Incontriamo Alessandro Lupino in occasione del terzo round del Campionato Italiano di Motocross che si è disputato domenica scorsa sul circuito Miravalle di Montevarchi. La gara, organizzata dal MotoClub Brilli Peri e dal promoter FX Action, ha visto trionfare proprio Alessandro Lupino che si è aggiudicato gara 1 e gara 2 della MX1 e la manche SuperCampione.
Per gli amanti del motocross è superfluo presentare Alessandro. Per i nostri lettori che non conoscono questo magnifico sport, diciamo solo che è uno dei migliori piloti italiani, protagonista da anni del massimo Campionato Mondiale MXGP della specialità. Il suo curriculum agonistico è facilmente consultabile sulla sua pagina Facebook.
Complimenti Alessandro, oggi tre gare disputate e tre vittorie. Triplete. Non sarai mica interista?
Per dire la verità interista lo ero veramente! Quando ero piccolo ero calciatore anch’io. Mio papà era interista e quando giocava l’Inter a casa mia esisteva la tradizione di invitare gli amici e fare festa. Di conseguenza in gioventù anch’io tifavo Inter. Poi nel tempo la passione per il calcio mi è un pò andata via, ed al suo posto è giunta la passione per la moto. Sono sincero, ora veramente non tifo per nessuna squadra di calcio in particolare.
Sei molto diplomatico, ma ormai hai fatto sanguinare il mio cuore rossonero…. torniamo al motocross!
Ma no, ti ho detto la verità, non tifo più l’Inter…
Chi è Alessandro Lupino? Dimentica il pilota, parlami e presentami l’uomo. Del personaggio sportivo parleremo più tardi.
Sono nato a Viterbo nel 1991, sono alto un metro e settantotto e peso settantasei chili. Sono cresciuto a Viterbo e lì sono andato a scuola. Mi sono iscritto alle scuole superiori all’Istituto Tecnico per Geometri, ma dopo due anni ho lasciato la scuola per seguire la mia nascente carriera agonistica. Dopo altri due anni ho ricominciato il mio percorso scolastico privatamente e mi sono diplomato in ragioneria. Fino a quindici anni ho sempre vissuto a Viterbo, poi sono iniziati i trasferimenti. Ho vissuto per due anni in Belgio e poi sempre in giro, senza tornare a vivere stabilmente nella mia città natale.
Oggi sono un uomo adulto, sono felicemente sposato, vesto la divisa della Polizia di Stato e gareggio come pilota professionista nei campionati mondiali ed italiano di motocross.
Mentalmente, fisicamente, ero ancora un bambino; non ero all’altezza per affrontare una carriera da vivere in modo professionale.
Alessandro, facciamo un viaggetto insieme con la macchina del tempo. Torniamo al 2006: un ragazzo di quattordici anni vince il titolo italiano, europeo e mondiale nella classe 85. Cosa ha provato quell’adolescente nel trovarsi sotto i riflettori, al centro delle attenzioni dei “grandi”?
E’ stata un’esperienza che definirei a doppio passo. La tua domanda coglie perfettamente la situazione che ho vissuto, ero un ragazzino tra i grandi. Avere vinto un mondiale a quattordici anni ti fa sentire grande, ma fondamentalmente tu sei piccolo. In quel momento ho fatto un errore. Mi sentivo grande, mi sentivo forte perché avevo fatto qualcosa che nessuno era riuscito a fare sino ad allora a soli quattordici anni, e questo mi ha portato automaticamente a prendere delle decisioni da grande, da adulto. Ma io adulto non lo ero. Queste decisioni mi hanno un po’ penalizzato. Mentalmente, fisicamente ero ancora un bambino; non ero all’altezza per affrontare una carriera da vivere in modo professionale. Avevo ancora bisogno di divertirmi, avrei dovuto rimanere ancora un pochino in una dimensione più aderente al mio sviluppo fisico e psichico del momento. Ripensandoci adesso, a diversi anni da quel 2006, posso dire che vincere quei titoli è stata una bella esperienza, un’esperienza connotata dal profumo del divertimento. Oggi è tutto diverso, le sensazioni che si provano dopo una vittoria non sono paragonabili a quelle provate nel 2006.
