Cinque W. What Who Where When Why. Cosa, chi, dove, quando, perché. Tutto qui. Senza alcuna dietrologia, senza l’ambizione di fare lo scoop, senza forzare ricordi e memorie. Con il medesimo metodo di lavoro che un cronista utilizza nel proprio lavoro di tutti i giorni, proveremo a ripercorrere la vicenda Moro. Il rapimento e l’uccisione di uno dei più grandi statisti europei dell’era moderna. Passo dopo passo fermeremo la nostra attenzione sul momento storico, sui particolari giudiziari, sui ricordi dei protagonisti.
Mi avvarrò della collaborazione di colleghi giornalisti, di tecnici, di politici, di magistrati, di uomini e donne comuni privI di qualsivoglia fama mediatica e, quando sarà possibile, di testimoni diretti. Proverò, con la collaborazione della testata che ospiterà i mie scritti, a fare l’unica cosa che un giornalista deve fare: la cronaca di un avvenimento. Postuma, ma pur sempre solo e semplicemente la cronaca. CS.
Iniziamo il nostro percorso porgendo alcune domande a Paolo Cucchiarelli, che ci aiuterà a tracciare un primo ampio confine; iniziamo ad inquadrare la vicenda con un grandangolo, piano piano passeremo allo zoom per analizzarne i particolari.
Saggista, giornalista parlamentare e investigativo di lungo corso, Paolo Cucchiarelli ha seguito le commissioni d’inchiesta sui casi politico-giudiziari più eclatanti degli ultimi anni: Moro, l’attentato a Giovanni Paolo II, Gladio, Tangentopoli, la vicenda Mitrokhin.
Tra i suoi numerosi libri, “Il segreto di Piazza Fontana”, che ha ispirato il celebre film di Marco Tullio Giordana “Romanzo di una strage”.
Sua anche una famosa intervista esclusiva per l’Ansa, nel giugno 2008, al terrorista Carlos sugli eventi che portarono all’omicidio Moro. Nel 2016 esce il suo libro “Morte di un presidente” che contiene alcune importanti rivelazioni sull’omicidio di Aldo Moro e ad aprile 2018 Paolo torna in libreria con “L’ultima notte di Aldo Moro”.
Paolo per iniziare il nostro colloquio ti faccio una domanda che potrebbe sembrarti banale. Chi era Aldo Moro? Temo che in particolare i più giovani lo conoscano poco, nonostante il fatto che da quarant’anni si parli senza soluzione di continuità di lui.
Moro è stato la spina dorsale della politica italiana dal 1960 al 1978. Suoi i due tentativi di dare delle risposte calibrate e ritagliate sulla specificità italiana, cioè il centrosinistra e poi (dal 1975-’76) la solidarietà democratica, ovvero il tentativo di rendere un’Italia politicamente matura, pronta ad essere governata alternativamente da due grandi forze popolari. La DC ed il PCI che si sarebbero dovuti emancipare dai due grandi padriniinternazionali, cioè gli USA e l’URSS.
L’uomo è stato ed è ancora oggi, il più importante uomo politico della Repubblica, l’unico dopo De Gasperi e Togliatti ad avere una vera progettualità del futuro. I giovani dovrebbero chiedersi perché, a quaranta anni dai fatti di cui parliamo, esistono tanti libri e tante ricerche; e perché tanta veemenza nel contrastare chi cerca uno straccio di verità sul più importante delitto politico della Repubblica, delitto che ha colpito il suo uomo politico più eminente. Il tempo amplia, dilata e rende sempre più profonda questa valutazione.
Accanto alla verità storica ed a quella giudiziaria, entrambe insufficienti, c’è quella del giornalismo investigativo, che usa tutto per capire il tutto della vicenda.
Sul rapimento e sulla morte di Moro si è cercata a lungo la verità. Probabilmente una sola verità non esiste e non esisterà mai. Per ammissione dei magistrati stessi ve ne sono almeno due. Una giudiziaria e processuale ed una storica.
La verità in una vicenda politica tanto complessa ha molti piani; ognuno apparentemente autosufficiente a dare una risposta, ma la somma di queste verità lascia scoperti tanti aspetti. E’ come se le singole risposte tenessero conto della loro logica intrinseca (risposta storica, politica, giudiziaria, giornalistica ecc.) e che la loro somma fosse ancora più insufficiente a fornire un quadro che contenga tutti i fatti: ogni verità prende da questa vicenda quello che le serve per darsi la sua risposta più o meno accettabile, mentre i fatti vanno altrove senza vere risposte.
