Silvia Roggiani, 40 anni il prossimo 25 aprile, è originaria di Busto Arsizio, con la Resistenza nella data di nascita. Cresciuta a Ferno, un piccolo comune in provincia di Varese, come tanti lombardi è una milanese di adozione. Ed è proprio a Ferno, dopo aver preso la prima tessera quando il Partito Democratico nel 2007 era appena nato, che compie i suoi primi passi in politica venendo eletta come consigliera comunale.
Diplomata al liceo socio-psico-pedagogico a Varese, studi in Cooperazione allo sviluppo a Pavia e in Scienze politiche e di governo in Statale a Milano, di recente ha conseguito un MBA essential alla London School. Durante gli studi collabora all’interno dell’ufficio progetti della fondazione Exodus di Don Mazzi e per oltre 14 anni, tra Milano, Bruxelles e Strasburgo, è assistente parlamentare dell’eurodeputata Patrizia Toia, coltivando una lunga esperienza nell’ambito della legislazione europea.
Nel 2015 è tra i protagonisti di Bella Ciao Milano, un gruppo di volontariato politico intergenerazionale che fa della Resistenza e dell’antifascismo i suoi principi cardine. Ed è dalle radici di questo progetto che poi nascono le Magliette Gialle, di cui la Roggiani è tra i promotori. Dopo aver coordinato la Festa de l’Unità nazionale a Porta Venezia, diviene Responsabile Organizzazione del PD Milano Metropolitana e nel 2018, con circa il 60% dei voti, viene eletta Segretaria metropolitana del Partito Democratico milanese. In questi anni ha portato avanti battaglie sui diritti, per le donne che ancora oggi si ritrovano a dover scegliere tra la possibilità di costruire una famiglia e continuare a lavorare, per la difesa della Terra e per una vera sanità territoriale per tutte e tutti.
Nel 2022 diventa responsabile dei volontari del Partito Democratico nazionale e alle elezioni politiche del 25 settembre 2022 è eletta deputata. Attualmente è membro della V Commissione (Bilancio, Tesoro e Programmazione). In occasione dell’ultimo Congresso nazionale del Partito Democratico, ha svolto il ruolo di Presidente della Commissione nazionale del Congresso del Partito Democratico.
• E adesso anche candidata unitaria alla Segreteria regionale lombarda del PD.
È una sfida grande quella della Lombardia, dopo oltre 30 anni di Governo di questa destra. Prima di tutto voglio dire grazie agli oltre 1200 iscritte ed iscritti del Partito Democratico che hanno sottoscritto la mia candidatura. La consegna delle firme e della mozione non sono il punto di arrivo ma il punto di partenza di un percorso per rendere questo congresso davvero partecipato e per avviare un confronto profondo che abbia al centro la nostra regione e quei diritti che da tanti anni vengono negati ai lombardi: da una vera sanità pubblica ai trasporti pubblici dignitosi.
• Il suo nome non è stato accostato a nessuna delle mozioni che si sono confrontate per la conquista della segreteria nazionale del PD. Questo oggi le consente di proporsi alle diverse anime del partito lombardo come candidata ideale per riavvicinare le singole correnti interne.
All’ultimo congresso nazionale ho avuto l’onore di essere la Presidente della Commissione per il congresso.
Oggi in Lombardia, la regione motore d’Italia dal punto di vista economico, non abbiamo bisogno di una riedizione dello scontro tra mozioni nazionali ma di costruire una proposta politica originale e di respiro nazionale per affrontare le sfide enormi che abbiamo davanti, a partire dalle amministrative e dalle europee fino ad arrivare al 2028 e per questo abbiamo bisogno della pluralità di cui il nostro partito è ricco.
Sono molto onorata di aver ricevuto tanti attestati di stima, da tantissime iscritte e iscritti di tutta la Lombardia, dopo questi anni da segretaria metropolitana di Milano. È con loro che dobbiamo ripartire.
• Come segretaria metropolitana di Milano ha avuto modo di lavorare a supporto della coalizione che guida la città. Ora come segretaria lombarda dovrà superare il limes e schierare le truppe del PD in un territorio che da trent’anni vede il centrodestra amministrare senza soluzione di continuità. Temo che la attenda un lavoro complicato. Lei sta per entrare in un campo minato.
Non possiamo negare che da oltre 30 anni perdiamo in Lombardia e che oggi il Partito Democratico vince nei capoluogo e nelle città mentre non convince nelle aree interne e nella Lombardia profonda.
Dobbiamo riconnetterci con le tante cittadine e cittadini che non vedono più il Pd come risposta ai loro sogni e ai loro bisogni e che vivono una rassegnazione strisciante rispetto ai tanti diritti che vengono loro negati, in primis il ricatto del “o paghi o aspetti” in sanità.