I tuoi genitori erano d’accordo sul farti imboccare la via dell’agonismo professionistico?
Il tris vincente del 2006 è arrivato inaspettato anche per loro e ne erano entusiasti. Io ed i miei abbiamo sempre approcciato il motocross esclusivamente come divertimento e quando abbiamo dovuto prendere una decisione sul mio futuro siamo stati presi un po’ alla sprovvista. Ricordo perfettamente che per me vivere quei momenti di grande gioia, divertimento ed entusiasmo è stata una cosa magnifica, anche perché li ho vissuti con la mia famiglia. Un’esperienza indimenticabile.
Ora che sei un novello sposo, è cambiato qualcosa nel tuo approccio alla gara? Dimmi la verità, Federica ti dice sempre “avanti tutta, vai a mille” oppure inizi a sentirti dire “stai attento, vedi di non farti male, vai pianino”?
Riguardo al mio approccio alla gara direi che non è cambiato niente. Posso dirti che è il nostro rapporto che si è rafforzato tantissimo, si è creato ancora di più un senso di famiglia che per me è molto importante. Riguardo le competizioni è cambiato lo sguardo che ci scambiamo io e Federica prima di varcare il cancello del pre-parco. Lei mi guarda con uno sguardo diverso. Prima lei parlava di più e mi diceva tante cose. Adesso con una sola occhiata mi trasmette quello che ha dentro. Non c’è bisogno di parole, io la guardo negli occhi e so cosa le passa per la mente. Prima del matrimonio non mi ha mai detto “Ale va forte” e così ora non mi dice nemmeno “va piano”! Se mi deve dire qualcosa per alleggerire la tensione usa le stesse battute scaramantiche che utilizzava prima del matrimonio.
Ma ripeto, oggi più che mai, ci basta uno sguardo per capirci.
Chi dei due è il Team Manager della famiglia Lupino-Babbini? E chi dei due cucina meglio?
Mamma mia che domanda difficile…devo dire la verità? Non posso dire bugie perché poi a casa devo combatterci io con Federica e se dico una bugia sono rovinato! Come nella maggior parte delle coppie, è la donna che è il capo di famiglia. Io sono fiero di questo perché ho sposato una donna stupenda, con lei c’è un magnifico feeling ed io mi trovo benissimo da questo punto di vista.
Adesso lei è un po’ arrabbiata con me perché fino all’anno scorso ero io il re della cucina, e adesso è un anno che non tocco i fornelli. Quando ci siamo messi insieme lei non sapeva cucinare e lo facevo sempre io, ora si è ribaltato tutto. Io sono diventato un pochino pigro e lei è diventata bravissima.
Guardiamo ancora un momento al passato. Il tuo esordio tra i pro è iniziato con l’ingresso in un team che schierava anche un giovane talento siciliano ed un certo Matteo. Mi pare che, a distanza di anni, tra di voi sia rimasto vivo un ottimo rapporto personale. Mi sbaglio?
Non ti sbagli. Loro due (Antonio Cairoli e Matteo Bonini ndr) sono coetanei, io invece sono più piccolo, più giovane di loro di sei anni. Quando sono entrato nel loro team io ero piccolino, avevo 15 anni. Loro mi hanno accolto subito molto bene e non mi hanno mai fatto pesare il fatto che io fossi indubbiamente meno maturo di loro. All’inizio eravamo solo compagni di squadra, lavoravamo e ci allenavamo insieme. L’amicizia vera è nata quando tutti e tre ci siamo separati in squadre diverse e ciascuno di noi ha percorso da solo la propria strada sportiva. In quel momento si è consolidata una relazione molto stretta tra di noi, loro sono nell’ambito del motocross i mie più veri amici ed anche in generale al di fuori del mondo delle gare sono tra le persone più importanti per me.
