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C’era una volta… una simpaticissima ragazza bergamasca, famosa in Italia ed all’estero. Nonostante i suoi numerosi impegni (gare, trasferimenti, conferenze stampa, photo shooting, incontri con gli sponsor etc etc) è stata così gentile da accettare il mio invito a pranzo.

Dagli studi Rai di corso Sempione ci siamo diretti in Duomo e lì abbiamo pranzato. Oddio… veramente io ho pranzato, lei ha mangiato solo un’insalatina… Non c’è stato verso di tentarla con altro, insalata doveva essere ed insalata è stata. D’altronde fare cambiare idea ad una come lei è praticamente una Mission Impossible 7. Ed io non ho la tenacia di Tom Cruise.

Ah si, dimenticavo… la mia ospite è la vulcanica Sofia Goggia.

©Francesco Scaccianoce

Chi è Sofia? Troppo lunga la sua biografia per riportarla per intero. Diciamo che è una grande atleta, una bravissima sciatrice che, nonostante diversi infortuni patiti nel passato, ha saputo mettersi in grande evidenza diventando la punta di diamante della nuova valanga rosa. Gareggia in quasi tutte le specialità dello sci alpino (ad esclusione dello slalom speciale) e detiene il record di punti conquistati da un’ atleta italiana in una singola edizione di Coppa del Mondo. Suo è anche il record assoluto stagionale di presenze sul podio, ben 13 piazzamenti. Insomma è una giovane campionessa.

Quando ho invitato Sofia ho precisato subito che la mia intervista avrebbe riguardato principalmente la sua persona e solo secondariamente il suo personaggio sportivo. Lei ha accettato, ben sapendo che quando si tocca la sfera personale è necessario essere sinceri e trasparenti. Ma credo che non abbia faticato molto a rispondermi; trasparente e sincera lo è sempre.

Ci godiamo il sole primaverile di Milano e scambiamo due chiacchiere. Mandiamo via la sciatrice Goggia e parliamo solo con Sofia.

Se nella tua valigia rimanesse un piccolo spazio libero, lo riempiresti con una macchina fotografica, con un libro, con un lettore di brani musicali oppure con una trousse di trucchi?

Con i trucchi sicuramente no, spesso e volentieri li dimentico a casa, quindi li scarto subito. Dipende anche da dove sono diretta e da quanto tempo passerò lontano da casa. In linea di massima non rinuncerei ad un buon libro e tantomeno alla macchina fotografica. Se fossi proprio costretta a fare una scelta unica mi porterei il libro, ma se potessi stringere e schiacciare con forza il contenuto della mia valigia farei possibile ed impossibile per farci entrare anche la macchina fotografica. Io adoro la fotografia, in Messico ho fatto un reportage bellissimo, ho scattato ai bambini messicani una serie di ritratti che mi hanno dato molto. In fondo anche nelle fotografie si possono trovare tante storie, come in un libro, storie alle quali ciascuno di noi può attribuire un significato personale. Una macchina fotografica o un libro? Ho deciso, li porto via entrambi!

©Francesco Scaccianoce

Non importa come appaio, l’importante è chi sono. 

Ti senti bella, ti vedi bella ?

Mi sento bella e non mi vedo così bella. La bellezza è qualcosa che abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni, bisogna però essere in grado di coglierla. Ci sono diversi tipi di bellezza; io credo di essere bella a modo mio. Credo che la mia bellezza sia un pochino nascosta, non rilevabile dalle apparenze estetiche che rappresentano spesso il nostro biglietto da visita. Dietro questo biglietto, dentro se stessi, indipendentemente dalla propria piacevolezza fisica, ciascuno di noi può nascondere un intero mondo di bellezza. Io tengo molto a questa mia bellezza intima. So che ci sono persone che considerano molto la propria esteriorità e la cura maniacale della propria persona, e poi magari si rivelano per essere qualcosa di molto simile ad un libro senza contenuti. Non si giudica un libro dalla copertina. Preferisco essere un libro con una copertina non particolarmente appariscente ma ricco nelle sue pagine.

Non importa come appaio, l’importante è chi sono.

Il giudice Paolo Borsellino un giorno disse: “La Rivoluzione si fa nelle piazze con il popolo, ma il cambiamento si fa dentro la cabina elettorale con la matita in mano”. Giorgio Gaber cantava “Libertà è Partecipazione”. Cosa pensa Sofia della Politica?

La Politica è un argomento di una vastità enorme e di una magnifica complessità. Al giorno d’oggi non si può più parlare di politica come si faceva un tempo, all’interno della polis greca, nell’agorà. La politica moderna è una politica fortemente assoggettata al potere economico. Il mondo moderno è governato più dall’economia che dalla politica e quest’ultima non è più quell’attività piena di nobiltà che era tanto tempo fa. La politica, quella vera, dovrebbe essere sinonimo di coraggio.

