Non bisogna rassegnarsi, bisogna combattere. Intervista ad Antonio Di Pietro.

Non bisogna rassegnarsi, bisogna combattere. Intervista ad Antonio Di Pietro.

22 Luglio 2016

Chi è Antonio Di Pietro?

Sono nato a Montenero di Bisaccia (Campobasso) il 2 ottobre 1950. Risiedo a Curno, in provincia di Bergamo. Sono sposato, ho tre figli e sono nonno. A 21 anni sono emigrato in Baviera (Germania) per lavorare in una catena di montaggio di un’industria metalmeccanica e in seguito in una segheria. Nel 1973 sono tornato a lavorare in Italia come impiegato civile dell’Aeronautica Militare. Ho ripreso gli studi e nel 1978 mi sono laureato in giurisprudenza presso l’Università Statale di Milano. Nel 1979, attraverso un pubblico concorso, ho assunto le funzioni di segretario comunale in alcuni comuni del Comasco.Nel 1980, sempre a seguito di pubblico concorso, sono diventato Commissario di Polizia nel IV distretto di Milano come responsabile della Polizia giudiziaria. Nello stesso anno ho conseguito l’abilitazione di procuratore legale per l’esercizio della professione forense. Nel 1981 sono entrato in magistratura e, dopo un periodo di pratica, sono stato assegnato con funzioni di Sostituto Procuratore alla Procura di Bergamo. Nel 1985 sono stato trasferito alla Procura di Milano con funzione di Sostituto Procuratore e mi sono occupato di inchieste riguardanti la criminalità organizzata ed i reati contro la Pubblica Amministrazione. E’ di questi anni l’inchiesta Mani Pulite. Nel 1989 sono stato consulente per l’informazione dal Ministero di Grazia e Giustizia. Nel 1995, lasciata la magistratura, ho conseguito la cattedra di Diritto penale dell’Economia presso il Libero Istituto Universitario “Carlo Cattaneo ” di Castellanza (VA). Nello stesso anno sono stato nominato consulente della “Commissione parlamentare stragi” e della “Commissione parlamentare d’inchiesta sull’attuazione della politica di cooperazione con i paesi in via di sviluppo”. Nel maggio 1996 sono stato nominato Ministro dei Lavori Pubblici del Governo Prodi. Dal novembre 1997 al 2001 sono stato Senatore della Repubblica, eletto nella circoscrizione del Mugello. Dal giugno 1999 al 2006 sono stato Parlamentare europeo. Nel 2000 ho fondato il partito Italia dei Valori, di cui sono stato anche Presidente e da cui mi sono dimesso nel 2014 allorché ho lasciato ogni attività politica​. Alle politiche del 2006 l’Unione vince le elezioni e Italia dei Valori diviene, all’interno della coalizione del centrosinistra guidata da Romano Prodi, Al sottoscritto viene affidato il Ministero delle Infrastrutture. Nel luglio di quest’anno vengo nominato Presidente del CdA di Autostrada Pedemontana Lombarda spa.

Cominciamo questa intervista parlando di alcuni temi di strettissima attualità.

Il tentato golpe in Turchia ci mette davanti ad un grosso problema di politica internazionale. Come considerare il regime di Erdogan, un importante alleato della Nato che vorrebbe entrare nella UE oppure un giocatore delle tre carte che lavora per costruire una Turchia radicalizzata? Lei condivide l’opinione di chi sostiene che il golpe è stato una bella recita pro Erdogan, indispensabile per fare piazza pulita degli oppositori interni al regime?

Con riferimento a ciò che sta accadendo in Turchia, al golpe ed alla reazione di Erdogan e del suo governo nei confronti dei golpisti, io vorrei essere realista. Non credo che il golpe sia stato organizzato da Erdogan e quindi non credo che sia un finto golpe. Credo invece che Erdogan, sfruttando il fatto che si è trovato di fronte dei golpisti che non sono riusciti nel loro intento, ne stia approfittando, illegittimamente sul piano della giustizia internazionale, per fare piazza pulita dei propri oppositori interni. Credo che vada condannato questo modo di reagire ad un golpe reale, sia pur maldestro. Ed mi particolare va condannato il fatto che Erdogan stia facendo piazza pulita non solo di quelli che hanno messo in piedi questa azione militare, ma soprattutto di quelli che potrebbero fare rispettare la legge. Quindi Corte Costituzionale, giudici ed uomini di diritto. In un Paese dove un Giudice non è libero, non si può parlare di democrazia. Come considerare Erdogan? Un importante alleato della Nato o un soggetto che vuole realizzare una Turchia radicalizzata anche su base islamica, ma non realizzando i principi veri e reali di quella religione, ed approfittando anche di essi? Io credo che ad Erdogan si possano attribuire entrambi i ruoli. Realisticamente parlando, egli è, in questo momento, un alleato non importante, ma necessario. Necessario perché la Turchia si trova in un punto delicatissimo dello scacchiere internazionale. Quando sento dire tutti i giorni di chiudere i rapporti, come conseguenza della giusta condanna che merita per la repressione che sta compiendo, io dico che bisogna stare attenti e pensare bene a cosa potrebbe accadere dopo. Indubbiamente è un soggetto che vuole fare della Turchia una realtà territoriale del tutto avulsa ed indipendente dagli obblighi internazionali e di cooperazione internazionale a cui è tenuta. Ritengo giusto che chi oggi non si fida, continui a non fidarsi di lui.