Siamo talmente legati che ognuno di noi ha fatto da testimone al matrimonio degli altri; ora io e Matteo faremo da testimoni ad Antonio che si sposerà il prossimo 14 ottobre. Quando ci troviamo non parliamo quasi mai di moto, anzi direi che non ne parliamo proprio in assoluto.
Caratterialmente vi somigliate?
No no, siamo tutti e tre diversi. Non dico che siamo proprio agli opposti, ma abbiamo caratteri profondamente diversi.
Il motocross ha una base di praticanti molto ampia, è uno sport decisamente spettacolare, ha sponsor di buona levatura internazionale che danno ossigeno al circus, ma in Italia rimane un’attività “Cenerentola”, mediaticamente parlando. In televisione è regalato in palinsesti di secondo piano, sulle testate generaliste sportive trovare un approfondimento, un lancio o una cronaca è quasi un miraggio. Cosa manca a questa disciplina per mettersi maggiormente in evidenza?
Bella domanda, è un mistero. Un doppio mistero se pensiamo che in Italia in attività noi abbiamo un otto volte campione del mondo (Antonio Cairoli ndr). E questo in qualsiasi disciplina rappresenterebbe un punto di attrazione mediatica fortissimo. In Italia non prende piede, mentre in tutte le altre nazioni è uno sport molto seguito, sia dal vivo sia in televisione. Forse viene venduto in malo modo, non viene venduto nel modo giusto attraverso i canali giusti. E’ uno sport spettacolare, divertente, ci sono sponsor enormi, ma non va. Un vero mistero. Tutti noi piloti italiani ogni anno, ogni mese, dopo ogni gara ci chiediamo “ma perché questa disciplina non riesce a fare un passo in più?” E nessuno di noi sa darsi una risposta.
Nell’anno in cui era passato su Italia2 gli indici si erano alzati moltissimo, ci riconoscevano anche andando in giro, ci fermavano nei ristoranti per una foto o un autografo. Adesso si è sgonfiato tutto di nuovo e non prende piede. E’ triste ma è così.
Il tuo genere letterario e musicale preferito.
Io ascolto due generi musicali differenti tra di loro. A me piace starmene tranquillo a casa ed in quei momenti ascolto la musica pop, la trovo molto rilassante. Mi trasformo invece nei giorni di allenamento e di gara ed in questi momenti ascolto musica techno, una musica che mi carica molto.
Per quanto riguarda i miei gusti letterari non ho una preferenza netta. Non leggo molto, non ho davvero molto tempo libero per farlo. Ecco, leggo volentieri libri che parlano di sport, questo mia moglie lo sa, ed infatti me li regala lei. Li trovo molto interessanti, in particolare le biografie dei grandi atleti. Leggere cosa pensano, come affrontano gli allenamenti, lo stress, il successo e l’insuccesso può aiutare molto.
Noi piloti sappiamo perfettamente che il motocross è uno sport pericoloso
In ogni gara, in ogni allenamento, l’infortunio (più o meno serio) è sempre dietro l’angolo. Rispetto ad altri sport la frequenza degli incidenti è molto alta. Rischio calcolato o incoscienza?
E’ un rischio calcolato. Noi piloti sappiamo perfettamente che il motocross è uno sport pericoloso e sappiamo che il rischio è alto in ogni gara ed in ogni allenamento. Lo mettiamo in preventivo, ma quando entriamo in pista accantoniamo questo pensiero e ci concentriamo sul nostro lavoro. Mettiamo in preventivo il fatto che ci possa fare più o meno del male e quando capita stringiamo i denti ed andiamo comunque avanti; perché sappiamo che tutti gli acciacchi, tutte le botte…prima o poi passano.
Dopo un crash importante cosa ci si dice tra sè e sè per convincersi a risalire in sella?
