impatto sul commercio internazionale. Gli equilibri politici subiranno certamente uno scossone. Questo avvenimento, che possiamo definire storico, ci porta a scambiare qualche parola con un imprenditore nato in Iran, che risiede e lavora da tantissimi anni in Italia. Non parleremo di politica internazionale con lui. Cercheremo solo di capire come un Persiano made in Italy vede il nostro Paese ed il suo, oggi apparentemente meno lontani di un tempo.
Shahrokh Farhanghi è nato nel 1946 a Rasht, la più grande città iraniana vicina al Mar Caspio. Nel 1963 giunge in Italia e nel 1970 si laurea in Ingegneria Aeronautica al Politecnico di Milano. Nel 1972 fonda la Lodetex, oggi una delle aziende italiane più importanti e rinomate del comparto tessile. Una vera eccellenza imprenditoriale italiana, conosciuta ed apprezzata in ogni parte del mondo. L’ing. Farhanghi ha quattro figli (Nicola e Luca avuti dalla prima moglie, prematuramente scomparsa, che collaborano con lui in Lodetex) e due ragazzi più giovani, Federico e Sara avuti dalla signora Antonella. Uomo di grande cultura, ha ricoperto e ricopre ruoli di grande importanza in diverse organizzazioni culturali ed economiche del nord Italia.
Ing. Farhanghi Lei è nato in Iran e vive da tantissimi anni in Italia. In Lei convivono due culture e due tradizioni, quella persiana e la nostra. Come appare l’Italia di oggi ai suoi occhi e come Le apparve al suo arrivo oltre 53 anni fa?
Della Persia ho una serie di ricordi legati alla mia infanzia ed alla mia adolescenza. Ero giovanissimo quando arrivai nel vostro Paese. Già da piccolo sentivo parlare dell’Italia e me ne innamorai quasi subito. Con entusiasmo mi iscrissi al Politecnico ed iniziai a Milano la mia vita sociale da giovanotto. Ho dovuto arrangiarmi per conquistare la mia indipendenza; anche le necessità più semplici andavano affrontate da solo, e non c’erano i miei genitori a cui chiedere consiglio. Quegli anni, gli anni sessanta, erano anni di grande sviluppo e di forte crescita per l’Italia. Il lavoro non mancava ed esistevano grandi possibilità per tutti, e non si trattava di una crescita settoriale, lo sviluppo coinvolgeva ogni settore produttivo. Oggi invece viviamo un periodo di forte cambiamento politico e sociale, e non solo in Italia. Mancano le certezze ed in ogni settore economico si è costretti a sfruttare al massimo la creatività ed il gusto italiano, ciò che ci distingue da tutti gli altri competitori nel mondo, il made in Italy. Chi non si è organizzato e non ha investito per tempo in questo senso, oggi si trova fuori dal gioco o in grandissime difficoltà. Riguardo alla mia convivenza con le due culture che mi appartengono (una orientale ed una occidentale), tutte e due millenarie, posso solo dire che sono fiero di poter beneficiare di entrambe.
Quali difficoltà e quali opportunità Le offrì l’Italia quando decise di fondare la Sua azienda?
Le difficoltà sono state quelle di un start up qualsiasi, ma erano anche dei tempi molto favorevoli, ben diversi da quelli di oggi. Una delle opportunità che mi offrì l’Italia di allora consisteva nel fatto che il distretto industriale del momento consentiva all’investitore di frazionare il proprio investimento in diversi tempi successivi, step by step. Oggi sarebbe impossibile.
In quali circostanze Lei si sente persiano a tutti gli effetti e quando invece si rende conto di essere, irrimediabilmente, un po’ italiano?
Sento di essere persiano quando mi trovo con i miei connazionali, cosa che accade abbastanza di rado. Altrimenti mi sento pienamente ed a tutti gli effetti italiano.
Condivida con noi un ricordo della Sua Persia.
Non posso dimenticare la natura selvaggia del Ghilan e Mazanderan (sul mar Caspio). Ricordo una nazione ricca ed in pieno sviluppo, con i giovani che scimmiottavanol’occidente in tutto e per tutto.
Che Paese è oggi l’Iran?
Se prendo come riferimento di vita sociale quella occidentale, direi che purtroppo è una nazione che è scivolata indietro di almeno duecento anni, e che malauguratamente, come tante nazioni di oggi, contiene ancora sacche di faziosità e di corruzione.
Le ultime scelte di politica internazionale stanno agevolando il riavvio delle relazioni tra l’Occidente e l’Iran. Secondo Lei si tratta solo di un’opportunità economica basata sul business o ci si può aspettare in prospettiva qualcosa di più?
Credo con convinzione che la politica e la religione dovrebbero essere completamente dissociate e distinte tra di loro. Fino a che saranno i religiosi a fare la politica non riesco ad immaginare che, in prospettiva, possa cambiare qualcosa.
L’Italia e l’Iran sono due nazioni che poggiano le proprie radici su culture ultra secolari, millenarie. In cosa ci somigliamo ed in cosa invece siamo proprio diversi?
Amo e vivo con grande interesse tutte e due culture, e per questo mi sento molto fortunato. Oggi le differenze nella vita sociale sono moltissime, ma vedo comunque una somiglianza molto stretta, culturale ed esoterica, in particolare in quanto prodotto dal 1200 al 1400 nelle due nazioni.
Scusi la curiosità e la banalità della domanda. Un persiano trapiantato da una vita in Italia si è lasciato coinvolgere dalle nostre più accese passioni? Lei a che squadra tiene? Non sarà mica juventino?
Con grande orgoglio dico di essere un convinto milanista, anche se da un po’ la mia squadra non mi dà le soddisfazioni di alcuni anni fa.
Tornerebbe a vivere in Iran?
No, oggi come oggi, decisamente no.
Grazie ing. Farhanghi per la schiettezza delle Sue risposte.
E’ evidente che la caduta dell’embargo non è altro che un primo passo, ma la strada da percorrere è ancora lunga.