I traguardi veri vanno conquistati in modo pulito, te li devi sudare.

Ti è mai capitata nella vita l’opportunità di prendere una scorciatoia?

Si, mi è capitato di prendere qualche scorciatoia. Ma per cose piccole piccole, tutto sommato banali. Ma chi non l’ha mai fatto! Per esempio il classico bigliettino, con scritta in caratteri microscopici la formula matematica che proprio non mi entrava in testa, da portare nell’astuccio il giorno del compito in classe. Oppure un segno che mi potesse ricordare di quale ordine architettonico fossero le arcate di Santa Maria Novella. Nulla di più però, perché ho sempre saputo che giungere ad un traguardo senza percorrere la strada giusta, nel modo giusto, non vale niente. Si rivela inevitabilmente un traguardo fasullo, fittizio, non appagante. Se hai ideali e princìpi non ha nessuna importanza arrivare al successo percorrendo una scorciatoia. I traguardi veri vanno conquistati in modo pulito, te li devi sudare. C’è chi si sente appagato dal successo, indipendentemente da come lo ha ottenuto. Io non ci riesco. Se non me li sudo e se ci arrivo per vie traverse, i successi non me li godo.

Puoi salvare dall’Apocalisse un libro, un brano musicale e un film. Fai la tua scelta.

Non è una domanda facile. Il brano che salverei è di Tchaikovsky, Violin Concerto in D major, Op 35. Il libro è Orgoglio e Pregiudizio. Il film è ancora più difficile da scegliere. Ce ne sono tantissimi, ma non me ne viene in mente uno in particolare da mettere al sicuro a discapito di altri.

attiva questo link per ascoltare Tchaikovsky – Violin Concerto in D major, Op 35.

Ho cercato la tomba di Keats e gli ho letto la mia poesia preferita, La Belle Dame sans Merci.

La materia che nel corso della tua storia scolastica ti ha annoiata di più e quella che maggiormente ti ha affascinata.

A dire il vero non c’è stata nessuna materia che mi abbia annoiata veramente. La materia che invece mi ha appassionata di più, al liceo, è stato l’inglese. Sai, si tende a ricordarsi sempre del professore cattivo; poi a distanza di anni ti guardi indietro e scopri che quel prof è anche quello che ti ha dato di più. Non c’era un gran feeling tra me e l’insegnate di inglese, a pelle non ci si capiva. Ma io ho sempre voluto dimostrare il mio valore proprio nella sua disciplina. Il mio carattere competitivo in questa situazione ha fatto capolino. Ed il mio impegno non si è limitato solo alla parte linguistica, nel parlato e nello scritto, ma si è esteso anche allo studio della letteratura inglese. Ammetto che per me è stato un grande piacere essere poi capace di narrare la vita di John Keats, di recitare e spiegare la sua Ode on a Grecian Urn (Ode su un’urna greca, 1819 – ndr) e le altre sue opere.

Mi sono piaciute anche altre materie, ad esempio la filosofia, ma l’inglese è stata la materia più cara, quella che mi ha spronato a dare il massimo, quella in cui volevo eccellere ad ogni costo, anche a dispetto del non feeling che c’era con l’insegnate. A casa mia ci sono ancora, gelosamente custoditi, tutti i miei schemini di studio di inglese delle superiori. Ora nella mia vita professionale questa lingua è fondamentale; se non sai l’inglese… ma dove vai? A livello colloquiale so di potere parlare con chiunque ed ovunque, e questo significa libertà.

E poi Keats! Ti racconto un aneddoto. Nel 2011, insieme ad altri sportivi, sono andata per quattro giorni a Roma per sostenere l’esame di ammissione alla Guardia di Finanza. Un giorno, al termine dei test, sono andata vicino alla Piramide di Caio Cestio a mangiare e subito dopo sono entrata al Cimitero Acattolico, che è proprio lì vicino. Ho cercato la tomba di Keats e gli ho letto la mia poesia preferita, La Belle Dame sans Merci (1819 ndr). (John Keats morì a Roma di tubercolosi il 23 febbraio del 1821 – ndr). Un’altra volta sono riuscita a trascinare un mio caro amico in piazza di Spagna al civico 26, a visitare la casa dove Keats visse e morì a soli venticinque anni.

Tornando alla scuola, penso che non mi sarei mai appassionata tanto all’inglese ed alla letteratura inglese se non avessi avuto quel particolare prof alle superiori. A distanza di qualche anno… prof Thank You!

Guarda avanti. Al tuo futuro, ad un futuro non necessariamente prossimo. C’è qualcosa che ti spaventa?

