Bruskers’ Swing

Bruskers’ Swing

Sono passati circa quarant’anni da quando ho scoperto quello strumento speciale ed unico che si chiama chitarra. Da ragazzo ho ascoltato i grandi del rock, David Gilmour, Mark Knopfler, Eric Clapton. Poi, crescendo, i grandi solisti classici Segovia e Yepes. Ed infine ho imparato ad apprezzare i grandi Duo, coppie di virtuosi chitarristi che fondono la musica dei propri strumenti, creando una sola traccia musicale.

Ho amato ed amo la musica piena di passione di Katrin Klingeberg e Sebastián Montes (KM Guitar Duo), il rigore e la tecnica di Ewa Jabłczyńska e Dariusz Kupiński ( Kupiński Guitar Duo), il sound trascinante di Magdalena Kaltcheva e Carlo Corrieri (CARisMA Guitar Duo) nobilitato dal suono in 432 Hz.

E poi ci sono loro. Loro sono diversi, particolari. Strani. Estrosi. Loro hanno lo swing.

« It don’t mean a thing (if it ain’t got that swing) » – « Non significa nulla (se non ha quello swing) » cit. Duke Ellington.

Loro sono Eugenio Polacchini e Matteo Minozzi, il Bruskers Guitar Duo.

Prima di leggere le loro parole, ascoltiamo la musica dei Bruskers. ATTIVATE IL LINK PER ASCOLTARE ” MINOR SWING”

Eugenio presentami Matteo.

EUGENIO: Che dire, conosco Matteo ormai da una vita e con lui ho condiviso un sacco di esperienze. Credo ormai di conoscerlo abbastanza per raccontare qualcosina su di lui.
E’ un musicista/chimico, che dopo anni di studi, un dottorato, ed un lavoro nel mondo accademico ha deciso di tramutare la passione per la musica in un lavoro, ed anche grazie a questa scelta il Bruskers Guitar Duo è diventato un progetto musicale stabile. Con Matteo c’è stima reciproca e posso garantire che ha una grande pazienza, dato che sopporta da anni uno “squilibrato” come me. Ha inoltre una moglie, Elisa, altrettanto paziente, che lo ha sempre sostenuto e gli ha permesso di passare praticamente più tempo con me per suonare che con lei.. la devo continuamente ringraziare!
Musicalmente è dotato di grande fantasia ed è sempre pronto a sperimentare. Ha studiato anche chitarra classica ma per molti anni ha suonato vari generi musicali con la chitarra elettrica, e come formazione rappresenta la componente più “moderna” del duo.
Ma veniamo ai dettagli più “nascosti”: è astemio, ma per i super alcolici fa un’eccezione (o due, o tre..); a parte le lasagne ed i maccheroni al ragù di sua madre (peraltro buonissimi) non gli piace praticamente nient’altro, tanto che a volte devo spudoratamente mentire su quello che ci capita in tavola quando mangiamo lontano da casa, con lo scopo di farlo mangiare, altrimenti da digiuno non potrebbe sostenere il concerto. E’ estremamente metodico (probabilmente questo deriva dai suoi trascorsi scientifici), e questa è un’ottima cosa dal momento che io alterno fasi di ordine ad altre di caos totale. Durante i concerti fa smorfie praticamente irripetibili, ma tutte molto spontanee e divertenti!
Ora è meglio fermarsi, altrimenti Matteo rischia di raccontare troppo di me.
Chiudo questa parentesi semiseria sottolineando il fatto che Matteo oltre che un amico è un ottimo compagno di viaggio, e di conseguenza di lavoro. Non è facile avere a che fare quotidianamente con una sola persona, e se non fosse estremamente affidabile e professionale, non sarebbe possibile portare avanti il progetto del Bruskers Guitar Duo.

Matteo raccontami chi è Eugenio.