Dott. Di Pietro parliamo dai drammatici fatti di Nizza. Come possiamo difendere la nostra identità culturale occidentale dal terrorismo di matrice islamica radicale?

Distinguiamo bene. La difesa dell’identità culturale è una cosa. La difesa dal terrorismo praticato è un’altra. La nostra identità culturale occidentale credo che sia il frutto di una evoluzione che abbiamo conquistato nel corso degli anni, dei secoli. Un’identità che io credo vada difesa assolutamente, proprio sul piano culturale. Io rispetto il modello islamico. Ritengo che nel nome dell’Islam si stiano riunendo non solo i veri terroristi, ma anche persone da manicomio. E questo rende questo momento ancora più pericoloso. Con molta umiltà devo dire che non rinuncerei mai alla mia identità culturale occidentale. Penso di non avere cognizioni tecniche e militari tali da poter insegnare a qualcuno cosa fare sul piano militare per combattere il terrorismo. Sono pero’ convinto che il terrorismo si possa battere solo con la convinta sinergia di tutti i Paesi che lo vogliono davvero combattere.

Pochi giorni fa Lei è stato nominato Presidente del CdA di Autostrada Pedemontana Lombarda. Il Presidente della Regione Lombardia Roberto Maroni ha espresso senza riserve la propria soddisfazione per questa nomina. Una nomina che ha fatto venire però un certo mal di pancia ai politici lombardi di centro destra. La scelta della Sua persona è stata tecnica o politica?

L’Autostrada Pedemontana Lombarda è stata licenziata, come struttura importante per lo sviluppo autostradale lombardo, dall’allora ministro Di Pietro. Io ho accettato questo incarico sul piano tecnico e lo svolgerò con assoluta indipendenza, cercando di realizzare questa autostrada, se realizzabile. Altrimenti dirò agli organi istituzionali e politici ciò che si può fare e ciò che non si può fare. Con assoluta trasparenza ed indipendenza.

Riprendiamo il tema dello sviluppo strutturale del nostro Paese. Lei è stato Ministro delle Infrastrutture ed ha avuto modo di verificare molto da vicino lo stato di salute delle opere pubbliche nazionali, compiute ed incompiute. Secondo Lei ha più senso indirizzare le risorse economiche pubbliche, notoriamente tutt’altro che infinite, verso una capillare manutenzione del territorio oppure concentrarsi su opere di grande respiro, tipo TAV o ponte sullo stretto di Messina?

In linea di principio, sono necessarie sia alcune grandi opere pubbliche sia la capillare manutenzione e la tenuta in efficienza delle opere infrastrutturali del territorio. L’idea che o si fa una cosa oppure si fa l’altra è un’idea sbagliata. Ovviamente, di volta in volta, bisogna considerare le priorità. Non vi è dubbio che il ponte sullo stretto di Messina, sul piano avveniristico, può essere anche un’opera interessante, ma non mi pare che sia la più importante oggi, viste le risorse. Invece avere sviluppato l’alta velocità ferroviaria sulle linee fondamentali nord- sud ha di molto ridotto il traffico stradale, e questo ha aiutato il funzionamento del sistema dei trasporti. Non bisogna stare o dalla parte delle grandi opere o dalla parte delle sole micro manutenzioni territoriali. C’è bisogno delle une e delle altre. Rispetto alle risorse che si hanno a disposizione si tratterà di individuare, di volta in volta, le opere più necessarie e urgenti.

E’ possibile delegare agli investitori privati l’onere di modernizzare strutturalmente il Paese? Il Project Financing è un modello che funziona o dobbiamo inventarci qualcosa di diverso?

