No potho reposare. Omaggio ad Andrea Parodi. ULTIMA PARTE.

No potho reposare. Omaggio ad Andrea Parodi. ULTIMA PARTE.

La gelosia tra di loro non esisteva, quando ho iniziato a viaggiare un po’ con loro ho visto che insieme si divertivano tantissimo, non sono mai stati solo colleghi, sono sempre stati veri amici.

Riprendiamo il ricordo di Andrea Parodi insieme a Valentina in questa che sarà la terza ed ultima parte del nostro racconto.

Certo, ci sono stati anche momenti di silenzio tra di loro, ad esempio quando Andrea ha lasciato il gruppo, non si sentivano, si evitavano.

Per quale motivo si sono separati?

Non è che si siano separati, diciamo che è stato Andrea a volere andare via. Lui periodicamente aveva bisogno di cambiare, di rigenerarsi, è sempre stato fatto così da quando è nato. Amava sperimentare cose nuove e quando questo desiderio diventava un’esigenza vitale, lui decideva. Lo ha fatto da ragazzino quando ha lasciato Savona, lo ha fatto quando ha lasciato l’insegnamento, quando ha divorziato, quando ha lasciato il Sole Nero, lo ha fatto sempre. Ed anche quando ha lasciato i Tazenda, nonostante il fatto che con questo gruppo avesse ottenuto un grandissimo successo. Evidentemente non gli bastava più, o forse meglio, non era più innamorato di quel progetto che si era comunque rivelato vincente. Quando ha deciso di lasciare il gruppo ed i suoi amici sapeva che era arrivato il momento di seguire un’altra strada, anche se forse non sapeva ancora bene quale fosse.

Il motivo che lo ha portato lontano dai Tazenda era esclusivamente artistico, non c’era nulla di personale. Il momento di comunicare la sua scelta a Gigi e Gino è stato veramente molto duro, lo ha fatto quando è stato sicuro al 100% della sua decisione. E’ stata una cosa molto difficile.

Si è trovato a non essere più felice, a non essere più sereno, aveva la sensazione che gli mancasse l’aria. 

Ed i suoi amici come l’hanno presa?

Malissimo, avevano capito che c’era qualcosa che non andava, si conoscevano talmente bene che avevano capito che Andrea non era più innamorato del progetto Tazenda. Loro avevano notato come Andrea pensasse ad altro, come si interessasse di altro; aveva iniziato ad organizzare delle manifestazioni non solo musicali, ma di più ampio respiro, manifestazioni che andavano alla ricerca del cuore culturale della Sardegna. I Tazenda tendevano a seguire le sonorità del momento, il pop rock, mentre Andrea era alla ricerca di qualcosa di più nascosto, se vuoi possiamo dire qualcosa di arcaico, di tradizionale. Fino a quando questi loro diversi interessi sono stati in equilibrio, il risultato artistico è stato fantastico. Quando l’equilibrio si è perso Andrea ha cercato qualcosa di diverso. Era sempre più appassionato della musicalità tradizionale sarda, i canti a chitarra, i canti polifonici eccetera, mentre i Tazenda andavano sempre più verso il mondo del rock inglese, irlandese, integrando questa musica con un pizzico di cultura sarda, senza però volere esagerare.

In più Andrea era sempre più intollerante verso il mondo del business discografico, voleva avere meno vincoli, voleva sentirsi un artista libero. Si è trovato a non essere più felice, a non essere più sereno, aveva la sensazione che gli mancasse l’aria. Poi sai era anche un cancro come segno zodiacale, quindi era lunatico e quando si deprimeva, si deprimeva davvero! Quando ha toccato il fondo ha deciso ed ha girato ancora una volta la prua della sua vita. Ha lasciato i suoi amici, ha lasciato loro il nome del gruppo, un disco quasi pronto cantato da lui (che non è mai uscito) ed è andato via. E’ chiaro che l’hanno presa male, c’è stato uno strappo, che poi il tempo ha ricucito. Ma questo strappo è durato comunque diverso tempo, diversi anni. Al nostro matrimonio i Tazenda non erano presenti, ci siamo sposati nel periodo più critico del loro rapporto. Si sono lasciati nel 1997 ed in quel periodo se si vedevano da lontano si evitavano. Era troppo forte il dolore, dopo trent’anni insieme, il dispiacere era grande.

