Ninni e Roberto

Ninni e Roberto

Sono passati quattro giorni dal trentacinquesimo anniversario dell’omicidio mafioso di Ninni Cassarà, vice questore aggiunto in servizio presso la Questura di Palermo e dell’agente Robertio Antiochia.

Ho atteso qualche giorno per pubblicare queste poche righe; l’ho fatto di proposito per evitare che risultassero assimilabili ad una delle tante commemorazioni celebrative che si sono succedute, a Palermo ed in tutta Italia.

Sono convinto che le commemorazioni spettino alle Istituzioni. Agli uomini ed alle donne, ai cittadini, spetta il dovere del ricordo.


Antonino Cassarà, detto Ninni, nasce a Palermo il 7 maggio 1947. Dopo aver superato il concorso per Commissario di P.S. è destinato alla Questura di Reggio Calabria e poi di Trapani. 

In quest’ultima sede ebbe modo di conoscere il giudice Giovanni Falcone, diventandone presto il “braccio destro operativo”. Successivamente trasferito alla Questura di Palermo, diventa il vice dirigente della Squadra Mobile, impegnandosi con determinazione nel contrasto alla criminalità organizzata.

Murder of the Regional Secretary of the Italian Communist Party Pio La Torre. From left: the police detective Ninni Cassarà, the judges Giovanni Falcone and Rocco Chinnici. Palermo 1982 @Franco Zecchin

Nelle indagini sulla mafia palermitana avrà quindi modo di lavorare con Giuseppe Montana, partecipando alla celebre inchiesta “Pizza Connection”, nonché, con il pool di Rocco Chinnici, Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e Giuseppe Ayala. Alle indagini di Ninni Cassarà si deve infatti il “Rapporto dei 162” che svela, per la prima volta, l’organigramma di tutta “Cosa nostra” grazie anche alle prime dichiarazioni rese da collaboratori di giustizia; il patrimonio conoscitivo così acquisito sul contesto mafioso non ha precedenti, permettendo, quindi, di gettare le basi per l’istruzione del maxiprocesso.

Durante l’estate del 1985 la Squadra Mobile di Palermo è fortemente impegnata nello sviluppo delle indagini volte a disarticolare la rete criminale di “Cosa nostra” grazie alla dedizione degli uomini che la compongono. Tuttavia, la ferocia della mafia palermitana aveva già recentemente colpito, il 28 luglio, la sezione “catturandi” uccidendone il direttore, il Commissario Giuseppe Montana con il quale, Ninni Cassarà, aveva un rapporto fraterno.

A seguito della morte di Salvatore Marino e della rimozione del vertice della Squadra Mobile di Palermo, Ninni Cassarà si trova di fatto a dirigerne le operazioni in una situazione tutt’altro che semplice.

Il 6 agosto 1985, il vicequestore Cassarà, attorno alle ore 15.30, faceva rientro nella propria abitazione di via Croce rossa per il pranzo, scortato da un Alfetta blindata e da tre uomini agenti di Polizia: Roberto Antiochia, Natale Mondo, Giovanni Salvatore Lercara.

Una volta giunti all’abitazione e dopo aver salutato la moglie Laura Cassarà affacciata al balcone dell’appartamento, un commando di nove uomini armati di kalashnikov spara – affacciandosi dallo stabile di fronte – in direzione di Cassarà, appena sceso dalla macchina blindata. Nell’agguato sono stati sparati più di duecento colpi d’arma da fuoco che porteranno alla morte il vicequestore Cassarà sulle scale di casa propria, spirando fra le braccia della moglie accorsa per soccorrere il marito. Ninni Cassarà lasciava tre figli. È stato insignito della Medaglia d’oro al valore civile.

Fonte: https://www.interno.gov.it/


«Purtroppo per noi quella situazione era il pane quotidiano. Noi sapevamo già tutto, ma quelli che ascoltavano no, e la cosa grave è che quando hanno saputo non hanno fatto niente per cambiare la situazione, lasciando soli e senza mezzi quei pochi che combattevano la guerra sulla trincea. Ninni è morto per questo». 

Paolo Borsellino

Fonte: Corriere della Sera  – 2 ago 2019 –


Roberto Antiochia

Roberto Antiochia

Il 6 agosto 1985, i sicari di Cosa nostra uccidono anche il ventitreenne Roberto Antiochia che, al momento dell’esplosione dei colpi, provò a fare da scudo al vicequestore. Antiochia, giovane agente di Polizia trasferito da qualche mese a Roma, in quei giorni doveva trovarsi in ferie; volontariamente, quindi, aveva chiesto di rientrare a Palermo con l’intenzione di aiutare gli ex- colleghi della Squadra Mobile nelle indagini sull’omicidio di Montana. Consapevole dei gravi rischi, si era ciononostante offerto per la scorta di Ninni Cassarà.

