No potho reposare. Omaggio ad Andrea Parodi. parte seconda.

No potho reposare. Omaggio ad Andrea Parodi. parte seconda.

Nel 1986 Andrea si separa, ed alla fine del 1987 viene di fatto cacciato da Il Coro degli Angeli. Lui era il più vecchio della formazione e gli altri componenti sentivano il bisogno di seguire vie più fresche, giovanili, più rock. Non era più adatto a quel progetto e viene cacciato via. Andrea vive momenti di vera crisi esistenziale, è separato e senza lavoro. Come mi diceva sempre era il momento del dubbio. Ritentare una nuova strada nel mondo della musica o fare il guardiano del faro di Capo Testa? Sceglie la musica, chiama due ragazzi del Coro degli Angeli, Gino e Gigi ed insieme a loro riparte. Loro tre ci sono sempre stati, sino dagli inizi. Siamo nel 1988.

Nascono i Tazenda.

Ben ritrovata Valentina. Riprendiamo il nostro racconto.

Il nome è ispirato al romanzo Seconda Fondazione di Isaac Asimov appartenente al Ciclo della Fondazione. Nel romanzo gioca un ruolo fondamentale il pianeta Tazenda (il cui nome deriva dalla locuzione inglese Star’s End).

Il nuovo gruppo non ha ancora un nome. Durante un lungo viaggio in direzione di un concerto scelgono il nome della formazione. Stanno leggendo un libro di Isaac Asimov tratto dal Ciclo delle Fondazioni e casualmente, in macchina, trovano la soluzione. Nel libro Seconda Fondazione, Asimov parla di un pianeta lontanissimo, quasi un’isola, abitato da un popolo molto ospitale, un popolo che parla una lingua che nessuno nell’universo riesce a comprendere. Questo pianeta si chiamava The Star’s End, cioè la Fine delle Stelle.

Gino, Gigi ed Andrea associano immediatamente questo pianeta alla Sardegna. Proprio Asimov latinizza il nome The Star’s End in TAZENDA; in molti pensano che Tazenda sia una parola sarda, ed invece è il nome di un pianeta lontano, nato dalla fantasia letteraria di un grandissimo scrittore russo nato nel 1920!

Asimov

Torniamo un attimo ad Andrea persona. Talentuoso, generoso, bravo, buono, sportivo… Avrà avuto anche lui come tutti qualche difettuccio. Altrimenti devo cambiare il titolo in “santo subito”!

No no no, per carità, non è il caso di farne un santino. Era anche casinista, disordinato ed egocentrico. Non era egoista ma era fortemente egocentrico. Andrea aveva un ego molto forte, e questo suo ego a volte lo portava a comportarsi in modo apparentemente egoista. Lui era perfettamente a conoscenza di questo suo aspetto caratteriale. Aveva un profondo rispetto per la sua libertà e per ciò che voleva realizzare nella vita. Rispetto per quello che si può definire destino, missione, strada, usa il termine che preferisci. Questa strada l’ha percorsa con il massimo della determinazione, a volte a discapito delle persone che più gli sono state vicine, vedi la sua prima moglie, vedi i suoi figli, vedi le sue altre esperienze sentimentali. Io sono arrivata per ultima ma lo osservavo da lontano, in quanto ero una delle sue fan e da fan sapevo con chi era stato e per quanto era stato fidanzato (successivamente queste sue fidanzate le ho conosciute tutte di persona).

Chi più ha patito questo suo essere artista, questo suo essere al centro dell’attenzione, amato e benvoluto, sono stati i figli, la moglie, le fidanzate, gli amici più stretti. Il figlio più grande, Luca, (siamo in strettissimo contatto in quanto gestiamo insieme la Fondazione Andrea Parodi) è nato nel 1978 ed è la persona che maggiormente ha subìto ed ha sofferto per la separazione dei genitori. Per lunghi anni Luca ha visto la musica come ciò che gli portava via il padre; era un po’ come il mare per Andrea, ciò che portava via e riportava indietro il genitore.