Si, sono spaventata dalla scarsa cura che stiamo dedicando al nostro pianeta. Se penso al fenomeno del riscaldamento della crosta terrestre, se penso al modo indiscriminato con cui stiamo esaurendo le risorse energetiche, mi spavento. Non sono pensieri fissi, il mio orizzonte è solitamente orientato su un futuro più prossimo, ma se mi costringi a guardare lungo, questo è ciò che mi preoccupa maggiormente.

Con le potenzialità che ha l’Italia non dovremmo accontentarci, dovremmo essere più ambiziosi perché abbiamo tutte le caratteristiche per essere una nazione vincente.

Il futuro è tuo, così come lo è di tutte le ragazze ed i ragazzi che oggi hanno la tua età. Vorresti viverlo in un’Europa unita soggetta ad una politica comunitaria oppure in un’Italia che riacquista in toto la propria sovranità nazionale? Oppure lontana dal nostro Paese?

Questa domanda per me è un po’ complicata, perché io non parlo quasi mai del futuro. Sono sempre concentrata sul mio presente. Questa per il momento è la mia filosofia di vita, e non potrebbe essere diversamente, hai notato che in Goggia è contenuta la parola oggi? (ampio sorriso – ndr).

Mi piacerebbe vivere in un’Italia che controlla il proprio potere decisionale, in un Paese forte, inserito in una comunità di stati. Vedremo, magari tra vent’anni sarò in un ranch in Arizona a ferrare cavalli con un marito stelle e strisce. Per il momento non guardo troppo lontano, sono concentrata sul mio presente. Oggi mi sento e sono una cittadina italiana che ama moltissimo il proprio Paese, sono anche un cittadina europea e soffro per il fatto che l’Italia all’estero non raccolga la considerazione che meriterebbe. Forse perché a volte facciamo il minimo indispensabile per ottenere il massimo; io nel mio campo cerco di dare sempre il massimo per ottenere il massimo, anche perché vesto i colori del mio Paese. Con le potenzialità che ha l’Italia non dovremmo accontentarci, dovremmo essere più ambiziosi perché abbiamo tutte le caratteristiche per essere una nazione vincente.

La radio è il top, la radio è affascinante, la radio ti spinge ad immaginare, ti costringe ad usare la fantasia. 

Radio, televisione, Facebook, Instagram, Twitter, Telegram, Linkedin e compagnia bella. Rubiamo a Celentano una classificazione easy ma efficace: rock e lento. Quali sono i mezzi di comunicazione rock e quali quelli lenti. Tu quali preferisci?

Siamo nell’era dei social, un’era che in realtà riduce parecchio la nostra reale capacità di socializzare. Io uso tre social networks Facebook, Twitter ed Instagram. Li gestisco in modo diverso l’uno dall’altro perché i followers dei tre sistemi sono diversi tra di loro. Twitter ha una velocità folgorante, Twitter significa immediatezza. In questo social lancio una notizia con soli 140 caratteri e ricevo una risposta di soli 140 caratteri al massimo. Facebook è il social che si presta maggiormente a raccontare “la storia dell’orso”, dove puoi esprimerti un po’ di più, dove hai lo spazio per mettere testo e foto senza limiti di spazio. Instagram invece ti impone di rivelarti con il semplice ed unico uso delle immagini. Secondo me questi sono i tre mezzi di comunicazione più rock. Poi c’è la radio, che si eleva sopra a qualsiasi altro mezzo di comunicazione. Anche sopra alla televisione, perché la televisione ha ritmi incalzanti che non sempre ti consentono di esprimerti come vorresti. La radio è il top, la radio è affascinante, la radio ti spinge ad immaginare, ti costringe ad usare la fantasia. Oggigiorno le immagini virtuali ti raggiungono ovunque, dalla tv, dai tablet, dagli smartphones. La radio invece ti stimola in modo diverso, ti tira dentro quasi in un sogno. Non sempre riesco ad ascoltarla, ma la amo veramente.

Quanto potresti resistere senza uno smartphone in mano?

Non ti do una risposta teorica, perché a volte lo faccio, spengo e vivo senza cellulare. Durante la stagione agonista è dura staccarsi, devi essere reperibile. Ma quando vado in vacanza posso tranquillamente stare anche quindici giorni con il telefono spento. Il mio lavoro mi impone di aggiornarmi in continuazione, e l’uso dello smartphone è una necessità, non un piacere voluttuario. Se realmente volessimo, potremmo vivere tranquillamente con in tasca il vecchio Nokia 3310 o con uno di quei vecchi device che navigavano poco e male. Ma ormai siamo abituati a surfare tra i social, a consultare wikipedia, a tenere sempre gli occhi sullo schermo in attesa del tweet. Io comunque se posso a volte stacco e mi godo un pochino di santa pace.