MATTEO: Eugenio è innanzitutto un Amico, e qui potrebbe chiudersi la risposta poiché è questo un requisito fondamentale e basilare su cui si poggia l’esistenza del Duo. Sarebbe però una risposta un po’ avara poiché Eugenio è tanto altro. È soprattutto una persona seria e affidabile, e questo è un altro requisito importante per me, dato che ho scelto di dedicare seriamente buona parte della mia vita alla musica insieme a lui.

Devo aggiungere pure che è un ottimo musicista? …ma questo è ovvio: avrei forse scelto uno scarso?! .. piuttosto i problemi ce li ha lui ad avere scelto me come collega! È un musicista tecnicamente ineccepibile, nato e cresciuto con la disciplina della chitarra classica e in grado di essere versatile e capace di esplorare nuove strade. Possiede una rara delicatezza espressiva, consapevolezza nell’utilizzo della dinamica e della ritmica: insomma rappresenta una sicurezza come musicista.
Eugenio è meticoloso, preciso ed instancabile. Sono queste qualità a me molto utili poiché mi tengono su di giri, rappresentano una sorta di segnale di allarme quando mi impigrisco e mi permettono di rientrare rapidamente nel percorso lavorativo. Spesso abbiamo, fortunatamente, punti di vista differenti e per questa ragione discutiamo tanto, discutiamo tanto, discutiamo tanto e poi ancora. Poi ricominciamo a parlare ed iniziamo a litigare, ..litigare e poi iniziamo a ridere, ci abbracciamo e ridiamo di nuovo fino a inventarci insieme un’idea convincendoci che sia uscita metà dalla sua testa e metà dalla mia. E questo è molto bello poiché permette al Bruskers Guitar Duo di essere un ambiente democratico ove le intuizioni nascono in compartecipazione e tutti musicisti sono uguali (facciamo pure le primarie ed a turno abbiamo la carica di Segretario).
Potrei continuare raccontandovi che Eugenio si è diplomato al Conservatorio e che si è anche laureato in Scienze della Comunicazione, che ha vinto numerosi concorsi musicali, che dirige un’orchestra di chitarre presso la scuola dove insegna (la Young Guitar Orchestra) ma voglio dirvi un’altra cosa importante di Eugenio, ovvero che è una persona che porta sempre a termine quello che promette, è una persona che non racconta delle balle o si pavoneggia più di tanto.
Insomma è una brava persona con il dono dell’umiltà.. è un Amico e collega perfetto e io sono fortunato a suonare con lui nei Bruskers.

Quando è nato il Bruskers Guitar Duo e da cosa deriva il nome Bruskers?

MATTEO: Il Duo ha compiuto i primi passi nel 2003 ed essenzialmente è nato con l’obiettivo di divertirsi a suonare insieme, tanto che all’inizio la formazione era un “2×2” ovvero un quartetto, di sole chitarre. Il quartetto però ha iniziato a perdere i pezzidiventando rapidamente un trio e la scelta di progressivamente abbandonare l’aspetto puramente ludico per dare all’ensemble un taglio più professionale, ha comportato ad ufficializzare attorno al 2008 la formazione a due. Il nome “Bruskers” desta sempre curiosità nel pubblico: due sono i fattori che lo hanno partorito. Il primo descrive l’inizio della nostra avventura quando nel 2003, nei panni di improvvisati artisti di strada, partecipammo al “Ferrara Buskers Festival”. L’altra componente fondamentale sta nel nome del nostro comune insegnante di strumento, il nostro amico e tuttora mentore M° Mauro Bruschi, al quale siamo molto affezionati. L’aggiunta della lettera “R” al nome Buskers ci è sembrata una scelta simpatica e ironica e un dovuto omaggio alla persona che ci fatto conoscere.

Siamo versatili o indecisi? Chissà, noi non ci siamo mai posti il problema.

Il vostro repertorio è molto ampio, viaggia dalla musica classica ai brani contemporanei, dalle colonne sonore al jazz. Vi considerate musicisti eclettici e versatili o siete un po’ troppo indecisi e non avete ancora trovato la vostra strada maestra?