Non vi è dubbio che coinvolgere i privati nella modernizzazione delle strutture del Paese sia non solo importante, ma molto spesso necessario. Questo perché le risorse pubbliche sono limitate e quindi non tutto è realizzabile con queste risorse. Bisogna essere realisti e sapere che il privato tanto investe e tanto si attende come ritorno. E’ necessario fare molta attenzione ai piani di investimento finanziario, affinché siano presi in considerazione progetti veramente realizzabili. Le opere realizzate in parte dal pubblico ed in parte dal privato, e poi lasciate incompiute, creano un doppio danno; lo spreco finanziario dell’istituzione pubblica ed il degrado che segue all’abbandono dell’opera e segna il territorio. Personalmente sono contrario all’intervento dei privati nel finanziare opere in regime di monopolio. E’ evidente che in questo frangente il prezzo lo fanno solo loro, e non lo fa il mercato.

Parliamo di politica italiana. A suo avviso, le riforme costituzionali ed elettorali proposte da Renzi sono atti necessari al progresso democratico del Paese o sono il tentativo di inventarsi un meccanismo tecnico che consenta ad una sola parte di governare in una fase di grande equilibrio tra tre blocchi politici quasi equivalenti?

Io distinguerei tra le ragioni che hanno portato Renzi a fare le riforme costituzionali ed elettorali ed il merito di queste riforme. Non vi è dubbio che di una riforma elettorale c’è necessità, non fosse altro perché la Suprema Corte ha dichiarato incostituzionale l’ex legge elettorale. Concordo sul fatto che ammodernare la Costituzione, rendere più efficiente il sistema di produzione legislativa e meno dispendiosa la gestione della macchina pubblica, sono traguardi importanti; io sono favorevole a queste migliorie. Non sono favorevole nel merito dell’attuale riforma elettorale, e men che meno, di quella costituzionale. Io andrò a votare convintamente NO, ed ho fatto parte del comitato promotore del referendum per bocciare la legge elettorale, anche se non abbiamo raggiunto il quorum di firme necessario. Questa mia presa di posizione non è contro Renzi, lo faccio perché ritengo l’attuale riforma costituzionale un papocchio sul piano tecnico-strutturale. Viene venduta per riforma quella che in realtà è una deformazione costituzionale.

Chiedo al dott. Di Pietro ex magistrato un giudizio sullo stato della Giustizia in Italia.

La Giustizia in Italia è insoddisfacente nei risultati per molti aspetti. Primo perché arriva in ritardo, secondo perché non ha gli strumenti per poter arrivare a tutti. Valutazione che vale sia per la giustizia civile sia per quella penale. La responsabilità maggiore è del sistema politico. Il Parlamento, il Governo ancora oggi non si attivano per dare gli strumenti necessari a chi svolge l’attività giudiziaria. Le rispondo solo con questa affermazione, ma poi ci sarebbe un libro da scrivere sulle cose che non funzionano e sulle responsabilità di ognuno.

C’è un proliferare di authorities incaricate di coadiuvare le Istituzioni nel monitoraggio della legalità. Ne fanno ampio uso Regioni, Comuni ed Enti pubblici. Anche il neo sindaco di Milano Sala aveva, in campagna elettorale, parlato di una collaborazione con il suo ex collega Gherardo Colombo. Ma il vigilare non dovrebbe essere un compito esclusivo della Magistratura in collaborazione con le forze di Polizia? Il fatto che gli organismi di Governo, a diversi livelli, si occupino di temi tradizionalmente di competenza del potere giudiziario non è un pochino troppo border line?

Personalmente ritengo che non spetti alla Magistratura il compito di vigilare. Alla Magistratura spetta il compito di reprimere. Infatti, per definizione, la Magistratura, specie quella penale, può intervenire solo dall’attimo successivo al momento in cui il reato viene commesso. Non può intervenire prima. Quindi la prevenzione, dalla quale scaturisce la vigilanza, spetta proprio alle altre Istituzioni, al Governo ed a cascata a tutte le altre Istituzioni pubbliche presenti sul territorio. In questo senso authorities o strutture di prevenzione , io le giudico positivamente, perché il loro compito è – dovrebbe essere – quello di prevenire i reati prima che vengano commessi. Non scoprirli successivamente; questo si che spetta alla Magistratura. Ben vengano le authorities, ma ad una condizione; che siano organismi indipendenti, capaci di saper svolgere le loro funzioni e non cartoline utili a qualcuno per rifarsi un’immagine. Il vecchio Di Pietro avrebbe detto marchette !!

