11 luglio 1979.
Un uomo sta guardando con alcuni amici un match di pugilato. Squilla il telefono. L’uomo risponde, ma dall’ altro capo del filo nessuno parla. La serata prosegue. L’uomo accompagna gli amici a casa con la propria macchina. Li saluta. Torna verso casa, inizia a parcheggiare. Quattro colpi vengono sparati contro di lui. Quell’ Uomo muore. Il suo nome era, è, Giorgio Ambrosoli. Quell’Uomo è un eroe della nostra Repubblica. Quell’Uomo è una delle vittime della peste che imputridisce la vita democratica del nostro Paese: la mafia.
Giorgio Ambrosoli nasce a Milano nel 1933. La sua è una famiglia della buona borghesia milanese. Il padre è avvocato e lavora all’ufficio legale della Cassa di Risparmio delle Provincie Lombarde. Il giovane Giorgio studia al liceo classico, al Manzoni, storico liceo meneghino. Nel 1952 si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza dell’Università Statale e nel 1958 si laurea. Nel 1962 si sposa con la signora Anna nella chiesa di San Babila e successivamente diventa papà di Francesca, Filippo ed Umberto. Nel 1964 inizia a specializzarsi professionalmente nell’ambito delle procedure di diritto fallimentare. Nel 1974 Guido Carli, Governatore della Banca d’Italia, lo nomina liquidatore giudiziale della Banca Privata Italiana.
La Banca Privata Finanziaria è un piccolo istituto di credito fondato a Milano alla fine della seconda guerra mondiale. Nel 1960 il pacchetto di maggioranza della banca viene acquistato dal banchiere siciliano Michele Sindona. Successivamente dalla fusione tra Banca Unione e Banca Privata Finanziara, sempre di proprietà di Sindona, nasce la Banca Privata Italiana. Nel 1973 il gruppo bancario di Sindona entra in grave crisi e viene ammesso alla procedura di liquidazione coatta amministrativa. Nel 1974 Giorgio Ambrosoli viene nominato Commissario Giudiziale Liquidatore e pochi giorni dopo la Magistratura emette il primo mandato di cattura a carico di Sindona.
Come liquidatore Ambrosoli assume la direzione della banca e mette a nudo una lunga serie di gravissime irregolarità, scoperchiando un vaso di Pandora colmo di rapporti malsani tra Stato, alta finanza, mafia, malavita organizzata. Nel frattempo viene fatto oggetto di pressioni, tese ad evitare a Michele Sindona ogni possibile coinvolgimento penale. Ambrosoli, Uomo onesto e vero servitore dello Stato, resiste a queste pressioni indebite e trasversali. Giorgio Ambrosoli chiude la fase istruttoria della sua inchiesta. Il giorno 12 luglio è previsto il deposito formale delle sue note. L’11 viene ucciso.
L’assassino è William Joseph Aricò, un killer statunitense pagato da Michele Sindona con due dazioni di denaro, per un totale di oltre centomila dollari. Nel 1986 William Aricò e Michele Sindona sono condannati all’ergastolo per l’omicidio di Giorgio Ambrosoli.
Due giorni dopo Sindona viene trovato morto in cella per avvelenamento da cianuro di potassio.
Nessuna autorità pubblica presenziò ai funerali di Ambrosoli.
« Giornalista: “Secondo lei perché Ambrosoli è stato ucciso?”
Giulio Andreotti: “Questo è difficile, non voglio sostituirmi alla polizia o ai giudici, certo è una persona che in termini romaneschi ‘se l’andava cercando'”. »
(Intervista a La Storia siamo Noi, RAI 8 settembre 2010)