Andrea mi ha raccontato tante volte il dolore straziante che provava quando vedeva il padre salpare salutandolo con la mano, quando vedeva la nave rimpicciolirsi e sparire sulla linea dell’orizzonte. Un ricordo vivido, come vivida era la memoria di quanto provava quando la nave tornava, diventando sempre più grande, entrando in rada ed in porto. Luca, lo so un po’ per i suoi racconti ed un po’ per quanto ho intuito, ha sofferto per i continui viaggi del papà, per i concerti, per la tournée con Morandi, per l’assalto dei fan che volevano l’autografo. La musica, quella bellissima magia che ha permesso a moltissimi nel mondo di conoscere Andrea Parodi, ha in qualche modo richiesto il pagamento di un prezzo, un prezzo pagato dalle persone più vicine ad Andrea.

Andrea non si è mai comportato in modo cattivo nei confronti di chi gli viveva vicino, però ha permesso che tutto ciò che ti ho appena raccontato accadesse; lui voleva vivere la sua vita e percorrere la sua strada, ed in questo è stato un po’ egoista.

Nei confronti di tutti gli altri è stato sempre molto generoso. Claudio, dovevi vedere come si comportava con la gente! Io ero una semplice fan, una sconosciuta, poco più che una bambina quando l’ho conosciuto, ma lo ricordo bene. Lui scendeva dal palco per incontrare i suoi fans, non riuscivi a non andargli incontro, si faceva fatica a staccargli gli occhi di dosso, era fortemente carismatico. Ti veniva incontro, ti sorrideva, ti faceva l’autografo, rispondeva alle tue curiosità, si faceva le foto abbracciando i fans, si fumava una sigaretta chiacchierando tra la gente. Era nato per stare in mezzo alla gente, nato per stare sul palco, nato per fare quello che ha fatto. Non voleva certamente far soffrire chi gli stava più vicino, ma suo malgrado, in parte l’ha fatto.

“Andrea, se tu avessi fatto il postino saresti di sicuro diventato un famoso postino!”

Si, era fatto in modo da avere comunque successo. A lui lo dicevo sempre: “Andrea, se tu avessi fatto il postino saresti di sicuro diventato un famoso postino!”

Era carismatico in tutto, anche nelle sue passioni. Ad esempio aveva una grande passione per la cucina, ed anche in cucina era un vero artista. Era anche un gran rompiscatole e non proprio l’uomo più ordinato del mondo. Tu entravi in casa sua e trovavi… La prima volta che sono entrata in casa sua ho visto un lungo tavolo bianco, lunghissimo, pieno di tutto. Non rientrava a casa da chissà quanti giorni e ci ho trovato sopra piatti con spaghetti incrostati, bollette, calzini, carte importanti, carte da buttare… Era di un disordine che non si può descrivere!

Aveva anche lui i suoi difetti, non era un santo; però quando metti sulla bilancia pregi e difetti ti accorgi di quanto fosse una persona speciale. Era difficile stargli accanto, non era una persona ordinaria, classica, facile. Per contro c’erano davvero tante cose che amavo in lui. Il nostro rapporto era completo, esistevano pregi e difetti, e la bellezza stava proprio nella sua completezza.

Aveva delle paure?

Direi di no, Andrea era la calma fatta uomo. La sua indole calma e tranquilla è stata formata anche dal mare, un apneista non può essere ansioso. Anche in momenti critici ed in situazioni pericolose non si faceva mai prendere dal panico e trasmetteva a chi stava vicino a lui un forte senso di sicurezza. Anche se fisicamente era piccolino e mingherlino io con lui mi sono sempre sentita protetta ed al sicuro. Qualche paura, ma meglio direi qualche preoccupazione, nel corso della vita l’ha avuta anche lui, ad esempio quando è uscito dai Tazenda. Diceva spesso “mi butto…si aprirà il paracadute?” e si buttava in nuove avventure personali ed artistiche. Era coraggioso, se aveva delle paure le superava molto bene. La conferma l’abbiamo avuta anche quando la sua vita è giunta alla fine.

I Tazenda hanno regalato un’immagine nuova, ed attraverso la loro immagine un po’ pop hanno permesso una rinnovata conoscenza della cultura di quest’isola.