Sassari è una città piccola, un grande paese, se ci si incontrava, ci si evitava. Era brutto, era doloroso, faceva male a tutti. Gino e Gigi si sono trovati di botto senza la voce dei Tazenda, la faccia dei Tazenda, il front man dei Tazenda. Hanno dovuto trovare un’alternativa, hanno fatto diverse prove che sono andate più o meno bene, insomma non è stato semplice per loro, anche professionalmente. Inizialmente la gente ha visto Andrea come un traditore, come uno che ha abbandonato i fratelli, come un bastardo, uno che aveva tradito l’Isola. Qualcuno tra la gente lo ha incolpato di avere lasciato cadere la bandiera della Sardegna, e lui ci soffriva tantissimo.

A questo aggiungiamo il fatto che per tre, quattro anni dopo la separazione Andrea non ha più quasi lavorato, il problema professionale ed economico iniziava a diventare serio. Era difficilissimo trovare le risorse per prodursi un disco, era difficile tutto. Se lo contattavano gli chiedevano di cantare le canzoni dei Tazenda e per quanto le avesse amate, lui aveva un blocco per quei brani. Mi diceva sempre: “mi chiedono di cantare le vecchie canzoni, ma è come se mi fossi separato da mia moglie e tutti mi continuassero ad invitare a cena dicendomi di portare anche lei”.

Il pubblico ti dà molto, ma pretende.

Si è vero, infatti lui sentiva questo dilemma: faccio quello che vuole il pubblico o quello che voglio io?

Che rapporto aveva con il denaro e con il benessere economico?

Andrea aveva un rapporto equilibrato con i soldi, quando c’erano gli piacevano le comodità e gli piaceva la sensazione di avere una certa solidità economica; quando mancavano non si disperava. Forse perché è salito dal basso, perché ha fatto la gavetta, nera sudata faticosa e lunga, forse perché è arrivato al successo ad un’età adulta, oltre i trent’anni. Lui non era come i ragazzini di adesso di XFactor, che durano un anno, forse due e poi vengono superati e si deprimono. Lui la gavetta l’ha fatta davvero e quando è arrivato il successo ed il benessere economico è riuscito a godersi entrambi senza perdere la testa. Oddio, non era bravissimo a conservarli i soldi… nel senso che non si dannava a reinvestirli, gli piaceva andare in giro, mangiare fuori, se li godeva. Quando ha vissuto la fase di profonda discesa, non ha mai avuto grandi paure; non era schiavo dei soldi, quando c’erano e quando non c’erano.

Andrea e Valentina… era scritto nel grande libro del destino.

Andrea e Valentina.

Andrea e Valentina… era scritto nel grande libro del destino. Era una storia talmente impossibile da realizzarsi; se si è verificata vuol dire che…era destino!

Io l’ho visto, io l’ho scelto, io l’ho inseguito, ed avevo solo sedici anni. Fisicamente ero lontana, non avevo una lira eppure ho fatto di tutto perché la mia vita potesse, in qualche modo, incrociare la sua. A sedici anni sognavo che lui, un giorno magari, nonostante tutta la gente che aveva intorno, potesse venire a sapere della mia esistenza. Mi sarebbe bastato anche solo incrociare il suo sguardo per fargli sapere che io esistevo.

Ho fatto una lettera chiedendo informazioni sui Tazenda (discografia, notizie, concerti, gossip) ed il caso ha voluto che il mio annuncio venisse pubblicato.

Voglio sposare Simon Le Bon…

No no, non era così. Io come tutte le sedicenni avevo tutti miei cantanti preferiti, la camera con i poster, ero sfegatata fan di Vasco. Quando ho visto Andrea, io ho visto un’altra cosa. Vorrei avere le parole giuste per descrivere cosa ho provato, ma purtroppo non le ho.