EUGENIO: Molto semplicemente suoniamo la musica che ci piace, e che riteniamo adatta alla nostra formazione. Non ci riteniamo affatto jazzisti, anche se per molti anni gli standard jazz hanno costituito la maggior parte del nostro repertorio. Questi brani sono semplicemente un “pretesto”, un terreno comune su cui far dialogare le nostre chitarre, costruire i nostri arrangiamenti e in poche parole…divertirci. Allo stesso modo abbiamo sempre scelto, pur suonando chitarre classiche, di non confrontarci mai con il repertorio classico, semplicemente perché probabilmente inadatto al nostro ensemble.
Crediamo che sia fondamentale amare il repertorio che si propone in concerto. Sembrerà banale ma non sempre accade! Nel nostro caso le scelte sono basate unicamente sui nostri gusti, e per fortuna ascoltiamo musica molto diversa.
Siamo versatili o indecisi? Chissà, noi non ci siamo mai posti il problema. Al pubblico la risposta!

Cosa è la musica per voi? Perché avete scelto di esprimere le vostre capacità proprio con la chitarra?

MATTEO: Avendo iniziato a suonare entrambi in età molto giovane possiamo dire che la musica è una componente imprescindibile della nostra esistenza: essa, senza esagerazioni, è per noi elemento vitale. La musica, come ogni forma d’arte, crea una reale e sana dipendenza: chi la pratica ha la fortuna di poter personalmente beneficiare della sua bellezza e al contempo di farne apprezzare l’incanto a chi la ascolta. Non vi è maggior soddisfazione di sentirsi dire al termine di un concerto: “Grazie, mi avete fatto passare un’oretta spensierata facendomi dimenticare le preoccupazioni quotidiane”. La musica è il nostro canale di comunicazione e ci permette di raccontare noi stessi: essa è in grado di modellarsi attorno alla personalità e al carattere dei musicisti mettendo in evidenza la vera anima della persona. Nel momento in cui riusciamo a fare tutto questo divertendoci e facendo divertire gli altri, è possibile affermare che la missione è stata compiuta. È innegabile che gli artisti siano persone fortunate.
La chitarra è stata, per entrambi, una scelta fortuita!! Da bambini tutti e due volevamo suonare il pianoforte ma la sorte ha voluto che a scuola i posti disponibili fossero esauriti. Abbiamo ripiegato iscrivendoci al corso di chitarra. Chissà, forse sarebbe potuto esistere pure un “Bruskers Piano Duo”!

Facciamo una pausa, ascoltiamoli ancora. ATTIVA IL LINK PER ASCOLTARE

Fly Me To The Moon (B. Howard)

Come si sceglie il proprio strumento? Quali sono le caratteristiche che deve avere la vostra chitarra? Esiste lo strumento perfetto?

EUGENIO: La scelta dello strumento è sempre provvisoria. Nel senso che negli anni il proprio stile cambia, le esigenze, le sonorità e le tecniche utilizzate cambiano. Non esiste lo strumento perfetto, ma esiste lo strumento più adatto ad un determinato periodo. Matteo ad esempio ha registrato i nostri tre dischi con tre chitarre molto diverse tra loro, e la terza è stata una chitarra classica praticamente standard, semplicemente a spalla mancante, mentre le prime due erano chitarre con forme e concezioni molto più moderne, che nel tempo però sono risultate inadatte al nuovo repertorio. Io ho registrato tutti e tre i dischi con una sola chitarra, ma la ritengo comunque una scelta momentanea, sono ancora in attesa di trovare la mia chitarra perfetta, chissà se mai arriverà!
Al momento le nostre chitarre devono avere un suono amplificato fedele a quello di una chitarra classica ascoltata in un contesto “acustico”, e allo stesso tempo un’ottima risposta ai colpi percussivi che utilizziamo molto spesso, unita ad un’ottima affidabilità anche durante i frequenti cambiamenti climatici che si possono incontrare viaggiando.