©Francesco Scaccianoce

Quanto conta il denaro nella tua vita?

Il denaro ha il suo giusto valore, nulla più del valore che io gli do. I soldi ti danno l’accessibilità ad un tenore di vita migliore, ti consentono di toglierti qualche sfizio, qualche capriccio ogni tanto, ma la vera ricchezza di una persona non è la ricchezza economica o monetaria. La vera ricchezza è quella che ci portiamo dentro, il nostro bagaglio di esperienze, il nostro vissuto. A volte si trovano sulla nostra strada persone che tutti definiscono ricche perché hanno paccate di soldi, ed invece dentro sono molto poveri. Per contro, ci sono persone meno abbienti che dentro sé stesse celano ricchezze centomila volte maggiori. Il concetto di ricchezza trascende la quantità di euro che hai in banca. Il denaro serve per vivere bene, ma non è l’essenza della vita.

Nel parlare tu pronunci la lettera erre in modo particolare. Si usa dire alla francese. Sentendoti, sia dal vivo sia nelle interviste, ho notato che quando parli di cose per te piacevoli questa erre si addolcisce molto. Quando invece puntualizzi qualcosa con forza, diventa molto tagliente. Come convivi con questa tua caratteristica? 

A dire la verità sei il primo a dirmelo. E sei il primo che mi fa ragionare su questa cosa, e ti dirò che hai ragione. E’ proprio così. Non è solo una questione di erre, c’è anche il tono che si usa che aiuta a rendere taglienti alcune risposte. Con la mia erre alla francese (ma i più la definiscono erre moscia) io convivo benissimo, in fondo porta un tocco di originalità al mio parlare. La mia erre è un’arma a doppio taglio; sai questa particolarità che mi hai fatto notare, mi piace moltissimo.

Il tuo rapporto con la spiritualità.

E’ un rapporto importantissimo. Io credo che la nostra anima debba trovare un proprio equilibrio, debba trovare la pace. Per raggiungere questo equilibrio devi applicare alla tua vita un’etica precisa, devi avere una certa morale, devi essere custode di determinati valori, valori personali, valori propri. Tutto ciò dovrebbe permetterti di raggiungere quello che viene definito il tuo stato di grazia.

Nella vita non c’è nulla di scontato, e meno che mai la possibilità di raggiungere questo stato di grazia. Se agisci correttamente nei confronti degli altri, del mondo che ti circonda e soprattutto nei confronti di te stesso, puoi avvicinarti molto a questo equilibrio spirituale, un equilibrio che ti aiuta tanto a vivere. Non è semplice da trovare, molti lo cercano nelle cose materiali di tutti i giorni, sbattendo la testa a destra ed a sinistra. Invece, io ne sono convintissima, si trova dentro di noi, in un punto profondo del nostro spirito. Questa ricerca intima non è necessariamente legata alla pratica della religione cristiana o buddista o ad altre religioni. Per quanto mi riguarda sono battezzata e comunicata nel cattolicesimo. La cresima non l’ho fatta, probabilmente ero da qualche parte a sciare quando i miei amici e coetanei si sono cresimati. La domenica vado a Messa, anche perché ogni domenica trovo in questo rito spunti di riflessione incredibili. Anche se poi magari non lo apro mai, il Vangelo me lo porto sempre in giro per il mondo. Quando vado a Messa nella mia parrocchia ascolto sempre volentieri la predica del nostro parroco, il nostro don, che è una persona di un certo spessore. E così quando torno a casa la domenica sera dopo la Messa delle sette mezza (io accompagno sempre i miei genitori, in particolare mia mamma) ho sempre qualcosa su cui ragionare. Questo è il mio rapporto con la religione.

Tornando alla spiritualità più in generale, per come la intendo io, è un pozzo di energie che ho a mia disposizione, ma per poterlo sfruttare devo mettermi in gioco a fondo trovando con queste energie la mia personalissima armonia.

Mi piacciono le macchine potenti, con tanti cavalli, quelle che dopo una bella accelerata decisa ti incollano al sedile.

A parte lo sci, quali sono i tuoi sport preferiti?

Sono attratta dagli sport adrenalinici, da tutti gli sport che hanno curve e velocità. O meglio, gli sport che ti impegnano a fare le curve in velocità. Per esempio, quando guido in montagna su una strada in salita, io mi gaso alla grande. Mi piace il motocross (io sono sempre andata in giro con la mia moto da enduro), mi piacciono le macchine, i motori. AMO I MOTORI !!

Moto o macchina?

