Questo non è un processo. Pertanto se cercate in queste righe stimoli e rampe di lancio verso il linciaggio mediatico, pigiate serenamente sul tasto ESC del vostro device, e cambiate pagina. Non si offende nessuno, tranquilli.
Non intendo vestite la toga del pubblico accusatore, ma una riflessione vorrei farla, da appassionato di sport, da cronista, da padre.
Il fatto – 9 settembre 2918. Misano, circuito motociclistico dedicato allo sfortunato pilota “Marco Simoncelli”, deceduto dopo una brutta caduta in gara nel 2011. Si sta disputando il GP di Moto 2, una sorta di campionato mondiale propedeutico al passaggio per i più valenti al grande circo della MotoGP. Le moto in gara hanno motori e telai da fuoriserie, le velocità raggiunte sono elevate. I 200 km/h si superano agevolmente. A tre giri dalla fine della gara, due piloti italiani si contendono una posizione testa a testa, Romano Fenati e Stefano Manzi. Si sono già dati nei giri precedenti qualche sportellata; i contatti non sono cercati dai piloti, ma fanno parte del gioco.
Improvvisamente, in piena velocità, Fenati affianca la moto del suo avversario, allunga la mano e “pinza” con un tocco rapido il freno della moto di Manzi. A quella velocità, vista la reattività dell’impianto frenante di questi bolidi, una manovra del genere può provocare la perdita di controllo del mezzo, la caduta, l’incidente. L’incidente grave, quello che potrebbe portare a conseguenze estreme.
La Direzione di Gara espone la bandiera nera. Fenati è immediatamente cacciato dalla competizione in corso. Per il mondo delle due ruote è uno choc, in una giornata contrassegnata da grandi vittorie dai piloti nostrani.
Sono i piloti stessi, di tutte le categorie, a non credere per primi ai propri occhi. Non si è trattato della manovra di un pilota troppo aggressivo; è stato un gesto premeditato e voluto, una sorta di regolamento di conti, che poteva portare un ennesimo lutto in pista e funestare uno sport già fortemente soggetto ad incidenti e perdite. A fine giornata la Federazione Internazionale sospende per due sole gare il pilota italiano colpevole del meschino gesto.
Non si raccoglie nel paddock un solo briciolo di solidarietà per il ventiduenne pilota ascolano che si è ficcato oggi, con le sue mani, nell’occhio del ciclone.
Crutchlow: “I miei colleghi sono troppo diplomatici. Romano Fenati non deve mai più correre su una moto. Deve tornare al box, lasciarlo e andare a casa. Rischiamo già troppo la vita”.
Marquez:”Nessun pilota deve pensare che una cosa del genere si possa fare, deve essere ben chiaro a tutti. E per questo serve una punizione esemplare”.
Valentino Rossi: ”Abbiamo puntato molto su di lui in passato, ma non siamo riusciti a gestirlo (dal 2014 al 2016 ndr). E’ stata una sconfitta”
Dovizioso: “Dobbiamo rivedere bene cosa sia accaduto in pista prima, ma di sicuro quello che ha fatto Romano è un gesto molto brutto, giusta la bandiera nera”.
Manzi, pilota suo malgrado co-protagonista dell’accaduto ha dichiarato: “Abbiamo avuto un contatto alla curva del Carro, ma era un contatto non voluto. Quando è rientrato in traiettoria ci siamo toccati e purtroppo siamo finiti sull’erba entrambi. Non mi sarei mai aspettato dopo un gesto così. E’ così brutto che non c’è tanto da dire, si commenta da solo”.
Crucifige! No! Grave si il gesto, gravissimo, ma il plotone di esecuzione no.
Devo dire che mi trovo molto vicino alle considerazioni che ha espresso il collega Guido Meda sulle pagine web di SkySport:
In questo paese dei balocchi che è il motomondiale, dove tutto sembra sempre una festa e dove un litigio tra Rossi e Marquez fa notizia per anni, l’essenza pericolosa del motociclismo è solo nascosta. Come uno strumento di autodifesa, ma tutti sanno che il rischio c’è. Ed è importante saperlo. E’ ciò che mette i professionisti in condizione di non superare i limiti della cattiveria, della rabbia e della dissennatezza. Il gesto di Romano Fenati, che tira la leva del freno a Stefano Manzi in rettilineo, va purtroppo inquadrato in questo contesto. E’ proprio il peggio.
Vuol dire bloccare l’avantreno e far volare l’altro in avanti, faccia a terra a duecento all’ora. E’ andata bene, ma nessuna azione subìta in precedenza può giustificare una reazione così. Fenati non è un cattivo ragazzo o una brutta persona. Per niente. Ha invece storicamente un problema di gestione dei nervi, un suo senso della giustizia che la fa diventare sommaria. Non è la prima volta, ma è la più eclatante. Siccome il suo gesto di Misano è volontario, orrendo e ha zero precedenti, due gare di squalifica ci sembrano francamente poche. Non per infierire su Fenati, anzi, per aiutarlo. Per aiutare lui e chi gli sta accanto in pista, lui e chi gli sta accanto nella vita e lo deve accompagnare a diventare grande, sportivo e responsabile.
Ecco questo è il punto. Non è necessario andare a caccia di condanne esemplari per mettersi in pari. E’ necessario capire se questo ragazzo è in grado di fare compiutamente un lavoro che ha regole ferree. Uno sport che è per pochi, e non per tutti. E’ necessario dare una misura al gesto compiuto, proporzionando anche la sanzione. Affinché sia chiaro che nello sport non sempre può finire tutto a tarallucci e vino.
Non cerchiamo la vendetta ed il linciaggio, ma apriamo gli occhi. Due giornate di squalifica sono per un professionista una tiratina d’orecchie, un invito pacioso a non fare più il pirla. Troppo poco, è una sanzione alla Ponzio Pilato.
Stefano Bedon, Team Manager della squadra di Fenati ha postato su un social una dichiarazione che riportiamo integralmente.
Questo il nostro comunicato.
D’accordo. È imperdonabile. Un fallo da reazione grave, in mondovisione. Chiaro che, se è stato punito anche Manzi, un motivo ci sarà ma non è questa una giustificazione. Il team si dissocia da quanto espresso oggi dal suo pilota Moto2 e si scusa con il mondo dello sport per il pessimo esempio, con gli sponsor per l’immagine data, con i tifosi tutti per la delusione. A chi ci chiede che decisioni prenderemo, rispondiamo che non si devono mai prendere a caldo per subirne le conseguenze dopo. Intanto prendiamo atto della squalifica, per due gare, del nostro rider. Noi l’abbiamo controfirmata immediatamente. Ringraziamo la Direzione gara per il tatto e la professionalità con la quale ha affrontato la situazione. Ringraziamo il team Forward per come ha collaborato con noi per spegnere l’incendio e riportare quanto prima la serenità. Ironia della sorte, il team Forward sarà la nuova squadra di Romano dell’anno prossimo e abbiamo tutti la voglia di cancellare questo episodio in fretta.
Detto questo, il pilota deve capire lo sbaglio è ripartire da lì, per costruire una nuova immagine e poter tornare a gareggiare a testa alta nel mondiale.
Per correttezza di informazione segnaliamo che prima di questo comunicato ne era stato pubblicato un altro, di tutt’altro tenore, poi rimosso. Per fortuna, era inguardabile. A mente fredda le sue precisazioni sembrano più sensate.
In attesa del comunicato ufficiale di Federmoto, giriamo pagina, riflettendo sul fatto che lo sport agonistico d’elite è per pochi, e non è per tutti.