Le mie inchieste hanno preso atto di questa situazione, si è ricominciato dai fatti, e questi hanno parlato. Quindi accanto alla verità storica ed a quella giudiziaria, entrambe insufficienti, c’è quella del giornalismo investigativo, che usa tutto per capire il tutto della vicenda.
Quando Moro fu rapito l’Italia si fermò. Si chiusero diverse scuole. La triplice sindacale proclamò dopo nemmeno due ore dall’eccidio di via Fani uno sciopero generale. Il nostro collega Andrea Purgatori, giovane cronista accorso tra i primi, ricorda che in via Fani i politici che accorrevano erano sconvolti ed inebetiti. Per l’Italia lo choc fu paragonabile a quello che gli USA subirono con il crollo delle Twin Towers.
Tutti vogliono raccontarti dove fossero quando caddero le due Torri negli USA. Tutti ricordano e vogliono comunicarti dove fossero il 16 marzo ed il 9 maggio del 1978. E’ un crinale della nostra storia, l’unico dove la vicenda emotiva delle persone si è attaccata alla vicenda storica.
Tutti ricordiamo, perché quel fatto è stato da subito percepito nella sua assoluta e straordinaria importanza. E’ un fatto che divide la storia e che segna la fine della politica in Italia, almeno di quella nata con il patto resistenziale che fonda la Repubblica. Dopo Moro inizia un’altra storia, ed è la realtà che i giovani vivono oggi. Vorrei far capire che questa realtà si fonda sull’omicidio a cui concorsero in maniera determinante anche forze straniere, come Moro ben capì e cerco di dire nelle sue lettere.
Le BR volevano restituire Moro, visto che la loro prima prigione (collocata in uno stabile dello IOR*) era stata scoperta dalla Guardia di Finanza e visto che lo Stato nulla faceva per poterlo liberare.
Nei tuoi libri hai messo in evidenza tutta una serie di incongruenze tra quanto raccontato in fase processuale e quanto rilevato da analisi, comparazioni, perizie. Superficialità o depistaggio?
Depistaggio? Incompetenza? No, si è trattato di un’operazione di intelligence che doveva essere comunque portata a termine con la liquidazione della spina dorsale politica dell’Italia. Dentro a questa vicenda troviamo anche il depistaggio e l’incompetenza ma quello che racconto è soprattutto l’impotenza di una nazione, una nazione che si deve piegare a vedere uccidere il suo maggior politico ad un metro dalla libertà, come ho cercato di raccontare documentatamente nelle mie due inchieste.
Vorrei che si superassero certi facili schemi. E’ stata un’operazione di intelligence che ha piegato l’Italia e che la nostra nazione ha coperto con una sostanziale Ragion di Stato. Ragion di Stato che fa si che i fatti in questa vicenda nulla contino, così che si possano ignorare alla bella e meglio, nonostante foto, perizie, documenti, analisi e nonostante il fatto che la lettura degli accadimenti sia ben diversa. E’ un’anomalia l’omicidio di Aldo Moro, ma è un’anomalia da impotenza a raccontare la verità. Non servono le categorie politiche per capire perché l’omicidio Moro è stato trattato come un caso politico e non come un omicidio politico.
Ecco perché riletto come omicidio, emerge forte e netta tutta un’altra storia, con molte prigioni ed una folle trattativa; le BR volevano restituire Moro, visto che la loro prima prigione (collocata in uno stabile dello IOR*) era stata scoperta dalla Guardia di Finanza e visto che lo Stato nulla faceva per poterlo liberare.
*IOR – Istituto Opere Religiose, la Banca del Vaticano -ndr.
Il rapimento e la prigionia del presidente della DC furono gestite dalle Brigate Rosse. Ma, visti i dati oggettivi riportati nelle tue ricerche, possiamo affermare le BR non erano sole ed autonome sul campo. La condanna a morte di Moro fu eseguita dalle BR; possibile ma non probabile.
Le BR sono costrette, come ha raccontato molti anni fa l’inviato USA (Steve Pieczenik) chiamato dal governo italiano a cercare di sbrogliare l’intricata matassa, ad uccidere Moro.