Dipende dalla stagione. Per andare in palestra a Bergamo posso usare un motorino o meglio una moto (io adoro le cafè racer… le adoro… le adoro… le adoro!). In inverno macchina, macchina… wrooom. Mi piacciono le macchine potenti, con tanti cavalli, quelle che dopo una bella accelerata decisa ti incollano al sedile. Per fortuna che una macchina così non ce l’ho! Le macchine esercitano davvero un grande fascino su di me. La mia prima macchina è stata una Ford Fiesta, pagata con i mie primi stipendi da finanziera; non l’ho più, quanto mi manca, era mia la mia macchinina.

Principessa delle nevi, le piace il mare?

Si si, il mare mi piace. Il mare è qualcosa di infinito, non termina mai, non vedi mai il suo reale confine sull’orizzonte. Però preferisco la montagna, forse proprio perché invece in montagna tutto ha un inizio e tutto ha una fine. Ogni discesa, corsa agonisticamente o percorsa per puro piacere, rappresenta un ciclo. Ed il susseguirsi dei cicli è una cosa che mi ha sempre interessato molto.

Quando entro in Città Alta mi accorgo che chi mi vuole bene, mi vuole bene anche se arrivo ultima nelle gare.

Sofia torna a casa dai suoi frequenti viaggi. Esce e passeggia tra le vie e nelle piazze che frequentava abitualmente quando era bambina, adolescente, ragazza. Incontra i vecchi compagni di scuola e gli amici d’infanzia. Loro la guardano. Come la vedono? Vedono la loro amica di sempre o vedono una star dello sport?

Vedono la loro amica di sempre. Loro sanno che questa amica ha fatto un suo percorso di vita che l’ha resa… quello che è. Quando io vado in Città Alta (Bergamo ndr) e vado a trovare il mio amico Giovanni (siamo amici dalle elementari)gli dico: “Giò, raccontami tutto quello che è successo in questi mesi! “. I mie amici rappresentano anche il mio legame con la realtà nella quale ho sempre vissuto, dove sono cresciuta. Non sto dicendo che il mio mondo sia qualcosa di surreale, sto dicendo che lì ci sono le mie radici. Ed avere piantato nel tempo delle radici ti consente di essere sempre considerata per quello che ero da ragazzina, e che sono anche oggi.

Quando io incontro i miei amici non parliamo quasi mai di sci, lo facciamo raramente ed in modo sfuggente. Per me è bellissimo perché sono io che chiedo loro di raccontarmi la loro vita, le loro giornate. E loro mi raccontano cose che io non ho potuto vivere, perché mi sono trovata sino da ragazzina in un mondo popolato da adulti, circondata anche da tanti squali, spesso da sola. I mie vecchi legami di amicizia resistono, resistono nel tempo anche a dispetto del tipo di lavoro che faccio. Quando entro in Città Alta mi accorgo che chi mi vuole bene, mi vuole bene anche se arrivo ultima nelle gare. Questi sono i rapporti che mi tengo stretta, queste sono le persone che per me hanno un valore inestimabile. Loro lo sanno che dentro di me non è cambiato niente, io ho solo lavorato tanto ed ho colto una serie di successi professionali e sportivi. Ma io sono sempre io, e loro lo sanno. Non ho mai bisogno di ricordarglielo, loro lo sanno, sempre.

Come tutti, Sofia avrà qualità e difetti. Scegline due a caso.

Potrebbero coincidere in qualche modo tra di loro. Un pregio a caso… sono tenace e grintosa. Un difetto… sono troppo profonda. Per me stessa e per le poche persone che veramente mi capiscono.

Papà, mamma, vi dico grazie perché…. Puoi dare una sola risposta.

Grazie papà, grazie mamma! Grazie perché so che mi amate e mi volete profondamente bene, indipendentemente da quello che faccio nella mia vita e della mia vita.

Quando si è bambini si dice “da grande farò il pompiere, il vigile, la ballerina, l’attrice….” Tu da bimba cosa dicevi?

La sciatrice! Io a sei anni volevo sciare, volevo fare questa vita e mi dicevo: “da grande farò la sciatrice”. Però mi piaceva tanto anche il teatro e mi sarebbe piaciuto tanto intraprendere una carriera teatrale.

E qui io e Sofia ci facciamo una bella risata di gusto perché potete bene immaginare come possa avere pronunciato “una caRRieRa teatRale”… ndr.

Quando verrai a sorpresa a mangiare da me ti farò, da buona italiana, un bel piatto di pasta al sugo. Non c’è italiano che non sia contento davanti ad un bel piatto di pasta.

Piergiorgio Welby, Luca Coscioni, Eluana Englaro, Dj Fabo sono nomi che ci riportano ad un tema molto delicato. Dolce morte, eutanasia assistita. Sei favorevole o contraria alla possibilità di scegliere come gestire la fine della propria vita terrena?

Mamma mia che domanda difficile. Quando si è in una condizione irreversibile, quando non c’è veramente più nulla da fare, si può anche morire. Si può scegliere di morire.