Si possono verificare cadute molto brutte nella nostra carriera, sono successe anche a me nelle stagioni precedenti. Non è facile risalire in moto, più che altro non è facile rifare proprio il tratto di pista in cui sei caduto. Noi piloti, quando capita, ci facciamo aiutare da psicologi sportivi che ti danno una mano a guarire dal tuo trauma psicologico. Questa secondo me è la via migliore da prendere per riaffrontare la pista con una certa sicurezza e serenità. In ogni caso il tuo inconscio non dimenticherà mai quel momento, bisogna imparare a convivere con questo ricordo traumatico ed andare avanti.
Il tuo nickname “il Lupo” deriva dal tuo cognome. Rispecchia in qualche modo anche il tuo carattere o ne avresti preferito uno diverso ?
Caratterialmente io sono forte, il nickname il Lupo mi sembra proprio indicato. A pensarci bene non riesco ad immaginarne uno diverso. Questo soprannome mi veste bene, mi ci trovo a mio agio. Non sono di certo il lupo cattivo, non lo sono per nulla cattivo. E poi il mio motto è: il lupo perde il pelo ma non il vizio !!
Il tuo numero preferito. 300!
Ti piace il motocross indoor? A me sembra più uno spettacolo che uno sport, ma io sono antico e non faccio testo. Tu cosa ne pensi, sport o entertainment?
Per me non è uno sport. Però la mia è una visione tipicamente europea. Per gli americani invece è l’attività principale. Secondo me lo sport, soprattutto il motocross, va fatto in piste naturali. L’indoor cross è più che altro uno show che funziona molto oltre oceano, dove attira gente di tutti i tipi, non solo gli appassionati di cross. Io sono stato in USA nel 2007 a vedere delle gare ed ho notato che l’entusiasmo si scatena in particolare quando il pubblico vede una caduta. Molto meno quando invece si vede un bel sorpasso. E questo per me non è bello e sportivo.
Dovremmo virare e riconsiderare piste naturali e stupende come Matterley Basin in Inghilterra (la pista più bella del mondiale) o Glen Helen negli States.
Nelle piste moderne si vedono sempre meno lunghi rettilinei, belle ed ampie curve veloci, salite e discese. Invece si allungano e si innalzano i salti e si moltiplicano i tripli alla ricerca del gesto tecnico spettacolare ed eclatante. Non stiamo andando un pochino troppo oltre la giusta misura?
Si hai ragione. Negli ultimi anni è un po’ cambiata la tipologia delle piste del mondiale. Un tempo erano circuiti veloci, con salti naturali ed avevano un loro fascino molto particolare. Adesso i salti sono tutti artificiali e gli organizzatori cercano di fare più show possibile con i tripli e con salti sempre più alti. Da fuori la gara sembra più spettacolare, ma per noi piloti è decisamente meno divertente, il rischio aumenta ed i sorpassi sono più difficili. Per noi le gare si stanno complicando, ma chi organizza gli eventi è sempre più orientato verso questa nuova impostazione dei circuiti, forse per richiamare più pubblico. A mio parere questa non è la direzione giusta. Dovremmo virare e riconsiderare piste naturali e stupende come Matterley Basin in Inghilterra (la pista più bella del mondiale) o Glen Helen negli States.
Nel tempo libero, moto o macchina?
Macchina, perché in moto ci sto già troppo. Mi piacciono le macchine sportive e ti dirò che mi piacerebbe molto provare un rally. La macchina lussuosa non fa per me.
Se ti trovassi davanti ad un giovane adolescente di belle speranze, dotato di ottima tecnica come eri tu nel 2006, gli consiglieresti di provarci e di passare tra i professionisti oppure gli diresti “ragazzo divertiti ma continua a studiare e poi trovati un buon lavoro”?
Io non rimpiango il mio passato e sono felice della scelta che ho fatto. Perciò gli direi “provaci”. A condizione però di essere preparato a dare sempre il 100%, a costo di non sprecare mai nemmeno una mezza giornata. Ogni singola ora persa non torna più e nella preparazione non si deve regalare nulla, nemmeno una mezza giornata. Se si vogliono raggiungere obiettivi importanti bisogna metterci anima e corpo, e bisogna lavorare tutti i giorni. Se lavori, ottieni. Gli direi quindi di continuare, di cercare di raggiungere i suoi obiettivi.