Insegui il sogno, persevera e non arrenderti 

Se domattina si avvicinasse a voi un ragazzo, un adolescente che inizia a porsi domande riguardo al proprio futuro, e vi chiedesse: “vorrei diventare un musicista e mantenermi con la mia musica” cosa gli rispondereste? “Provaci, dacci dentro ed insisti” oppure “ragazzo lascia perdere, studia e vai a lavorare” ?

MATTEO: Ai ragazzi che già ci hanno posto una simile domanda abbiamo risposto: Insegui il sogno, persevera e non arrenderti nonostante le tante difficoltà che sicuramente incontrerai. Nessuna strada è lastricata d’oro, tantomeno quella del musicista, ma se questa scelta ti rende felice renderai felici pure le persone che saranno intorno a te.
Non vuole essere una risposta romantica e disincantata o in stile bohémien: essa si basa su quello in cui realmente crediamo ed è la scelta da noi operata. Noi abbiamo abbandonato percorsi lavorativi più tradizionali e sicuri (anche se nulla è certo nel settore dell’impiego) e abbiamo investito totalmente il nostro tempo nella musica dividendoci tra l’attività concertistica e la didattica. Una scelta di questo tipo non è semplice e tantomeno sicura, non la suggeriamo a cuor leggero ma siamo convinti che credere in un obiettivo porti spesso alla sua realizzazione. Che poi in altri posti (in altre nazioni) fare il musicista possa risultare più facile e remunerativo è purtroppo vero, ma non vogliamo fare polemica: noi amiamo il nostro paese e nel nostro piccolo ci impegniamo per ridestare il rispetto della categoria nel cuore della gente.

E’ più difficile comporre, arrangiare o eseguire un brano?

EUGENIO: Probabilmente è un po’ più difficile comporre, perché oltre alla difficoltà di arrangiare ed eseguire il brano, vi è l’insicurezza nel presentare al pubblico qualcosa di totalmente sconosciuto, e di cui non si conosce la resa fino a quando non lo si propone. Nel nostro caso lo sforzo che mettiamo nel realizzare i nostri arrangiamenti è davvero immane, e probabilmente non molto lontano dal comporre un nuovo brano. Spesso quando arrangiamo un pezzo aggiungiamo parti scritte appositamente da noi, quindi talvolta il confine tra arrangiamento e composizione è davvero sottile.
A volte abbiamo qualche timore nel presentare i nostri brani all’interno di una scaletta ricca di melodie conosciute, anche se talvolta molto rivisitate, ma la risposta del pubblico è stata quasi sempre molto positiva e spesso siamo stati incoraggiati a presentare qualcosa in più di nostro. Probabilmente è uno dei nostri prossimi maggiori obiettivi! Preferiamo però lasciare il termine “compositore” ai compositori di musica classica, e molto umilmente noi possiamo dire di “scrivere brani”, ci mette più a nostro agio!

Qual è il pezzo che vi ha messo più in difficoltà e quale quello che vi ha dato maggiori soddisfazioni?

MATTEO: Sinceramente non vi è un brano che ci abbia creato difficoltà più di altri poiché ogni nuovo brano che progressivamente prende forma, originale o arrangiato che sia, è difficile. La difficoltà reale è piuttosto dettata dalla scelta operata di creare costantemente insieme la musica, di accettare, rispettare e condividere l’idea dell’altro facendola propria. Questo approccio è più lungo e impegnativo ma molto più redditizio. A fianco di una quarantina di brani che ormai ufficialmente fanno parte del nostro repertorio e della nostra discografia, ve ne sono probabilmente altrettanti che sono stati bocciati e destinati all’oblio. Siamo molto pignoli nelle nostre scelte e se il risultato musicale non ci convince appieno l’idea viene, prima o dopo, abbandonata.