Andrea ed i Tazenda diventano delle vere e proprie icone, veri simboli della Sardegna. Il luogo comune identifica ancora l’isola con stereotipi arcani: i nuraghe, i mammutones, i paesini perduti nei tempi, l’anonima sarda eccetera eccetera. Ed ecco arrivare una ventata di freschezza. Un giovane gruppo musicale che canta in una delle lingue sarde e che propone uno stile musicale molto moderno. Il luogo comune cambia pelle. Ora sinonimo di Sardegna sono la Costa Smeralda dei ricchi, il mare da sogno ed i Tazenda, con quel cantante dalla voce particolare. Che effetto gli faceva sapere di essere un’icona?

E’ vero, quello che hai detto è proprio vero. I Tazenda hanno regalato un’immagine nuova, ed attraverso la loro immagine un po’ pop hanno permesso una rinnovata conoscenza della cultura di quest’isola. Anch’io nella mia precedente vita, quella da cittadina ascolana, della Sardegna sapevo poco; sapevo che era un’isola, non sapevo che avesse una lingua così viva e particolare, così diversa dall’italiano, non sapevo che avesse una cultura così ricca, non sapevo praticamente niente rispetto a ciò che poi ho scoperto.

Attraverso i Tazenda ho svelato un mondo, non solo un’isola, ma un universo a parte, il pianeta di Asimov. E questo ripeto grazie ai Tazenda ed alla loro musica. Hanno utilizzato un linguaggio vicino ai giovani come il pop e ci hanno infilato dentro la lingua sarda, i launeddas campionati, i tenores, i suoni dell’isola, e sono riusciti ad incuriosire il grande pubblico. Questa curiosità ha portato tantissima gente a scoprire la Sardegna, a scoprire il mondo della polifonia arcaica, a scoprire persone uniche come Elena Ledda, le lingue, i costumi, le tradizioni. Andrea era orgogliosissimo di rappresentare la parte bella della Sardegna, di reggerne la bandiera positiva, e viveva questo suo ruolo come una grandissima responsabilità. Non aveva timore di portare questa bandiera, per lui era un’esperienza assolutamente positiva, sapeva di poterlo fare, e non per presunzione ma per consapevolezza. Conosceva la sua terra, la amava e la rispettava profondamente; in questo senso accettava di essere visto come un’icona. Questo lo rendeva felice.

I Tazenda hanno messo in piedi un bel numero di collaborazioni musicali. Come nascevano? Venivano pianificate a tavolino con criteri di business, di vendita?

Il primo successo dei Tazenda è arrivato senza l’aiuto di nessuno. Hanno partecipato ad una manifestazione condotta da Pippo Baudo e si sono fatti conoscere. Poi il grande salto al Festival di Sanremo con Pierangelo Bertoli nel 1991. Portando in competizione un pezzo loro ed affidandolo a Bertoli hanno avuto la possibilità di gareggiare tra i big, senza Pierangelo probabilmente avrebbero fatto solo un passaggio tra i giovani. Il brano era made in Tazenda, scritto da Gino Marielli (Disamparados – Spunta la luna dal monte).

Pensa che la collaborazione con Bertoli, una delle più memorabili, è nata per puro caso, ed anche qui c’è stato lo zampino di Andrea. Era Natale del 1990 ed Andrea era a Milano. Passa a fare gli auguri ai suoi vecchi discografici della Ricordi e, come spesso amava fare, inizia a chiacchierare. Come va, come non va…cosa fai cosa non fai… e ad un certo punto tira fuori una musicassetta per far sentire qualche provino. Quando arriva a far sentire Disamparados impazziscono tutti; il brano tira! Ma questo è un pezzo meraviglioso! Dobbiamo lavoraci subito su…facciamo un lavoro insieme a Bertoli… chiamiamolo subito.

Nel giro di forse meno di 24 ore nasce la collaborazione con Pierangelo Bertoli. I discografici avevano capito subito che sarebbe stato un successo, perché era qualcosa di assolutamente nuovo, di rottura.

che faccia che ha questo, sembra uno spagnolo, forse un indiano…”.

Yes, veramente di rottura. Qualcosa di esplosivo, una bomba, come i primi brani di Battiato. Una rivoluzione di genere.