Quando ho cominciato a seguire i Tazenda non c’era internet, non avevo nemmeno il computer a casa, non era mica come adesso. Oggi vai su Google digiti e qualcosa trovi. Allora non esisteva nulla di tutto questo, per avere informazioni (contatti, discografia etc etc) le fonti erano i settimanali Tutto Musica e Tv Sorrisi e Canzoni. Una volta mi è venuto in mente di scrivere proprio a Tutto Musica che pubblicava una rubrica “compro, cerco, trovo,vendo”. Ho fatto una lettera chiedendo informazioni sui Tazenda (discografia, notizie, concerti, gossip) ed il caso ha voluto che il mio annuncio venisse pubblicato. Tre righe ed il mio indirizzo. Mi ha scritto mezza Italia, non mail, lettere, carta!! Io andavo in seconda o terza liceo e quando tornavo a casa all’una e mezza mi fiondavo alla cassetta della posta per vedere se ci fossero lettere provenienti dalla Sardegna. Ed ogni volta che vedevo nel mittente la sigla di una provincia tipo SS o CA o NU…ero felice. Mi scrivevano fans da tutta Italia, tutti ragazzi che condividevano la passione per i Tazenda; chi mi raccontava di un concerto visto dal vivo, chi mi parlava dei dischi, chi mi mandava la copia di vecchie audiocassette, arrivavano le fotocopie degli articoli di giornale.Si era creata una specie di rete di contatto tra i fans, è stato il mio primo passo verso il mondo Tazenda.

La cosa che desideravo di più era vederli ad un concerto, e questo è successo l’anno dopo, nel 1992, quando sono venuti ad Ascoli, la mia città, con il circus del Festivalbar. Nella piazza del Popolo hanno suonato, ho visto Andrea per la prima volta, l’ho conosciuto, mi ha fatto un autografo ed io gli ho dato una rosa rossa. Attraverso una transenna. E tutto è finito lì.

L’anno successivo sono andata trovarli al Festival di Recanati ed ho avuto modo di conoscerli, di parlarci; ero poco più che una bambina, con famiglia al seguito, ma era un sogno poterli vedere dal vivo, perché mi piacevano tantissimo. Andrea mi piaceva come personaggio, ma poi mi piacevano tutti come gruppo, mi piaceva la loro musica. Abbiamo iniziato frequentarci un paio di anni dopo, io avevo diciannove anni. Per la prima volta mi ha invitata in Sardegna e da lì abbiamo iniziato a sentirci e vederci, ma sempre in modo abbastanza sporadico. Io ho fatto l’università ad Ancona, eravamo lontani. La nostra storia è stata un crescendo continuo.

In famiglia assecondavano questa tua passione?

Io ho avuto una madre molto rigida, molto severa, molto dura che non mi faceva fare praticamente niente, ma in questa storia mi ha completamente appoggiata. Se volevo andare a vedere un concerto dovevo fare una serie di altre rinunce, ma me lo consentiva. In questo è stata dalla mia parte.

Tre nomi. Tre risposte flash. Maria Carta, Fabrizio De Andrè, Elena Ledda.

I primi due li associo, perché li associava Andrea stesso. Erano il suo padrino e la sua madrina musicali. La voce di Maria Carta era quella che lui sentiva da piccolino insieme a sua mamma, quando vivevano in Liguria. La sentivano cantare nelle audiocassette e qualche volta in televisione; Andrea diceva sempre se la Sardegna avesse un volto, sarebbe quello di Maria Carta.

E’ cresciuto con la voce di Maria Carta e con i suoi canti e l’ha sempre amata. Con lei ha avuto una sola esperienza artistica, l’anno prima che Maria se ne andasse. E’ stata proprio lei a sollecitare questa collaborazione con i Tazenda, nel disco de Il Popolo Rock, in un pezzo che si chiama Sa dansa. Maria Carta stava già male, i Tazenda l’hanno portata in studio di registrazione e le hanno detto solo…canta, canta liberamente ciò che vuoi. Ed il suo canto libero è divenuto l’introduzione del pezzo Sa dansa. E’ stata una collaborazione di cui Andrea ed i Tazenda andavano fierissimi, ed anche Maria Carta era contenta di averla realizzata. Maria è poi morta nel 1994 e per Andrea è rimasta per sempre un’icona della Sardegna, colei che ha portato la voce dell’Isola in tutto il mondo. E’ stata un’attrice, una cantante, ha fatto l’assessore a Roma, è stata una donna bellissima in tutti i sensi.