Roberto Antiochia nasce a Terni il 7 giugno 1962. Dopo aver completato gli studi superiori a Roma, entra in Polizia a soli diciotto anni, frequentando la Scuola di Piacenza. Nel corso della carriera svolge le proprie funzioni presso Milano e Torino per poi essere assegnato a Palermo dove lavora a fianco di Giuseppe Montana e Ninni Cassarà.

Nel 1985 è trasferito alla Criminalpol di Roma, tuttavia, sebbene in congedo per il periodo di ferie estive ad Ostia, decide di recarsi volontariamente in Sicilia per il funerale di Montana e portare il suo personale aiuto agli ex-colleghi della Mobile di Palermo.

È stato insignito della Medaglia d’oro al valore civile. A Roberto Antiochia è inoltre dedicata la via della Questura di Terni e il Commissariato di Orvieto.

Sua madre Saveria da quel 6 agosto 1985 si è impegnata con tutta se stessa e per tutta la vita come testimone di legalità, prima col Circolo Società Civile e poi con Libera, per mantenere vivo il ricordo di Roberto e dei suoi amici poliziotti, Beppe e Ninni, riuscendo con le sue parole e la sua testimonianza nelle scuole, nelle parrocchie, nelle biblioteche, nei circoli di tutta Italia, a tramandare il valore inestimabile delle loro azioni e del loro sacrificio.

Lo Stato ha onorato il sacrificio di Antonino Cassarà e di Roberto Antiochia, con il riconoscimento concesso a favore dei loro familiari, costituitisi parte civile nel processo, dal Comitato di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso di cui alla legge n. 512/99.

Fonte: https://www.interno.gov.it/


L’agente Antiochia, che era uscito dall’auto per aprire lo sportello a Cassarà, venne violentemente colpito dagli spari e cadde a terra davanti al portone di ingresso dello stabile. Natale Mondo, l’altro agente di scorta, restò illeso, riuscendosi a riparare sotto l’automobile bersagliata dai colpi dei killer (ma sarà ucciso anch’egli il 14 gennaio 1988).

Natale Mondo

Nel primo pomeriggio del 14 gennaio 1988, in via Papa Sergio, nel quartiere Arenella di Palermo, Natale Mondo, il poliziotto che era stato per anni il braccio destro di Ninni Cassarà fu ucciso mentre si trovava davanti al negozio di giocattoli gestito dalla moglie, “Il mondo dei balocchi”.

Mondo fu il bersaglio di una vendetta di mafia a seguito di testimonianze a suo favore necessarie a scagionarlo dalle accuse di un pentito che gli aveva attribuito un ruolo da informatore della mafia nell’attentato in cui  persero la vita Cassarà e l’agente di scorta Roberto Antiochia.  A causa di queste accuse Mondo aveva subito l’arresto e la  carcerazione. In realtà il poliziotto era stato infiltrato nelle cosche mafiose del quartiere Arenella, ove era nato e  risiedeva, proprio su disposizione dello stesso vicequestore Cassarà.

Negli anni in cui collaborò con Cassarà, che lo aveva espressamente voluto alla squadra mobile di Palermo, dopo gli anni passati a Siracusa e poi a Trapani, Mondo partecipò a molte operazioni,  occupandosi prevalentemente di indagini sulle cosche mafiose che operavano nel capoluogo e apportando un prezioso contributo alle indagini su Cosa Nostra.

Natale, dunque, pagò due volte il prezzo dell’essere un leale servitore dello Stato, prima con le accuse infamanti rivelatesi poi assolutamente infondate e poi con la vita, ucciso da Cosa Nostra.

Lo Stato ha onorato il sacrificio della vittima, con il riconoscimento concesso a favore dei suoi familiari, costituitisi parte civile nel processo, dal Comitato di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso di cui alla legge n. 512/99.

Fonte: https://www.interno.gov.it/



Vi consiglio la lettura dell’articolo di Giovanni Bianconi, pubblicato il 2 agosto 2019 dal Corriere della Sera.

https://www.corriere.it/sette/attualita/19_agosto_02/moglie-ninni-cassara-mio-marito-mi-disse-siamo-morti-che-camminano-219fcb20-b52b-11e9-8f02-33360bc8762b.shtml



“La mafia è una montagna di merda”

Peppino Impastato

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