Ogni brano è bello a mamma sua, ma forse il brano che più ci ha sbalordito è stato rivisitare una melodia tradizionale coreana chiamata Arirang, una sorta di inno nazionale non ufficiale. L’arrangiamento ci fu commissionato da un produttore coreano e il brano, inserito successivamente in una raccolta uscita in Corea del Sud, è stato successivamente dedicato alla memoria delle vittime del naufragio del traghetto Sewol (incidente avvenuto nel 2014 n.d.r.). Durante la successiva tournèe promozionale a Seoul abbiamo visto il pubblico emozionarsi fino alle lacrime mentre suonavamo questo brano ed è stata una sensazione indescrivibile.

Avete suonato in tutto il mondo, l’elenco delle nazioni che avete visitato chitarra alla mano è davvero molto lungo. Dove siete stati maggiormente apprezzati e dove invece avete percepito un pizzico di delusione nel pubblico?

EUGENIO: Devo dire che ci riteniamo fortunati perché non abbiamo mai raccolto pomodori e verdure miste sul palco, e il responso del pubblico è sempre stato per noi soddisfacente. Se proprio dobbiamo scegliere una nazione che ci ha dato molte soddisfazioni è la Germania. Abbiamo iniziato a suonarci nel lontano 2005 proprio come artisti di strada nelle strade di Monaco di Baviera, e negli anni successivi siamo stati ospiti di festival, club, fiere ecc. Non siamo mai ritornati a casa insoddisfatti, quindi dobbiamo molto alla Germania. Certo anche le esperienze negli USA sono state emozionanti, ma forse mediamente siamo rimasti sempre piacevolmente stupiti dalla risposta del pubblico tedesco.
Abbiamo invece pensato di aver deluso proprio in Corea del Sud, dove tra un brano e l’altro il pubblico applaudiva molto, molto, ma molto timidamente. A metà di un concerto ci siamo guardati pure chiedendoci quale fosse il problema, se non che alla fine del concerto il pubblico si è dimostrato assolutamente entusiasta del concerto, e ci hanno spiegato che normalmente le persone non sono abituate a dimostrare particolarmente il loro apprezzamento tra un brano e l’altro. Alla fine eravamo soddisfatti, ma abbiamo passato momenti leggermente imbarazzanti.

Quanto tempo dedicate allo studio della musica ed all’allenamento con la chitarra?

MATTEO: La risposta più banale, ma indubbiamente vera, è: mai abbastanza. La necessità di dover ripartire il proprio tempo fra l’impegno didattico e l’attività manageriale lascia spesso un tempo limitato allo studio. L’insegnamento richiede molte energie poiché la preparazione e il costante aggiornamento sono requisiti fondamentali per risultare figure degne del rispetto dei propri allievi. Inoltre il Bruskers Guitar Duo è una società famigliare autogestita, ovvero dobbiamo fare tutto da soli: registrazioni, video (con l’aiuto di StudioGi), promozione, pubbliche relazioni..ecc..ecc. Fortunatamente suonare permette di rilassarsi e anche quando le forze ti abbandonano le note dello strumento ti fanno resuscitare e non vorresti più smettere. Siamo entrambi animali notturni ma ogni tanto dobbiamo pure dormire un po’!

Una curiosità. Voi chitarristi professionisti avete le unghie di una mano cortissime e quelle dell’altra molto lunghe, ad uso plettro. Vi capita mai di vedervi guardare per strada dalla gente con stupore e perplessità?

EUGENIO: Per fortuna passate le scuole medie dove i compagni ci guardavano con aria interrogativa, quasi fossimo alieni, dovendosi poi sorbire lunghe e noiose spiegazioni, le unghie lunghe della mano destra non ci hanno creato particolari problemi sociali. Talvolta è stato pure il pretesto per iniziare piacevoli conversazioni con chitarristi amatori o professionisti, accomunati dallo stesso destino di dover stare costantemente attenti a non rovinarsi le unghie, strumento fondamentale e impossibile da sostituire in maniera naturale e credibile, pure con costose e complicate ricostruzioni sintetiche.