De Andrè. 

Fabrizio ed Andrea nutrivano un profondo affetto reciproco. Da un punto di vista professionale Fabrizio De Andrè aveva fatto scelte simili a quelle di Andrea. Si era espresso in ligure in tempi non sospetti, nel 1984, aveva scelto la Sardegna come residenza, aveva una serie di piccole e grandi analogie con Andrea. Fabrizio ha chiamato i Tazenda per cantare nei cori di un suo brano nel 1990 ed i Tazenda gli hanno chiesto di scrivere le strofe in italiano di Pitzinnos in sa gherra; inoltre Fabrizio ha cantato in un loro pezzo del 1992. De Andrè e Dori sono stati i primi editori dei Tazenda, i primi a crederci.

Al di là della musica è stato il loro rapporto umano ad essere solido. Appena poteva Andrea andava a trovare Fabrizio a Tempio e si facevano delle bellissime chiacchierate. Fabrizio De Andrè parlava in sardo ed Andrea Parodi in ligure! Così Andrea rinfrescava la lingua dell’infanzia e Fabrizio imparava meglio il sardo. Ridevano, si prendevano in giro, scherzavano sul calcio. De Andrè era del Genoa e Andrea simpatizzava per la Samp (suo padre era doriano).

Grande uomo questo Fabrizio De Andrè. Sceglie la Sardegna, la ama, la canta e lì subisce un feroce rapimento. Torna libero e continua a vivere in Sardegna amandola ancora di più.

Fabrizio aveva una marcia in più. Lui aveva capito che i poverini erano i rapitori, non lui e Dori. Lui ha trovato la chiave del problema ed ha reagito. E soprattutto non ha voluto penalizzare una terra che amava con il sentimento dell’odio. La Sardegna non c’entrava nulla; i bastardi erano i rapitori, non i sardi. Non l’Isola, non il suo popolo. I rapitori erano dei bastardi, erano dei traditori. Il popolo sardo e la Sardegna no.

Elena Ledda. 

Elena è un’artista meravigliosa, un’altra grande voce della Sardegna. Amata, apprezzata e conosciuta in tutto il mondo, attualmente è la direttrice artistica del Premio Andrea Parodi. Lei ed Andrea si sono conosciuti da ragazzini ma non hanno mai collaborato in giovane età. Lei ha, da subito, prediletto la strada del folk e di quella che oggi definiamo world music. Andrea ha battuto altre vie e non si sono mai incrociati. Quando Andrea ha lasciato i Tazenda si sono ritrovati. Andrea era molto interessato alla musica di Elena e così hanno iniziato a collaborare. Tra di loro c’era un’ottima empatia, stiamo parlando ormai degli ultimi anni di vita di Andrea. La loro più importante collaborazione discografica è avvenuta proprio nell’ultimo anno di vita di Andrea con Rosa Resolza.

Scomparso Andrea, Elena è diventata la naturale direttrice artistica del Premio Parodi, in quanto a mio avviso è l’artista che meglio ha capito che genere di musica voleva produrre Andrea negli ultimi anni della sua vita.

Quando la vita lo ha messo con le spalle al muro è stato davvero un grande combattente.

Andrea e la sua malattia. Ti va di parlarne?

Della sua malattia Andrea non ne ha mai fatto una tabù, quindi noi possiamo parlarne serenamente ed in modo aperto. Questa brutta novità è arrivata a sorpresa, proprio nel momento in cui Andrea aveva in testa mille progetti e mille attività avviate, ad esempio con Al Di Meola, la reunion con i Tazenda, un nuovo disco in ligure ed in sardo. Era sereno, era contento di vedere i Tazenda ben avviati su una nuova strada, era contento del suo lavoro ed è arrivata la mazzata della malattia, peraltro vicina anche alla mia seconda gravidanza.