L’obiettivo è quello di costruire nel modo più inclusivo possibile un Partito democratico forte e incisivo per la Lombardia del futuro, che possa contribuire a cambiare in meglio la vita delle persone e il volto dei territori.
• Su queste pagine lo scorso gennaio intervistai l’esponente leghista Stefano Bruno Galli che mi spiegò cosa spingeva il suo schieramento a battersi per la cosiddetta “autonomia differenziata”. https://www.glistatigenerali.com/partiti-politici/stefano-bruno-galli-intervista-cultura-federalismo-autonomia/
Vorrei che lei mi esponesse i motivi della vostra contrarietà, sia in un’ottica nazionale sia come donna che vive e fa politica in Lombardia.
La mia contrarietà non è all’autonomia differenziata (ricordiamoci che le grandi riforme in questo senso nascono proprio dal centro sinistra). La mia contrarietà (e di tutto il Pd) è al disegno di legge Calderoli: un provvedimento che divide l’Italia e non restituisce protagonismo ai territori.
Vogliamo un’autonomia differenziata che parta dalla definizione di Lea e Lep e restituisca protagonismo non solo alle regioni ma a tutti gli enti locali. Tutto il contrario della riforma della destra.
(ndr: LEA = livelli essenziali di assistenza – LEP = livelli essenziali di prestazione).
• Il Partito Democratico ha lanciato una raccolta firme a sostegno del salario minimo garantito per i lavoratori e lo ha fatto al termine di un confronto governo-opposizioni che non ha sortito alcun risultato concreto e immediato. Una reazione al trappolone che vi ha teso Giorgia Meloni convocandovi con ampio risalto mediatico per poi rispedirvi a casa a mani vuote?
Il trappolone purtroppo l’hanno teso agli oltre 3 milioni di lavoratori poveri di questo Paese. L’Italia è l’unico Paese del G7 e tra i pochi paesi europei a non avere un salario minimo legale. La maggioranza delle italiane e degli italiani è favorevole a questa misura e ora questa destra prende tempo perchè non sa come uscire dall’angolo.
La nostra battaglia per un lavoro dignitoso continua in queste settimane con la raccolta firme nelle feste e nelle piazze; hanno già firmato in oltre 300.000.
• Esiste un “modello Milano” ed è utilizzabile anche in altre realtà?
Non mi piace parlare di modello Milano. Credo che in questi anni quello che abbiamo fatto è stato sperimentare un metodo: una politica aperta e che non ha paura di confrontarsi.
Un Pd che è perno e protagonista di coalizioni ampie. Alle ultime elezioni a Milano abbiamo raddoppiato le forze in coalizione eppure il Pd ha aumentato anche in termini assoluti i propri voti.
Radicamento sul territorio, mobilitazioni frequenti nelle piazze e nei luoghi dei conflitti e delle complessità, coinvolgimento di elettrici ed elettori delle primarie, confronto costante con gli stakeholders.
Tradizione e innovazione. Tutti elementi che possiamo portare, tenendo conto delle specificità territoriali, in tutta la Lombardia.
• Il 25 luglio 2022 il quotidiano Libero le dedicò un titolo irridente: “Silvia Roggiani, la regina del porta a porta: Pd disperato, chi è questa donna”. La sua attitudine a partecipare alla vita pubblica senza rinchiudersi nella classica torre d’avorio fu notata ancora prima che derisa. Ora, deputata al Parlamento, sente ancora la voglia di scendere in piazza o ritiene di potere essere più utile operando solo dallo scranno di Montecitorio e dalla scrivania del capo del PD Lombardia?
Mi ero persa questo titolo di Libero! La politica è portare fuori dai palazzi le battaglie e, nello stesso tempo, raccogliere istanze e farle diventare battaglie da vincere, cambiando le cose nelle istituzioni in una relazione biunivoca virtuosa.
La voglia di stare nelle piazze, di ascoltare e confrontarmi, nei circoli e con i rappresentanti dei sindacati e del mondo produttivo, non è mai venuta meno, anzi. Per me sarà importantissimo, con tutta la squadra, farla arrivando anche nei luoghi della Lombardia che sono stati trascurati in questi anni.
• Il prossimo anno voteremo per le elezioni europee. Il centrodestra vola nei sondaggi nonostante i ripetuti e continui imbarazzi creati da esponenti della coalizione. Qual è l’obiettivo minimo che vuole conseguire in Lombardia, al di sotto del quale non si può e non si deve andare?