Il piatto più strambo che hai mangiato in giro per il mondo ed il tuo piatto preferito. Se venissi a sorpresa a casa tua cosa mi cucineresti?

Il più strambo l’ho mangiato in Corea, loro lo chiamano Kimchi. E’ piccantissimo, molto forte, se devo dirti la verità non mi ha fatto impazzire. (Il kimchi consiste in verdure fermentate – cavolo cinese, ma anche rafano, cetriolo, melanzane, zucchine, cipollotti e così via -preparate con peperoncino rosso in polvere, salsa a base di pesce fermentato, aglio e zenzero. NDR).

Non ho un piatto preferito, se pensiamo ai classici primi ,secondi, contorni etc. Ma ho un dolce preferito! Il soufflé di cioccolato, quello con il cuore caldo. Non sono una patita di dolci, ma quando trovo il soufflé nel menù, spesso e volentieri lo prendo. E’ un vero piacere mangiarlo, una libidine. Quando verrai a sorpresa a mangiare da me ti farò, da buona italiana, un bel piatto di pasta al sugo. Non c’è italiano che non sia contento davanti ad un bel piatto di pasta.

Milano, piazza del Duomo, cammini scansando i piccioni. Ti guardano, molte persone si girano verso di te, ti puntano con il dito, “guarda… è la Goggia!” Ti gasi e gonfi il petto orgogliosa o abbassi il viso e scappi nella folla?

Non mi comporto in nessuno dei due modi. Mantengo un atteggiamento equilibrato. Mi presto a fare, se me la chiedono, una foto insieme, stringo la mano, saluto, e se mi chiedono un autografo lo faccio. Senza assolutamente gasarmi e tantomeno scappare. So perfettamente che una grande parte della costruzione del personaggio sportivo è dovuta ai tifosi che ti seguono, indipendentemente dai risultati. Se sei qualcuno lo devi anche a coloro che seguono le tue gare e le tue imprese sportive, è giusto quindi condividere un po’ del tuo tempo con i tifosi.

Se potessi essere qualcun altra, chi vorresti essere?

Me stessa, sempre. Potrei mai essere un’altra? No. Sto così bene nei miei panni, perché dovrei desiderare una vita diversa dalla mia? Potrebbe sembrare un’uscita un pochino egoista, e forse lo è. Ma nel senso letterale del termine. Egoista perché ho un forte ego. Sto bene, davvero bene con me stessa.

Ti racconto una cosa. Sai qual è stata la mia prima parola pronunciata da piccola? Mio fratello ha detto mamma, papà. Io invece ho rubato un cucchiaio a mio papà ed ho detto: “Io”. Non potrei proprio essere nessun’altra, se non me stessa. Lo so, lo so, ho un grosso ego, e ti garantisco che sto lavorandoci per contenerlo, perché mi rendo conto che questo può essere inteso come un pregio solo fino ad un certo punto. Oltre una certa soglia diventa un difetto. Va bene se ti da forza, intraprendenza e coraggio. Se diventa saccenza, non va più bene.

Sofia io parlerei con te ancora a lungo, ci sarebbero altre mille cose su cui ragionare insieme, ma adesso dobbiamo richiamare la sciatrice Goggia, dobbiamo scambiare due parole anche con lei.

A Cortina ti ho sentita dire che nello sport la fortuna e la sfortuna non esistono. Ciò nonostante hai qualche tuo piccolo rituale scaramantico, sia nella fase della vestizione sia nella fase della partenza. Come la possiamo definire questa scaramanzia?

Si si, è vero. Ho una serie di gesti abitudinari che si ripetono ogni volta. Ho le mie mutande da gara, i miei sci da gara. Ma non è scaramanzia questa, per me la scaramanzia è la debolezza più infima dell’uomo. Ti piace come definizione? L’ho detta per la prima volta ad un allenatore sulla seggiovia ad Altenmark, lui mi ha guardato basito e non ha più parlato sino a quando non siamo scesi dall’impianto.

Non sono scaramantica, ho il mio piccolo rito. La ritualità è diversa dalla scaramanzia. La scaramanzia prevede che tu creda nella fortuna e nella sfortuna, ed io non ci credo. Non ci credo perché credere nella fortuna significa cedere parte del tuo lavoro alla casualità, io invece voglio essere pienamente artefice del mio destino e lavoro duro per costruirmelo. Nella vita c’è indubbiamente una componente sconosciuta, la possiamo chiamare destino oppure fato, ma non ha nulla a che vedere con fortuna o sfortuna. Mille volte mi hanno detto “auguri” prima di una gara, non mi ha mai dato fastidio ed ho sempre risposto “grazie”. Invece se lo dici a qualcun altro inizi a vedere corna e stracorna, facce che diventano cupe, e tocchi vari di quà e di là. Scherziamoci su dai, diciamo che più lavori bene e maggiormente la fortuna si avvicina a te. Poi ho la mia abitudine in partenza, al cancelletto. Pugno sul cuore, pugno sulla testa, tac sui bastoni, sputo e viaaaaaa!!! E poi nella mia mente mi ripeto una frasettina.