Se non avessi fatto il pilota di motocross avresti fatto il…?
Da piccolo dicevo sempre di voler fare il veterinario. Credo proprio che se non fossi salito in moto avrei iniziato a studiare per fare il veterinario. Una professione che mi è sempre piaciuta. Si, ne sono quasi certo, sarei diventato un veterinario.
La migliore dote di Alessandro pilota e la sua più grande lacuna.
La mia dote migliore è la scorrevolezza, sulle sponde mi muovo molto bene e questo caratterizza molto il mio stile di guida. Il difetto, noto a tutti, sta nelle partenze. E questo è un problema perché la partenza oggigiorno vale l’80% della gara. Ci sto lavorando molto, quest’anno sono migliorato ma questi miglioramenti non bastano e ci sto costantemente lavorando su. Deve scattare qualcosa a livello di testa, la partenza veloce deve avvenire in modo più naturale. La tecnica al nostro livello la conosciamo bene, più o meno tutti. Un po’ di aiuto arriva dall’elettronica, ma è la testa che fa la differenza.
Ristorante 4 stelle Michelin o fast food ? Sicuramente fast food.
E Federica?
Anche lei fast food.
In una prestazione di alto livello quanto incide oggi il pilota e quanto il mezzo tecnico?
A livello di campionato mondiale, negli ultimi anni, siamo arrivati ad un’incidenza quasi identica. Il 50% del risultato lo porta la moto ed il 50% lo deve portare il pilota. In passato il pilota era molto più determinante in gara, oggi la moto con tutta l’elettronica che ha a bordo, è diventata importantissima. Per me era meglio prima, perchè oggi non tutti i team hanno a disposizione moto che, più o meno, si equivalgono. I team ufficiali sviluppano un’elettronica di alto livello, i team privati hanno soluzioni meno performanti e già questo crea una frattura netta tra i potenziali concorrenti al titolo. Le diverse moto creano un divario che spesso nemmeno il miglior pilota può compensare.
Se un appassionato di motocross vuole incontrare un pilota di livello mondiale sempre disponibile e sempre sorridente, punta deciso verso il tuo hospitality. Fa parte del gioco, e quindi un pochino ti imposti in modalità simpatico, o sei davvero sempre così solare?
No, no non mi imposto per niente. Io sono sempre così. Sono fatto così. Sono un ragazzo solare anche nella vita quotidiana, lontano dal mio lavoro. Non sono un musone, certo capitano anche a me giornate un po’ così così; mi dicono che in quei giorni ho “il labbrino”. Ma anche in questi momenti cerco di tenere la mia negatività per me e di comportarmi in modo positivo e sorridente con amici e colleghi.
Rognoso no, ma tosto si; David, il Guerriero è uno davvero bello tosto.
Non ci sta leggendo nessuno, vai tranquillo, puoi dirmi sottovoce chi è il pilota più rognoso da affrontare testa a testa in una gara, nel mondiale o magari nell’italiano.
Rognoso no, ma tosto si; David, il Guerriero è uno davvero bello tosto. Se lo passi hai sempre la certezza che alla curva dopo te lo ritrovi li alla ruota che riprova subito a passarti. Nel mondiale invece ci sono due-tre tipetti ai quali abbassano la cresta anche gli altri piloti. Sono un po’ troppo aggressivi, uno è lo spagnolo Butron; sono così di carattere. Tu li passi e loro rientrano cattivi. Bisogna sempre stare all’erta con loro.
Cosa ne pensi del livello del motocross italiano giovanile? Si vede all’orizzonte qualche talentino che potrà farci divertire, o saremo condannati in futuro a sospirare malinconicamente ripensando a TC222, Dp19 ed al Lupo?