E’ stato un periodo di enormi coinvolgimenti emotivi, profondissimi e contrastanti. Parlavamo di una patologia importante e nello stesso tempo di un parto da affrontare, di progetti musicali e di chemioterapia. C’è stato un primo momento di sbandamento, di paura, di interrogativi; ma è normale, non sai se sopravviverai o no, se e quanto soffrirai, di come lascerai i tuoi cari e quando. Mille domande ti passano per la testa e ti sconvolgono. Dopo questo primo momento di sbandamento Andrea ha affrontato la malattia viso aperto, parlandone senza paura e cercando di godersi la vita il più possibile.

Non ha mai fatto mistero con nessuno della malattia, non ha mai celato il suo aspetto fisico, anche quando ha perso i capelli che tanto lo caratterizzavano. Tutte le sue emozioni erano accentuate, stava molto spesso male e quando invece si sentiva meglio cercava di fare di tutto, girava per le televisioni locali, chiamava amici e musicisti per suonare e fare prove, progettava dischi. Era un vulcano. Ahimè nei pochi momenti in cui stava bene, mentre nei lunghi momenti in cui stava molto male, stava semplicemente male.

E’ stato coraggioso, molto coraggioso, si è portato verso il traguardo finale con grande forza, è stato ammirevole. Il suo coraggio ha aiutato tutti quelli che gli stavano intorno ad affrontare questa malattia, ed anche quando è morto il ricordo del suo coraggio mi è stato di grande aiuto. Tutti quei mesi di sofferenza affrontati con tanto coraggio da Andrea hanno rinforzato anche me, me ne sono resa conto quando lui ormai non c’era più.

E pensare che io lo prendevo sempre in giro perché ogni volta che aveva un po’ di febbre, una leggera indisposizione sembrava che dovesse crollare il mondo. A 37,2 faceva i capricci come un bambino. E poi davanti ad una sofferenza immane è stato un leone. Quando la vita lo ha messo con le spalle al muro è stato davvero un grande combattente.

Fondazione e Premio Parodi.

La Fondazione nasce in modo naturale e spontaneo, subito dopo la scomparsa di Andrea. L’idea è stata mia e dei figli grandi di Andrea, Luca ed Alessia, insieme ad alcuni stretti collaboratori e amici. La Fondazione nasce per ricordare Andrea dedicandogli tutta una serie di attività. Una delle principali iniziative della Fondazione è il Premio Parodi, un concorso avviato per trovare le nuove voci della world music. Il Premio si svolge in Sardegna, dove ogni anno arrivano ospiti e concorrenti da tutto il mondo.

Coinvolgere artisti di ogni Paese e di tutte le età che si esprimono nella propria lingua in nome di Andrea è emozionante.

Negli anni ’90 Andrea è stato un pioniere, l’avanguardia di un’esperienza musicale ogni seguita da molti; vedere questi molti cantare sotto l’effige di Andrea è un onore.

Ogni anno gli artisti si cimentano con un brano di Andrea, riproponendolo a modo loro; Elena Ledda ci trova sempre ospiti a sorpresa di altissimo livello. E’ qualcosa di faticosissimo da organizzare ma ci ripaga sempre.

Il nostro ricordo si ferma qui. Avremmo potuto e dovuto scrivere di più, forse un giorno a venire lo faremo. A Valentina vorrei dire tante cose, per ringraziarla per la sua disponibilità, leggerezza, gentilezza. Ma a volte anche a me mancano le parole. Quindi le invio solo un forte abbraccio, from Milano to Sardinia.

Andrea Parodi è volato in un’altra dimensione il 17 ottobre del 2006. Pochissimi giorni prima di lasciare la sua terra ed i suoi cari ha voluto fare un grande regalo a tutti coloro che provavano per lui ammirazione ed affetto. Un ultimo concerto, tenutosi a Cagliari. L’ultima canzone cantata da Andrea è stata No Potho Reposare, un brano tradizionale sardo, un canto d’amore, scritto nel 1920 sulle parole di una poesia del 1915, A Diosa.

Andrea la ricanta per noi. Basta attivare questo link… e chiudere gli occhi. 

Ciao Andrea.

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