Come, dove e perché è raccontato ne L’ultima notte di Aldo Moro a cui rinvio chi volesse sapere e capire quale storia motiva tante bugie, ancora oggi. Le BR stavano restituendoMoro in un immobile del Demanio, assegnato nel 1978 alla Guardia di Finanza. Quella notte qualcosa andò storto e Moro invece di essere liberato, fu assassinato. Non per diretta volontà di chi lo aveva in quel momento in mano, come racconto.
E’ una storia dolorosa che reca ad un grande sconforto sul futuro della nostra Repubblica, come disse nel 1978 Leonardo Sciascia: bisogna rifondare la verità se si vuole rifondare lo Stato. Se non riusciremo ad arrivare alla verità sul caso Moro siamo davvero perduti.
Segreto di Stato. Una coltre impenetrabile che lo Stato impone per evitare che determinate verità diventino di pubblico dominio. Tra dieci anni la coltre potrebbe alzarsi. La nostra povera Italia è pronta a reggere l’urto che causerebbe l’apertura del vaso di Pandora?
Non c’è alcun Vaso di Pandora da aprire, oppure un cassetto in cui sia custodita un’indicibile verità. Questa verità è nel luogo più visibile, ed al contempo più invisibile, di un Paese retorico, codardo e prono come l’Italia: è sotto gli occhi di tutti.
Il problema è che la Seconda Commissione Moro (che ha avuto la possibilità di raccontare per filo e per segno questa terribile verità; verità che come ripeto è leggibile se si parte dai fatti e non dal racconto delle BR vidimato dallo Stato) ha sommerso tutto per un periodo che va dai trenta ai quaranta anni.
Una scelta che la dice lunga su quale realtà c’era dietro la vicenda, verità che fu subito percepita nel 1978: la presenza USA che non era raccontabile quaranta anni fa e neppure oggi.
Moro non doveva morire. Doveva tornare libero e diventare, giorno dopo giorno, la rappresentazione vivente di un condizionamento esterno (ricatto) gravante sulla politica nazionale. Ma qualcosa andò storto e fu necessario ucciderlo.
Le BR sono state beffate dall’esito imprevisto della vicenda ed hanno compreso, a mano a mano negli anni, che mantenere il silenzio su quella morte pagava più che il liberarsi dal peso di quella storia.
Ricordo cosa mi disse un Francesco Cossiga stizzito, ed anche divertito, dalle mie domande poco ortodosse: “Cucchiarelli, ciascuno delle BR è venuto, ha chiesto ed ha ottenuto. Ha chiesto ed ha ottenuto”.
Lo sguardo ironico di Cossiga valeva più di mille sentenze. Questa vicenda è lo specchio dell’Italia. Ce la trascineremo per decenni ancora e si spegnerà per consunzione e non perchè ci sarà un punto di approdo. Come dimostro, nel 1978 e nel 2017 sono state sostenute verità impossibili, illogiche e documentatamente false. Allora ed oggi. Non c’è nulla da fare. La Ragione di Stato che nasce quando uno Stato si deve piegare ad una forza rispetto a lui maggiore, c’è ancora oggi. Quella forza che ha determinato l’uccisione di Moro.
E’ per me impossibile aprire una discussione sugli elementi di prova (accertati e presunti) che evidenzi nei tuoi libri. Libri che vanno letti con attenzione. Gli spunti sono talmente tanti che ci potremmo impiegare mesi. Li analizzeremo in futuro entrando nel dettaglio di ciascuno. Hai dato una notevole rimestata nel pentolone bollente dove ribolle il marcio che circonda il delitto Moro. Non temi che un brutto giorno qualcuno possa aspettarti all’angolo di una strada per farti definitivamente smettere di cercare, trovare e scrivere?
Ogni tanto qualcuno mi chiede ma hai paura? Come fa lei. No. Ritengo che la domanda, già in se stessa, sia una sconfitta collettiva. Sconfitta morale e politica, perché con questa domanda si vive la ricerca della verità come una eccezione, e non come una necessità collettiva.
Se si ammettesse di avere paura, l’obiettivo di chi non vuole ascoltare la verità dei fatti (l’unica che interessa ad un giornalista), sarebbe stato raggiunto. Diciamo quel che diceva Totò: lei mi intimidisce ma non mi faccio mettere paura ed intimidire.
I miei sentimenti appartengono solo a me ed a chi con me li condivide. Il resto è nei libri, per chi li volesse leggere.