Ci sono dei giovani che stanno crescendo molto bene, nella categoria 85 ci sono alcuni ragazzini davvero forti che corrono l’Europeo. Ci sono buoni agonisti anche in classe 125 mentre nella 250 siamo un pelino più indietro. Io vedo bene Morgan Lesiardo (questa dichiarazione di Alessandro precede il passaggio di Morgan al mondiale con Kawasaki – ndr), vedo bene anche Gianluca Facchetti e poi molti altri giovani e bravi piloti che avranno modo di mettersi in evidenza in un futuro prossimo.
Sapranno diventare i nuovi Cairoli, Philippaerts, Lupino?
Perché no, niente è impossibile o particolarmente difficile. Basta volerlo, possono farcela. L’importante è che al primo risultato importante non si montino la testa. Tenere la testa bassa e lavorare. Piedi per terra. Oggigiorno il problema di molti giovani atleti (in ogni sport) è che al primo traguardo raggiunto si sentono pari ai propri idoli, ai grandi campioni. Invece non è così, una rondine non fa primavera. Testa bassa e continuare a lavorare.
Il bicchiere della tua vita è mezzo pieno o mezzo vuoto?
Mezzo pieno, sono ottimista, vedo sempre le cose in modo positivo. A volte questo fa arrabbiare mia moglie. Ad esempio quando affrontiamo viaggi lunghi e lei mi chiede “quanto manca all’arrivo?”, io rispondo rubando sempre dei chilometri, per farla stare meglio, facendole credere di essere ormai prossimi all’arrivo. Io lo faccio in buona fede e lei si arrabbia da pazzi!
Nel mondo del motocross i soldi girano in modo un po’ disorganico. Se sei al top guadagni bene, se non sei un top rider fatichi a coprirti i costi.
Si hai ragione. Guadagnano molto i primi e meno quelli che si piazzano dietro. Tutto dipende forse dal fatto che il motocross non è molto visto e non è ben pubblicizzato in giro. I primi guadagnano bene e gli altri no. E questo non è del tutto corretto, per lo sport che è, per i rischi che tutti noi ci prendiamo, questa differenza così marcata non è giusta. Rischiamo tutti allo stesso modo, dal primo arrivato all’ultimo al traguardo. Inoltre questo fenomeno sta anche peggiorando negli ultimi anni, qualcosa che non quadra c’è di sicuro.
Tu hai corso in diversi team , italiani e stranieri. Quali sono le differenze salienti tra una squadra ed un’altra? Ci si trasferisce solo seguendo logiche di compenso economico o ci sono altri motivi?
Il fattore economico incide molto sulle decisioni del pilota, però ci sono anche altri aspetti che vengono presi in considerazione. Non è giusto dire che più o meno i team sono strutturati tutti alla stessa maniera, non è così. Alla base della scelta ci sono anche motivazioni tecniche. Io ad esempio sento molto la differenza di guida tra una moto ed un’altra, alcune mi piacciono molto, altre mi fanno fare davvero fatica. Io scelgo prendendo in considerazione sia il giusto compenso sia la potenzialità della moto e del team. I migliori team in cui sono stato sono quelli italiani. Il feeling che si crea all’interno di una squadra italiana non si prova nei team stranieri. Da fuori sembra che tutte le squadre siano uguali, ma non è così.
Tra dieci anni ti telefonerò e ti chiederò “Alessandro ciao, cosa fai di bello adesso che non corri più?” Cosa mi dirai?
Ti dirò: “Claudio sono di pattuglia in autostrada, sto facendo un sacco di multe alle moto che vanno troppo veloci! “ Con la Polizia io mi trovo benissimo, ma adesso dirti cosa farò tra dieci anni non è possibile. Sicuramente sarò ottimista e sarò contento della mia carriera sportiva.
Ti immagini sempre inserito in qualche modo nel mondo del motocross?
Non è detto, io mi immagino anche al di fuori del mondo delle gare. Non credo che un ex pilota sia costretto a rimanere sempre e comunque a vita nello stesso ambiente. Credo che si possano fare anche esperienze importanti in altri ambiti lavorativi, vedremo…
Grazie Alessandro per la simpatia e la disponibilità. Ci vediamo in pista!