Me l’ha confidata, ma non la trascrivo perché non vorrei che rivelarla possa portare sfiga!

A me non dispiace assolutamente che si parli di me sui media, a condizione che si parli di me per i miei risultati e le mie gare.

Da pochi mesi, giorni, sei entrata nella storia dello sport italiano. Ci sei arrivata nonostante una serie di delusioni e di infortuni fisici. Oggi tutti noi operatori dei media, carta stampata, tv, radio etc etc ti inseguiamo per avere una dichiarazione, una tua intervista più o meno esclusiva, uno scatto. Quando non eri così in alto nel ranking e quando eri bloccata dagli infortuni, tutta questa fila di taccuini, di microfoni e di flash non c’era. Non senti mai la tentazione di mandarci tutti a scopare il mare?

No perché so benissimo come funzionano le cose in Italia. Quando fai qualcosa di positivo hai un grosso impatto mediatico, legato sia ai tuoi risultati sia alla tua capacità di atteggiarti a personaggio. Più sei capace di incarnare il personaggio più vieni cercata, e sale la probabilità di vederti ricamata in articoli a volte privi di un alto contenuto sportivo. In fondo è giusto così, se fai qualcosa per cui vale la pena scrivere, è giusto essere cercati ed è giusto che si scriva di te.

E’ logico vivere nell’oblio mediatico più totale quando sei infortunata, a meno che tu non sia già diventata personaggio, allora viene trascurata la tua carriera agonistica ma sei ugualmente sotto i riflettori per altri motivi, magari a causa di un fidanzato famoso. Non ti chiedono come procede la riabilitazione, ti chiedono altro.

A me non dispiace assolutamente che si parli di me sui media, a condizione che si parli di me per i miei risultati e le mie gare, non per motivi futili dei quali a me proprio non importa nulla. C’è poi anche il fatto che in Italia si tende a sovraesporre il risultato sportivo, dandogli maggiore enfasi del dovuto, mentre in altre nazioni questo non accade.

Non imito nessuna e posso imparare da tutte. 

Nella tua sciata, nel tuo approccio alla gara, nel tuo modo di vivere l’agonismo ti senti affine a qualche grande sciatrice del passato o del presente?

No, ma ti garantisco che mi sento una ladra di professione. Io ho il mio stile e non cerco di imitare nessuno, non voglio essere la fotocopia di qualcun altro. Io ho la mia sciata, autentica, tutta mia. Però sono molto attenta e cerco di prende spunti da abilità che altre ragazze hanno sviluppato meglio di me. Sono spunti sui quali poi lavoro con il mio stile.

Ho ammirato l’obiettività della Maze ed ho imparato ad averla, tengo presenti i metodi e gli approcci di colleghe che sono vere macchine da guerra e quando la Stuhec mi batte nei piani, io cerco di guardare cosa fa di diverso. E quando lo capisco cerco di inquadrare questo dato nella mia personalissima quadratura del cerchio, che è il mio stile, il mio modo di sciare. Non imito nessuna e posso imparare da tutte.

Mi sembra che ci sia un certo feeling tra te ed un’altra grande atleta che, come te, sorride molto spesso. Ilka Stuhec. Mi sbaglio?

Io e Ilka siamo molto amiche. A volte è più semplice stringere amicizia con atlete di un’altra nazionalità piuttosto che con le tue colleghe di nazionale. Anche perché si vive molto meno a stretto contatto. Tra me e la Stuhec c’è lo stesso tipo di rivalità, ciascuna delle due vuole battere l’altra. Ma sappiamo benissimo che la nostra rivalità esiste solo dal cancelletto alla riga rossa del traguardo.

Io ed Ilka ogni volta che ci incrociamo e prima dello start delle gare ci abbracciamo. Abbiamo questo nostro piccolo rito personale, solo nostro, ogni volta che ci vediamo ci abbracciamo. Questa è la rivalità sportiva sana, non quella che a volte serpeggia senza rivelarsi e che talvolta trascende l’ambito sportivo. Si, io ed Ilka siamo molto amiche, ci rispettiamo e siamo accomunate nella nostra amicizia anche dal fatto di avere condiviso una sofferenza comune, quella portata dagli infortuni. Questa sofferenza da infortunio è qualcosa che accomuna ed avvicina molti atleti, indipendentemente dalla nazionalità di appartenenza.