Ai numeri preferisco concentrami sul percorso che abbiamo di fronte. Alle prossime elezioni europee si scontreranno due visioni del futuro. Al nazionalismo che ci isola e ci riporta nel passato noi contrapponiamo una visione saldamente ancorata ai valori dell’Europa, unico luogo in cui elaborare risposte vere ed efficaci ai temi e alle urgenze che dobbiamo affrontare, dall’economia alla sostenibilità, dalla lotta al cambiamento climatico, dall’immigrazione alla cura del territorio.
Qui in Lombardia a mio avviso la sfida più grande che dovremmo affrontare è quella dell’uso dei fondi europei del PNRR, che noi riteniamo fondamentali per lo sviluppo della Regione. La diversità tra noi e la destra su questo punto è abissale: mentre loro tagliano risorse e progetti, nel silenzio del presidente Fontana (stiamo perdendo oltre 700 milioni) noi crediamo che il PNRR rappresenti al momento lo strumento più utile per cambiare i nostri territori in meglio, realizzando un nuovo modello di sviluppo nel segno della crescita e della sostenibilità.
• Qual è il modello politico che maggiormente la mette in allarme, quello “padano” di Salvini oppure quello conservatore di Fratelli d’Italia che lascia intravedere una certa “matrice”?
Sono due visioni non sempre sovrapponibili tra loro ma entrambe portatrici di idee di chiusura, di grande lontananza dall’Europa, da una crescita sostenibile dal punto di vista sociale e ambientale. Entrambe visioni che rischiano di fare arretrare il nostro Paese sul campo dei diritti civili e sociali.
• Quando la intervistai nel 2019 le chiesi di formulare tre suggerimenti al sindaco Sala. Lei mi disse: 1) Piano Quartieri, vorrei che fosse davvero un punto di svolta, non un insieme di misure spot ma un intervento di sostanza. 2) nessun paura nel fare scelte coraggiose nel campo della mobilità, è stato fatto tutto bene sinora ma si può andare ancora oltre. 3) riqualificare le case popolari. Sono passati quattro anni, come sono andate le cose?
Proprio su questi temi ci sono stati passi avanti significativi. Il Piano quartieri è diventato il punto di partenza, con gli obiettivi raggiunti, della campagna del 2021 evolvendosi nella visione di “città a 15 minuti”.
Sulla mobilità sono continuate progettualità coraggiose, nonostante le scelte di regione Lombardia che dal primo settembre di nuovo aumenta le tariffe di Trenord e taglia fondi al trasporto pubblico locale. Milano ha mantenuto fermo il costo degli abbonamenti, a differenza di Regione Lombardia, aumentando il servizio e aprendo una nuova linea metropolitana.
Anche sulle case popolari la differenza tra MM e Aler è abissale e ad oggi, mentre noi proponiamo una strategia per il diritto all’abitare in città metropolitana, il silenzio di Regione, che abbandona interi quartieri, è vergognoso.
• Cosa manca al Partito Democratico per tornare a essere la forza progressista che guida il Paese? Una classe dirigente di qualità oppure un programma coraggioso e attuabile?
Io credo che il Partito Democratico abbia già una classe dirigente diffusa di grande qualità, penso ad esempio ai nostri amministratori locali. In Lombardia serve riuscire a scalfire quella rassegnazione diffusa e tornare in quei territori lasciati soli per troppo tempo, con ascolto attivo e proposte concrete, che parlino alla vita delle persone.
Insieme, a partire da questo congresso, possiamo ricostruire un pensiero forte e ridare valore agli iscritti e ai votanti delle primarie, rinvigorendo circoli e federazioni in un’alleanza forte con i nostri amministratori e le nostre amministratrici.
• Il PD milanese sulla vicenda stadio di san Siro si è diviso. Milan e Inter sembrano avviate alla costruzione di un impianto di proprietà. Non teme che il nostro amatissimo Meazza posa diventare nel tempo una cattedrale nel deserto?
Dopo la decisione della Soprintendenza di apporre il vincolo allo Stadio di San Siro, decisione più volte invocata da esponenti nazionali di questo governo, stiamo assistendo agli ennesimi attacchi da parte delle forze dell’opposizione in Comune, con una totale mancanza di proposte serie e nel silenzio siderale di Regione e Governo.
Come Partito Democratico, dopo la presa di posizione in Consiglio con un ordine del giorno votato più di un anno fa, continueremo a batterci per dare un futuro all’area di San Siro nell’interesse del quartiere e della città, proseguendo nell’interlocuzione con le squadre e con tutti i livelli istituzionali necessari ad affrontare questa difficile partita amministrativa che con l’apposizione del vincolo diventa ancora più complicata.