Lei è stato con la stagione di Mani Pulite un fiero oppositore dell’endemico male italico della corruzione. Il 1992 è lontano ma la musica non cambia. Mafia Capitale ci ricorda che gli anni passano ma le cattive abitudini resistono. Combattiamo ancora o ci rassegniamo ?

Dai tempi dei tempi, dai tempi biblici esistono un Caino ed un Abele. C’è sempre stato il buono ed il cattivo. E’ ovvio quindi che non bisogna rassegnarsi, ma bisogna combattere. L’inchiesta Mani Pulite non è stata un’inchiesta con finalità politiche. E’ stata soltanto una semplicissima azione giudiziaria che ha fotografato una situazione italiana nella quale la democrazia e l’economia erano stati messe in pericolo da una classe politica composta da persone corrotte (non solo, era composta anche da brave persone) e da un sistema economico dove alcune imprese avevano successo non solo grazie alle proprie capacità tecniche, ma anche per la capacità di essere corruttrici. Questo male, è un male che c’era, che c’è, e quindi va combattuto. Non bisogna rassegnarsi aspettando l’arrivo della Magistratura; per definizione quando arriva la Magistratura il danno è fatto. A monte, è la politica che deve assumersi le sue responsabilità, allontanando dai propri circuiti coloro che non rispettano le regole del gioco. Certo sul piano penale sino a quando le sentenze non sono passate in giudicato non si è colpevoli. Ma sul piano morale e politico è diverso. Se una persona è indagata per reati sessuali su minori, fino a sentenza penale passata in giudicato si presume innocente. Certo, sul piano penale è così. Però io se questo fa l’insegnante in un asilo, prima di mandarci mio figlio ci penserei due volte!

Pochi giorni fa è morto Bernardo Provenzano ed abbiamo celebrato l’anniversario della morte di Paolo Borsellino. Mafia, camorra ed ultimamente sempre più n’drangheta. Non sono solo fenomeni locali. Ormai non sono organizzazioni siciliane o calabresi o campane. Sono major del crimine nazionali ed internazionali. Come possiamo contrastarle?

Oggi è indubbiamente riduttivo pensare di localizzare territorialmente mafia, camorra ed n’drangheta. E non so se si debba ancora utilizzare questa terminologia tradizionale. Una volta queste organizzazione erano contro le Istituzioni. Oggi sono fenomeni che stanno dentro le Istituzioni. Si servono delle Istituzioni. Utilizzano le Istituzioni. In questo senso, sia a livello nazionale sia a livello internazionale, il contrasto non può essere solo un contrasto repressivo e giudiziario. Al primo posto dobbiamo mettere l’informazione, per consentire all’opinione pubblica di sapere come viene selezionata la classe politica. E per consentire alle Istituzioni di capire come agiscono le realtà economiche e finanziarie del Paese. Dobbiamo liberarci da alcune ipocrisie di fondo. Ne cito una, a titolo di esempio. Mi spiegate per quale ragione, ancora oggi, le moderne democrazie occidentali non mettono al bando, sul piano finanziario, istituzionale e commerciale i cosiddetti paradisi fiscali? Ci sono realtà che vengono utilizzate per fare, in modo ipocrita, fuori casa ciò che non si può fare in casa. Un esempio concreto. Il Liechtenstein, Vaduz. Ci sono più banche che cittadini residenti. Non c’è una multinazionale che non abbia un aggancio in questi paradisi fiscali. Forse se, anziché far finta che non esistono, si stabilisse un embargo economico e finanziario a livello istituzionale, si potrebbe meglio combattere la nuova criminalità organizzata. Una criminalità che è talmente evoluta che non viola le regole. Se le scrive. Ad uso e consumo proprio. Questa criminalità sul piano repressivo non la puoi contrastare, la puoi contrastare solo sul piano politico.

Qual’è oggi il potere più in difficoltà in Italia? Qual’ è il vaso di coccio tra i vasi di ferro, il potere giudiziario, il potere legislativo o il potere esecutivo?