©Francesco Scaccianoce

A tuo avviso Lindsey Vonn riuscirà a battere il record assoluto di vittorie di Stenmark? Te lo chiedo perché gli stai rendendo la vita difficile, nonostante il fatto che lei ti stimi molto. Non è mica bello questo… 

E’ questo il bello dello sport. Nello sport c’è chi ti teme e ti rispetta, e c’è anche chi ti teme e ti invidia. Io e la Vonn facciamo parte entrambe della prima categoria di persone. Secondo me Lindsey riuscirà a battere il record di Stenmark, io glielo auguro. Ma auguro a me stessa di renderle la vita molto difficile.

Noi giornalisti siamo a volte un pò strani. Se ci dai dentro a mille, se ti prendi dei rischi per vincere e magari cadi, diciamo: “deve imparare a controllare la gara, deve ragionare di più, deve pianificare meglio le sue discese”. Se invece manchi la vittoria per pochi centesimi diciamo: “ha tenuto troppo, lei è una sciatrice deve dare sempre il 120%”. Sofia Goggia nel 2017-2018 sarà la magnifica sciatrice genio e sregolatezza di oggi oppure diventerà una brillante ragioniera che amministra ogni discesa in ottica di classifica anche a costo di mancare il gradino più alto del podio?

Sofia Goggia resterà la sciatrice che era sin da bambina. Quella che si presenta al cancelletto e cerca di essere sé stessa. Chiaro, con il tempo si matura e si trova un punto di equilibrio tra l’essere ragioniera e l’essere sregolata e folle. Io sarò sempre così, non sarò mai quella che parte per fare il compitino, quando mi presento al cancelletto cerco di dare sempre il meglio di me stessa per fare la mia gara. Certo che se all’ultima gara della stagione mi dovesse bastare entrare nei venti per portare via la Coppa di Cristallo, allora si che divento ragioniera! Ma solo in questo caso, altrimenti non penso di snaturare la mia sciata ed il mio approccio alle gare.

Dopo i mondiali di Sankt Moritz si sono sentite in giro alcune dichiarazioni un pochino aspre, nate da una delusione che era figlia di grandi aspettative. Oggi stilando un bilancio di fine stagione, di una stagione da sogno, quelle riflessioni sembrano un po’ off topic. Sbaglio? La fantomatica ansia da grande evento esiste davvero?

In Italia abbiamo la brutta abitudine di pretendere che un atleta azzurro di punta torni a casa per forza con una medaglia. Ma sappiamo benissimo che gli eventi iridati sono eventi che non sempre confermano l’andamento della Coppa del Mondo. C’è l’outsider che può vincere, c’è il campione che si conferma ma ci sono tanti nomi nuovi che riescono ad imporsi, a volte anche partendo con pettorali sfavoriti. Dovremmo vivere questi eventi con un pochino di tranquillità in più, anche a livello mediatico. Anche i giornalisti a volte pompano un po’ troppo questi appuntamenti, che poi sono gare come le altre anche se però ti danno una medaglia. La medaglia deve arrivare per forza e questa aspettativa mediatica crea una pressione che non è semplice da controllare. Il mio mondiale è stato difficilissimo ma è stata un’esperienza molto importante, sia per Sofia persona, sia per la Goggia sciatrice. In quei venti giorni sono cresciuta più di quanto non sia cresciuta nei precedenti due anni. Forse anche per questo in Corea poi ho vinto.

Ho avuto paura ad esempio a Lake Louis ad affrontare un salto, lo stesso salto dove tre anni fa mi ero distrutta un ginocchio atterrando a 130 km/h. 

Hai mai avuto paura durante una gara, quella paura forte che porta il tuo fisico a produrre adrenalina per salvarti?

Si, la paura a volte si sente. Ho avuto paura ad esempio a Lake Louis ad affrontare un salto, lo stesso salto dove tre anni fa mi ero distrutta un ginocchio atterrando a 130 km/h. Ho avuto paura a riaffrontarlo, la paura è qualcosa che c’è, non posso negarlo. Ma so anche che la paura ti aiuta crescere, devi saperla accettare e poi devi saperla affrontare. Tutti hanno paura, noi non siamo mica dei supereroi. C’è chi ci convive, c’è chi riesce ad affrontarla, qualcuno riesce a sbriciolarla, e c’è anche chi si fa bloccare dalla sua paura.

Il tuo sogno più grande. Coppa di Cristallo, Oro olimpico o Oro Mondiale?

Oro Olimpico, tra i tre Oro Olimpico.

Di solito chiudo le mie interviste con un ringraziamento, un saluto oppure con un augurio. Questa volta dico solo che con Sofia ci siamo salutati scambiandoci un bell’abbraccio e ci siamo detti “ci siamo proprio divertiti oggi a chiacchierare”. 

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