Non solo, anche come Crêuza de mä di De Andrè. Hai detto bene, quel pezzo è stata una bomba; chiunque abbia più di ventisei anni si ricorda di quel brano. Anch’io ho conosciuto i Tazenda in quell’occasione. Ero sul divano di casa mia, ero in seconda liceo, e quando l’ho sentita… è stato uno choc. I Tazenda avevano svelato un mondo; Andrea in particolare aveva la dote di trasmettere sensazioni forti, attraverso la sua voce, la sua faccia, il suo carisma; era un dono.

Tutta la mia famiglia era fan di Pierangelo Bertoli e quando abbiamo saputo che a Sanremo ci sarebbe stato Bertoli, ci siamo messi davanti alla televisione per sentirlo. Mi ricordo benissimo quando è entrato in scena con questi tre ragazzi. Ci siamo guardati tra di noi e ci siamo detti: “e questi chi sono?? Saranno i coristi…”. Io ho guardato Andrea e mi sono detta tra me e me… “che faccia che ha questo, sembra uno spagnolo, forse un indiano…”.Poi Andrea ha iniziato a cantare. Ed oggi, a distanza di ventisei anni, ancora mi emoziono a pensare a quanto quell’istante sia stato determinante nella mia vita. Quando mi rivedo quella registrazione, rivivo tutto.

Mettiamo da parte la mia esperienza personale e torniamo a parlare dei Tazenda. Quel Festival di Sanremo è stato rivoluzionario, perché da quella sera è nato un movimento musicale culturale nuovo. A quei Tazenda si sono poi affiancati negli anni ’90 gli Avion Travel, i Sud Sound System e tutta una serie di fenomeni musicali che si esprimevano in lingua. La strada è stata aperta dai Tazenda. Per la prima volta una canzone cantata non in italiano è stata presentata in gara al Festival di Sanremo, il Festival della Canzone Italiana. 

Andrea ed i suoi figli.

Sono tanti i suoi figli, sono quattro. Due nati dal primo matrimonio di Andrea e due dal secondo matrimonio con me. I primi due oggi sono grandi, sono adulti, Luca naviga verso i quarant’anni ed Alessia ha da poco superato i trenta. Per le mie piccoline che hanno quasi undici e tredici anni loro nutrono un grandissimo affetto, sino da quando sono arrivate in pancia. C’è sempre stato un bellissimo rapporto, incentivato dalle ottime relazioni che che sono sempre esistite tra noi adulti, io, Andrea e la sua prima moglie Nadia, che è una donna splendida.

Questi figli sono tutti diversi, anche se ce ne sono due che si somigliano tra di loro, le seconde figlie. Alessia, secondogenita di Nadia, e Lara, la mia bambina più piccola. Loro due si somigliano moltissimo, sia fisicamente (chiaramente sono di matrice Parodi) sia caratterialmente. Sono due ragazze molto solari, allegre, positive, ed io aggiungo anche un po’ “buffone”, perché adorano vedere ridere le persone. Amano molto divertirsi, stare bene ed in questo mi ricordano tanto un lato del carattere di Andrea.

Luca, il primo figlio, ha un carattere molto diverso dal padre, ma ora che è un uomo adulto quando lo guardo trovo in lui molto di Andrea; la loro indole è decisamente differente ma esiste qualcosa di molto profondo e ben celato che a volte emerge e li caratterizza fortemente come padre e figlio. Antea, la mia primogenita, assomiglia ad Andrea nell’essere egocentrica. Lei fa danza, ama il mondo dello spettacolo, le piace esibirsi ed ha questo lato egocentrico del padre dentro di sé. Tutti mi dicono che fisicamente mi somiglia molto, ma io quando la guardo vedo in lei il padre. Antea ha nello sguardo una certa severità, così come la aveva Andrea, che severo non era davvero. Diciamo meglio, più che severità, diciamo serietà. Antea nei suoi momenti di concentrazione ha uno sguardo serio, ha la stessa espressione che aveva suo papà.

Pesa essere il figlio di… la figlia di…?