Ho nel mio borsellino un solo soldino. Lo spendo per venirvi a sentire dal vivo oppure mi compro una vostra registrazione? Siete più bravi live o in studio di registrazione? La vostra etichetta discografica vi guarda e vi ascolta, ma avete giurato di dare risposte sincere….

MATTEO: Con sincerità e spregiudicatezza, ti suggeriamo di investire il tuo soldino nell’assistere a un concerto convinti del fatto che alla fine dello spettacolo ti adopererai per farti prestare un altro soldino e acquisterai pure il disco! Non di rado ci capita che persone già in possesso del disco vengano ad assistere al nostro concerto e al termine vengano a complimentarsi di quanto sia stato coinvolgente lo spettacolo. D’altra parte non ci è mai capitato che persone che acquistano il disco alla fine dello spettacolo si lamentassero di una registrazione non all’altezza delle aspettative. L’interpretazione in studio e dal vivo implicano un approccio differente da parte del musicista. Anche nel nostro caso, sebbene amiamo mantenere sostanzialmente inalterate le strutture dei nostri brani nel passaggio dallo studio al palcoscenico, è inevitabile un adattamento in alcuni pezzi per rendere ottimale la resa dello spettacolo. Come già detto siamo estremamente meticolosi nella preparazione e mentre nella fase di registrazione prediligiamo in modo maniacale la cura dei suoni, il bilanciamento delle voci o l’attenzione alle dinamiche, nella preparazione del concerto l’aspetto fondamentale è creare uno spettacolo in musica ove l’attenzione e la curiosità dello spettatore devono essere costantemente alimentate. Per questo anche la scelta dell’ordine in cui eseguire i brani non è casuale ma ponderata, per alternare momenti di puro ritmo e virtuosismo ad atmosfere più intime e riflessive, così da rendere imprevedibile il flusso dello spettacolo. Quindin gente, meditate e risparmiate: un soldino per il concertino e un altro soldino per il ricordino .. se poi siete rimasti a secco ci ascoltate su Spotify ..ma qui si apre un capitolo un po’ triste per il reddito dei musicisti.

Nelle vostre interpretazioni la mimica del corpo e del viso è prepotente e sempre presente. E’ un atteggiamento studiato oppure è l’energia della vostra musica che non si accontenta di uscire dalle chitarre e prende possesso anche di voi due?

EUGENIO: E’ tutto assolutamente naturale. Non vi è nulla di recitato o forzato, risulterebbe poco efficace e pure controproducente alla buona riuscita dello spettacolo. Tanto per rendere l’idea, la maggioranza delle strane espressioni o gesti che facciamo nei concerti le ripetiamo spontaneamente alle prove, dove non ci sono spettatori, registrazioni, nulla. Sentiamo molto la musica che suoniamo, l’abbiamo scelta appositamente, in più ci divertiamo molto, e questo traspare anche nei concerti, per cui tutta la gestualità scaturisce dal nostro entusiasmo.

Didattica, insegnamento. Qual è il sistema migliore per trasmettere ai giovani la vostra arte?

MATTEO: Quello che negli anni abbiamo imparato è che il buon insegnante non può e non deve limitarsi a raccontare le proprie conoscenze ma deve viverle insieme ai propri studenti. È fondamentale trasmettere l’entusiasmo ai propri allievi ed entrare in sintonia con loro. Nel nostro percorso siamo stati fortunati poiché spesso abbiamo incontrato maestri che ci hanno resi partecipi del loro piacere e della loro gioia nel praticare la loro materia, qualsiasi essa fosse. La disciplina, la tenacia, l’ostinazione e la fiducia in se stessi sono alcuni dei valori che l’insegnante deve trasmettere ai propri allievi, e per riuscirvi deve essere in grado di praticarli in primis personalmente. Solo in questo modo può guadagnarsi la fiducia del proprio studente diventandone al contempo complice e guida, un po’ come il “O capitano, mio capitano” de “L’attimo Fuggente”.