In questo momento quello che maggiormente può essere paragonato ad un vaso di coccio è il potere legislativo. Per un motivo molto semplice. Perché dovrebbe essere, in una democrazia compiuta e come previsto dalla nostra Costituzione, l’essenza del potere rappresentativo in Italia. Il modello di individuazione di coloro che ci rappresentano in Parlamento e la qualità degli stessi mi pare che dimostri come il potere legislativo sia un vaso di coccio. Le faccio un esempio concreto. Oltre la metà degli attuali parlamentari sono stati eletti dal Popolo, all’interno di una coalizione politica ed in nome di un programma, e sono poi passati con altre coalizioni. Io ritengo che questo sia un furto politico ed il fatto che ci sia questo mercato all’interno del potere legislativo dimostra la sua debolezza, il suo essere vaso di coccio. Il potere giudiziario oggi in Italia ha la sua indipendenza, e se non l’avesse avuta oggi non saremmo in queste condizioni. Condizioni di fotografia del male italiano. Ma il potere giudiziario in questo momento sta facendo delle ispezioni una tantum, perché ogni cento fatti da esplorare, ne riesce ad esplorare solo uno.

Non ha strumenti, non ha mezzi, non ha potere. Poi anche nel potere giudiziario ed esecutivo ci possono stare delle mele marce. Ma la differenza è che il potere giudiziario quando trova un giudice che ruba, lo arresta. Il potere legislativo quando vede un politico che ruba lo porta in Parlamento, per non farlo arrestare.

Lei è stato operaio, poliziotto, magistrato, parlamentare, ministro. Quale è stata l’avventura più gratificante?

Ho vissuto ogni esperienza in pieno coinvolgimento. Partendo da un presupposto che ho sentito dentro di me sino da quando ero in tenera età. L’opportunità di reinventarmi periodicamente. Quando ho fatto ciascun mestiere ( e tanti altri oltre quelli che lei ha scritto) l’ho fatto perché ci ho creduto. Se dovessi tornare indietro li rifarei. Se dovessi tornare indietro li rifarei a tempo determinato, perché ritengo che ogni persona (visto che la vita è una sola) si debba mettere in gioco ogni giorno ai limiti delle proprie possibilità. Io ho cercato di farlo e non me ne pento. L’esperienza da me vissuta nel corso della quale più mi sono immedesimato, e dove più forte ho sentito la voglia di migliorare, è stata quella vissuta in Germania. Ero emigrante in Germania, ho vissuto sulla mia pelle la sofferenza della vita quotidiana. Rifarei tutto. Se dovessi darmi un voto mi darei un appena sufficiente per l’attività parlamentare. Rispetto alle aspettative che avevo creato in coloro che avevano creduto in me, nell’attività parlamentare e nella creazione di un partito, se avessi la possibilità di tornare indietro modificherei alcune scelte ed alcuni comportamenti.

Lei ha provato sulla sua pelle l’esperienza dell’emigrazione e del lavoro all’estero. Come giudica l’attuale fenomeno dell’immigrazione?

Mi ripugna quel senso di schifezza, di menefreghismo e di violenza che si percepisce nei confronti degli immigrati. E’ una stagione che abbiamo vissuto noi prima di loro. Andiamo a vedere cosa succedeva tanti anni fa, con le navi cariche di italiani che sbarcavano in America, del nord e del sud. Per non parlare degli emigranti in Germania. Le racconto un episodio. Appena arrivato in Germania come emigrante sono stato mandato lavorare in fabbrica. Facevo il pulitore di metalli. C’era una filiera di operai. Ognuno faceva qualcosa, come si fa nelle lavorazioni in serie. Nella mia filiera eravamo sette persone. Il caporale era un tedesco e gli altri sei eravamo di sei nazionalità diverse. Nessuno parlava la lingua dell’altro. Non potevi nemmeno parlare. Avevi cinque minuti per fare pipì. Per fare altro non c’era il tempo. Io ho vissuto sulla mia pelle l’esperienza di essere vittima dell’approffitarsi degli altri. Quando vedo lo sfruttamento che viene fatto su chi ha bisogno e viene nel nostro Paese, non provo solo sofferenza. Provo anche rabbia. Li, in mezzo a loro ,c’è il criminale? Anche in mezzo a noi c’è il criminale. Ho visto qualche giorno fa il video girato dal leader della Lega che faceva vedere un immigrato che faceva la pipì in mezzo al prato. Ma dove la deve fare questo povero Cristo ?? Non dobbiamo accettarli se non sappiamo aiutarli? Ma quando troviamo un barcone in mezzo al mare, cosa dobbiamo fare? Tecnicamente, cosa dobbiamo fare? Giro il barcone? Li butto a mare? Non riesco proprio a capire. Mi piange il cuore nel vedere certe situazioni. Quando vedi venti bambini morti affogati, venti donne soffocate nelle stive dei barconi, cosa fai? E’ una situazione biblica, anche in passato ce ne sono state. Va affrontata. Da qui a dire me ne frego, ne passa.

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