Forse in parte si, ma poi ciascuno imposta la propria vita a prescindere dal nome del genitore illustre. Luca per esempio ha sempre cercato di affermarsi come Luca Parodi e non come il figlio di Andrea. Sia da ragazzino sia oggi nel mondo del lavoro, tra l’altro lui lavora nel mondo della musica, dietro le quinte. Non canta, non suona, è un ottimo direttore di produzione, tra le varie attività che segue è anche il manager dei Tazenda. Poi è normale che le persone ti identifichino anche come il figlio di Andrea, ma questo non incide sulla sua vita. Ciò che ha costruito lo deve solo a se stesso ed alle sue capacità.

Anche per Alessia può valere lo stesso discorso, anche se poi lei nella vita fa tutt’altro occupandosi di assicurazioni, lavoro lontano anni luce da quello del padre. Per le mie piccoline il discorso è un po’ diverso, perché Andrea ci ha lasciate quando loro erano proprio piccole piccole. Sono cresciute con un padre estremamente presente, ma fisicamente assente. A volte mi dicono “che bello, ci sono tanti video, tutti si ricordano di papà”, io però so che a loro manca dentro il non avere mai giocato con il papà, il non avere ricordi diretti; è tutto un susseguirsi di emozioni forti e contrastanti. Sono cose che influiscono sulla crescita di una persona giovane, in particolare modo nell’adolescenza, il periodo che rende tutti più fragili.

Hanno vissuto per trent’anni insieme, insieme hanno avuto esperienze che le persone comuni non fanno in tre vite. 

Andrea, Gino, Gigi.

Erano amici. Hanno vissuto per trent’anni insieme, insieme hanno avuto esperienze che le persone comuni non fanno in tre vite. Esperienze intense e poi, viaggi, viaggi, viaggi, tantissimi viaggi. Quando per tanti anni si viaggia insieme si arriva a conoscersi in maniera quasi assoluta, profonda. Mi fa sorridere Gigi Camedda, che per Andrea è stato un fratello, quando mi dice: sai mi hanno chiesto cosa mi manca di Andrea… io ho risposto … quasi quasi niente! Ci ho vissuto insieme talmente tanto, così a stretto contatto, che posso dire di avere fatto con lui quasi tutto quello che si può fare in una vita!

Loro tre hanno condiviso esperienze musicali, problemi, sogni, delusioni, gioie, chilometri, successi euforie; l’uno per l’altro erano tre persone speciali. C’erano ovviamente anche liti, discussioni, prese di posizione diverse, è quello che succede in tutti i gruppi. A grandi linee la dinamica del gruppo era un po’ uno contro due; fondamentalmente Andrea tirava da una parte e Gino e Gigi spesso si ritrovavano coalizzati sulla sponda opposta. Almeno, questa era la dinamica che vedevo io quando sono entrata nella loro vita.

Il fatto che Andrea fosse il front man e che quando si diceva Tazenda quasi tutti visualizzassero automaticamente il suo viso, ha portato squilibrio nel gruppo?

Prima di conoscerli questa cosa me la chiedevo anch’io. No, assolutamente no, tra di loro non c’era alcuna gelosia. Gino ha una sua tranquillità ed una sua solidità personale difficilmente incrinabile da certi sentimenti. Poi non dimentichiamoci che Gino Marielli è l’autore di quasi tutti i pezzi dei Tazenda, e perciò per quanto Andrea fosse il front man, Gino era la mente musicale, la mano e la penna che tracciava la via. Lui era perfettamente conscio di questa sua prerogativa e del suo valore. Nel medesimo tempo riconosceva ad Andrea il giusto merito, perché sapeva benissimo che senza la voce di Andrea i pezzi che scriveva avrebbero avuto un impatto molto differente sugli ascoltatori.

Gigi Camedda era un uomo felice, felice di quanto aveva e di quanto aveva costruito insieme ai suoi amici, ai suoi fratelli.

La gelosia tra di loro non esisteva, quando ho iniziato a viaggiare un po’ con loro ho visto che insieme si divertivano tantissimo, non sono mai stati solo colleghi, sono sempre stati veri amici.

Della separazione di Andrea dai Tazenda e di molto altro parleremo insieme a Valentina nella prossima pubblicazione, la terza ed ultima.

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