Inoltre, altro requisito fondamentale del buon insegnante, è mettersi costantemente in discussione mantenendo accese le antenne per meglio adattarsi alle esigenze del proprio studente e adattare così il proprio programma di lavoro sulla base delle necessità e delle capacità dell’allievo: in questo siamo facilitati poiché svolgiamo, nella quasi totalità, lezioni individuali. Non abbiamo ovviamente l’ottusa aspirazione che tutti i nostri studenti diventino concertisti o dedichino la propria vita esclusivamente alla musica. Più semplicemente la speranza è che principalmente si divertano, che qualcuno magari prosegua nel percorso musicale, ma che soprattutto la musica serva loro come mezzo per comunicare agli altri le proprie emozioni.

Un ultimo aspetto che talvolta insegnanti un po’ altezzosi dimenticano è che non si è mai finito di imparare. La didattica è un flusso a corrente alternata e non è raro, dopo una giornata di insegnamento, ritornare a casa arricchiti di nuove informazioni carpite ai propri studenti.

Chi è il più bravo di voi due?

EUGENIO: E’ un po’ come chiedere se è più buona la carne o il pesce! La risposta provocatoria è per sottolineare il fatto che io e Matteo siamo molto diversi, è la nostra fortuna e probabilmente il nostro punto di forza. Abbiamo formazioni musicali diverse, gusti musicali diversi, utilizziamo tecniche diverse e abbiamo un tocco e un suono differenti, pur utilizzando strumenti molto simili.
Facciamo della nostra diversità un valore, sperando che all’esterno venga apprezzata questa nostra differenza. Con gli anni abbiamo progressivamente avvicinato i nostri due modi di suonare, io sono diventato un po’ più moderno e Matteo un po’ più classico, ma molte differenze sono rimaste, e deve essere così!
Speriamo che negli anni nessuno diventi più bravo dell’altro, di sicuro saremmo terribilmente noiosi e musicalmente simili!

il sogno è tale se lo si immagina alla grande

Il vostro sogno nel cassetto.

MATTEO: Limitandoci a una risposta un po’ egoistica il sogno potrebbe essere quello di poter continuare imperterriti a suonare come Bruskers Guitar Duo divertendoci e vivendo solo di concerti.

Cercando di essere meno miopi e più altruisti, sarebbe molto bello riuscire a coinvolgere nel nostro divertimento pure tutti gli altri che ci stanno attorno facendo in modo che la nostra musica possa portare allegria e spensieratezza.

Ma il sogno è tale se lo si immagina alla grande, coinvolgendo la fantasia e pure l’utopia. Da sempre noi due viviamo e ci alimentiamo di musica e non finiamo mai di stupirci di come la Musica sia universale. Finora, grazie alla musica, abbiamo avuto la fortuna di conoscere tante belle persone, girare il mondo e vi sono buone possibilità di continuare a farlo nel futuro. Nel nostro girovagare, lasciando che la Musica parlasse per noi, non abbiamo mai avuto problemi di incomprensione con alcuna persona indipendentemente dalla lingua, dalla razza, dalla religione o dalle idee politiche cui essa appartenesse. La Musica è cieca e sorda alle discriminazioni e parla direttamente all’anima delle persone. Può capitare che ognuno la interpreti in modo leggermente differente ma il messaggio arriva sempre chiaro e disambiguo poiché essa riesce a raccontare solo la verità.

Ecco, forse il sogno più bello e romantico è quello di un mondo ove le persone ritornino a ricordare che esiste un linguaggio che ci accomuna tutti quanti, indipendentemente dalle idee di ciascuno; un mondo dove la musica possa farci tornare un po’ tutti bambini che, è vero, sono talvolta capricciosi, ma che poi riescono a fare la pace fra loro ritornando a sorridere… e i Bruskers nei sogni ci credono!

Salutiamo e ringraziamo Matteo ed Eugenio e li ascoltiamo ancora una volta.

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